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Dall’incontro di Madrid ad uno "spazio europeo di educazione superiore" entro il 2010″ “
Realizzare uno “spazio europeo di educazione superiore” entro il 2010: questo l’obiettivo ambizioso delle università europee, per dare seguito concreto alle precedenti dichiarazioni di Parigi (1998), Bologna (1999) e Praga (2001). A parlarne è stato Rafael Puyol Antolin , rettore dell’Università Complutense di Madrid, aprendo l’incontro del Comitato europeo dei cappellani universitari, svoltosi nella capitale spagnola nei giorni scorsi per iniziativa del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa). All’incontro hanno partecipato anche i delegati di pastorale universitaria, per una rappresentanza complessiva di 20 Paesi. Al centro dell’iniziativa, la preparazione del Simposio che si terrà a Roma, dal 24 al 27 luglio 2003, sul tema “Università e Chiesa in Europa”, e che sarà preceduto dal Forum delle università più antiche d’Europa (Roma, 8-10 dicembre) e dalla Giornata europea di preghiera degli universitari, che si svolgerà il 15 marzo del 2003 sul tema della “carità intellettuale”. In Europa, le diocesi con sede universitaria sono 500. Di seguito, alcuni “pensieri e testimonianze” da Madrid (cfr. anche precedenti servizi su Sir Europa nn. 30 e 34/2002, Sir n. 69/2002).
“Mobilità” e formazione permanente. Quello attuale, per Antolin, è un sistema universitario “planetario, permanente, immateriale e immediato”, oltre che caratterizzato da una “sempre crescente mobilità” della popolazione studentesca, grazie ai progetti comunitari come “Erasmus”, “Socrates”, “Leonardo da Vinci”, che solo quest’anno coinvolgono in Europa un milione di studenti, in 1.800 centri universitari di 30 Paesi. Per i 12 milioni di studenti europei, ha sottolineato Miguel Gassiot Matas, presidente della Fuce (Federazione delle università cattoliche d’Europa), la parola d’ordine è allora “formazione permanente”, che oggi “deve concretizzarsi in un’offerta formativa ‘personalizzata’, se vuole rispondere alla crescente frammentazione e specializzazione dei saperi, ma anche alla complessità delle sfide globali che necessitano di una comune visione dell’uomo universalmente condivisa”. Di una popolazione studentesca “spesso indifferente, impermeabile o neutrale” sui valori ha parlato il card. Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, soffermandosi sulla “forza” del pensiero e della testimonianza cristiana come “antidoto necessario” per contrastare la secolarizzazione.
Dall’Est all’Ovest. Il tema di un “sentire comune” è tornato a più riprese nell’incontro di Madrid, nonostante le situazioni molto diverse tra Est ed Ovest. Secondo Peter Varnai, cappellano dell’Università Cattolica di Budapest e delegato nazionale per la pastorale universitaria, “le differenze tra l’Europa orientale e quella occidentale stanno diminuendo, non soltanto nel campo dell’economia ma anche nello stile di vita”: il compito di chi opera nell’università, quindi, è soprattutto quello di mostrare che “i bisogni umani più profondi non possono essere soddisfatti solo dal consumismo o dai valori di questo mondo”. Per Czeslax Rychlicki, cappellano di Torun e delegato nazionale della pastorale universitaria in Polonia, la “forza” della Chiesa polacca, negli anni del comunismo, “è stata la scelta di rimanere sempre dalla parte del popolo e porre così le basi di quella nuova ‘fioritura’ nella fede che caratterizza gli anni del dopo-Muro”. Combattere “contro una concezione della vita fondata sul primato del denaro e del successo a tutti i costi”: questa, per Adrian Boboruta, responsabile della pastorale universitaria di Bucarest e docente di filosofia nell’unica Facoltà teologica della città (presso l’Università statale), una delle sfide da raccogliere anche per i Paesi ex-comunisti, dopo l'”ubriacatura” seguita al crollo del Muro. Anche in un’università “libera, dotata di notevoli risorse economiche”, come quella di Gand, “la Chiesa, come minoranza, è chiamata a riflettere sulla sua identità per tornare alle radici della fede e cercare di reagire alla neutralità e all’indifferenza sui valori”: ne è convinto Dieter Van Belle, delegato nazionale della pastorale universitaria della diocesi belga. Molto simile la situazione della Svezia, dove all’Università di Uppsala racconta Philip Geister, delegato nazionale per la pastorale universitaria “un piccolo gruppo, ma molto impegnato” di studenti cattolici cerca di coinvolgere i propri coetanei aiutandoli a “superare la separazione tra la fede, come scelta individuale, e le responsabilità sociali”. In un Paese, come l’Irlanda, “cambiato molto rapidamente negli ultimi cinque anni”, soprattutto per l’afflusso di 500 mila rifugiati, la sfida da raccogliere per l’università è “come rispettare le differenze”, soprattutto sul piano del dialogo interreligoso: “I cattolici raccontano John Mc Nervey e David Brough, cappellani dell’Università di Dublino devono coniugare verità e amore, per un’opera di nuova evangelizzazione fatta non di clericalismo ma di testimonianza concreta accanto ai giovani”.
Un crocifisso… che “parla”. Un crocifisso di legno “che parla” anche a shintoisti, buddisti, musulmani, non credenti… E’ il “biglietto da visita” della Casa per studenti universitari “Edith Stein”, che a Vienna raccoglie un centinaio di giovani; venti di loro, racconta Monika Stadlbauer, “hanno scelto di vivere in comune” e costituiscono una sorta di “comunità nella comunità”, scandita dai momenti della preghiera, della “lectio divina”, del silenzio, ma anche di incontro, confronto e bilancio sulle attività quotidiane. La cappella della casa di Vienna è stata intitolata ad Edith Stein nel ’94, quando ancora l’attuale patrona d’Europa era soltanto beata (con un permesso speciale) e l’evento “è stato una piccola rivoluzione per la città”, ricorda Monika. “In dialogo con la città”, per “ridire la fede” ai giovani di oggi partendo “dall’attualità della dottrina sociale della Chiesa”, in un contesto universitario, quale quello viennese, dove perfino la facoltà di teologia (all’interno dell’Università statale) rischia di “essere frequentata da cattolici solo di nome”: questo, sintetizza Monika, il denominatore comune delle attività che ruotano intorno alla casa di cui è responsabile, che definisce “parte integrante della pastorale universitaria”, anche in vista della “missione cittadina” che quest’anno partirà in contemporanea a Vienna, Bruxelles, Lisbona e Parigi. Esercizi spirituali, pellegrinaggi, gruppi biblici, ma anche “match” sportivi e consulenza psicologica: sono alcune iniziative che caratterizzano la cappellania di Zagabria, di cui è responsabile Dragan Skarica, che abita a pochi passi dalla casa che ospita 10 mila studenti universitari, l’87% dei quali cattolici. “Essere sempre a disposizione dei giovani”: per Josyf Ivan Mylian, responsabile della pastorale universitaria a Veroina (Ucraina), è questo il “segreto” delle cappellanie universitarie, per le quali è in preparazione un vero e proprio “vademecum” per aiutare a “collegarle e potenziarne lo sviluppo”.
Per una “testimonianza parlante”. “I giovani di oggi cercano una testimonianza parlante…con la vita”. Spiega così padre Michael Roussos, delegato nazionale della pastorale universitaria di Atene e Salonicco, la “filosofia” della Casa internazionale per studenti della diocesi di Atene, di cui è direttore, e che attualmente ospita circa 50 universitari di 15 nazionalità diverse, un terzo dei quali provenienti dai Paesi del Terzo Mondo. Cattolici, ortodossi, musulmani, protestanti, non credenti: “A tutti non abbiamo paura di dire chi siamo ma senza rivendicazioni, aiutando ogni uomo di buona volontà in ricerca e con grande rispetto dell’identità di ognuno”. L’opzione per i poveri, racconta padre Michael, caratterizza le iniziative del centro guidato dai gesuiti: nonostante l’assenza di sovvenzioni statali, la casa di Atene ospita gratuitamente gli studenti del Terzo Mondo, fornendo loro non solo vitto e alloggio ma anche l’assistenza sanitaria e garantendo il rinnovo del permesso di soggiorno.
Maria Michela Nicolais
inviata SirEuropa a Madrid