Il lungo isolamento della Chiesa” “

” “"Il lungo isolamento dalla Chiesa di Roma e la scarsa collaborazione tra i diversi riti cattolici" hanno rallentato la ricezione del Concilio Vaticano II nella Chiesa turca, afferma il ” “presidente dei vescovi ” “” “


Sette circoscrizioni ecclesiastiche, 52 parrocchie, 6 sedi pastorali, sono solo alcuni dei numeri della chiesa cattolica turca che conta circa 32 mila cattolici, un’esigua minoranza (0,05%) rispetto alla maggioranza musulmana. La loro cura pastorale è affidata a 6 vescovi, 59 sacerdoti e circa 130 religiosi. Mons. Ruggero Franceschini , vescovo e vicario apostolico dell’Anatolia, è il presidente della Conferenza episcopale della Turchia. In occasione del 40° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) abbiamo chiesto a mons. Franceschini che frutti ha portato l’ultimo Concilio. La storia della Chiesa turca ricorda il Concilio di Efeso (431 dopo Cristo) che confutò l’eresia di Nestorio, proclamando Maria genitrice di Dio.

Come è stato accolto e recepito dalla Chiesa cattolica turca il Concilio Vaticano II?
“Con entusiasmo sia dai sacerdoti che dai religiosi. Anche perché l’Oriente si vedeva ben rappresentato da Agagianian, uno dei quattro cardinali che fungevano da moderatori. Tiepidamente, invece, dai laici che appresero la notizia dai sacerdoti. Diversi i motivi che avevano contribuito a questa tiepidezza nei confronti del Concilio: il lungo isolamento dalla Chiesa di Roma, la scarsa collaborazione tra i diversi riti cattolici e non ultimo il fatto che di dialogo e di ecumenismo nessuno, a quel tempo, parlava”.
Cosa è cambiato da allora?
“Le cose sono migliorate, anche perché si sono normalizzate le relazioni tra la Turchia e la Santa Sede ed è stato possibile procedere al rinnovamento del personale presente in Turchia da molto tempo. In questi ultimi anni si è proceduto, ad esempio, alla traduzione della Bibbia, dei vari messali, agiografie varie, dei catechismi aggiornati. Senza dimenticare l’ultimo evento di grande importanza, quello che stiamo ancora celebrando, e che chiuderemo con l’assemblea finale che si terrà a Istanbul dal 5 all’8 dicembre prossimo. Si tratta di un convegno ecclesiale iniziato da quattro anni, con un grande lavoro prima nelle diocesi e poi a livello nazionale e intitolato ‘Da una Chiesa di Presenza a una Chiesa di Testimonianza’. Interessa tutti i sette riti cattolici presenti in Turchia. Un lavoro che ha coinvolto non solo i vescovi, i religiosi e i sacerdoti ma in modo sorprendente, anche i laici”.
Che cosa è stato fatto e cosa resta da fare per completare l’attuazione del Concilio?
“Pur esistendo già da tempo delle Commissioni promosse dalla Conferenza episcopale turca, solamente durante questo ultimo periodo queste hanno acquistato risalto. In particolare le commissioni che si occupano di ecumenismo, dialogo islamo-cristiano, famiglia, gioventù, catechesi, stampa e informazione. Dall’analisi della situazione attuale della Chiesa in Turchia emerge ad esempio la perdita dei valori tradizionali etnici e religiosi e del senso del peccato, la mancanza di lavoro e la sete di guadagno che porta all’estero i componenti della famiglia che, di conseguenza, si disgrega, l’influenza negativa del materialismo, della secolarizzazione, dell’edonismo… A causa di un massiccio ‘esodo’, inoltre, il numero dei cattolici, soprattutto giovani, diminuisce sempre più e diventa difficile formare una nuova famiglia con lo stesso credo religioso. Si registra il moltiplicarsi dei matrimoni misti, che non garantiscono l’educazione cristiana dei figli ed esiste una profonda carenza del ‘senso di comunità’ e del desiderio di vivere insieme la propria fede, poiché la minoranza cristiana è tutta presa dal risolvere i propri problemi e dal progettare ‘fughe’ verso paesi cristiani”.
Come pensate di affrontare questi problemi?
“E’ urgente intraprendere una catechesi rinnovata e proposta ad ogni fascia di età ma soprattutto alla famiglia; un’iniziazione più attenta alla preghiera e alla liturgia. E’ urgente la ristrutturazione e il coordinamento di luoghi e modi della nostra assistenza e carità verso i più bisognosi, in collegamento con la Caritas diocesana e la Caritas Turchia. Un dialogo ecumenico più coraggioso e determinato, nel rispetto di ogni gruppo ma anche nella ricerca e attuazione di quanto già potremmo vivere insieme: la celebrazione della Pasqua e di altri momenti particolari. Un dialogo interculturale e interreligioso con l’Islam, più frequente e più libero”.

Ecumenismo e dialogo interreligioso, sono temi approfonditi dal Concilio…
“Il dialogo interreligioso è molto vivo, specialmente tra la gente semplice. Negli ambienti culturali soprattutto filo-governativi, normalmente molto politicizzati, diventa difficile sconfiggere la diffidenza creata nei confronti dei cristiani ritenuti, grossolanamente, dei ‘missionari’ propagandisti. Per quanto riguarda l’ecumenismo, sono molto buoni i rapporti umani e religiosi tra i cristiani. Frequentemente ci invitiamo a vicenda gli uni alle celebrazioni degli altri. A livello di Chiesa locale non esistono problemi teologici. Per quanto riguarda la figura del Papa, si preferisce parlare, più che di un primato di giurisdizione, di un primato di onore e di autorevolezza. In merito alla celebrazione di solennità o di sacramenti, localmente si vivono già intese comuni. Siamo certi che soltanto con le esperienze di vita con le Chiese sorelle si possano superare le divisioni”.