Impossibilità di avere dei seminari per la formazione di sacerdoti e ministri di culto, impossibilità di avere sacerdoti provenienti dall’estero, eccetto per i “latini” che non sono considerati cittadini turchi, sottomissione del clero ai comitati formati da laici: sono solo alcune delle limitazioni che subiscono le minoranze religiose in Turchia, tra cui anche la Chiesa cattolica. A riferirlo è lo stesso segretario generale e portavoce della Conferenza episcopale turca (Cet), mons. Georges Marovitch. Nel corso di questo ultimo anno sono stati diversi gli incontri tra i rappresentanti delle chiese cristiane e della comunità ebraica con le autorità di governo per cercare di “mettere fine ad ogni forma di discriminazione religiosa”.
La Chiesa rischia di perdere i suoi beni. “La Chiesa cattolica spiega mons. Marovitch è formata da diverse comunità: latina, caldea, maronita, melchita, armena, cattolica, siriana cattolica, bulgara cattolica e greca cattolica, tutte poste sotto l’autorità del Papa il quale ne nomina i vescovi. Sarebbe auspicabile prosegue che un vescovo neoeletto possa acquisire la cittadinanza turca e che allo stesso modo nuovi religiosi e sacerdoti possano essere formati nei seminari appositamente creati”. Ma le difficoltà per i cattolici turchi non si fermano qui. “La Chiesa cattolica riferisce mons. Marovitch possiede da secoli numerosi edifici, scuole, ospedali, case di riposo, gestiti da ordini religiosi che hanno offerto ed offrono il loro aiuto ai cittadini senza distinzione di razza, di religione e di lingua. Alcune di queste istituzioni hanno un riconoscimento giuridico, ad altre manca e per questo i loro beni sono passati alla direzione generale delle Fondazioni e del Tesoro. Proseguendo di questo passo la Chiesa cattolica rischia di perdere tutti i suoi beni immobiliari”. Per questo motivo la Cet sta da tempo chiedendo che “i beni espropriati possano essere di nuovo utilizzati dai loro antichi proprietari”. Ma finora le risposte del Governo non sono state incoraggianti. E ora si attende lo svolgimento delle elezioni parlamentari anticipate, il prossimo 3 novembre.
E’ vietato aprire seminari. In una lettera del marzo 2002, indirizzata allo stesso mons. Marovitch, la prefettura di Istanbul ha respinto la richiesta di apertura di seminari a causa, si legge nella missiva, “del ridotto numero di persone che frequentano le chiese latine cattoliche e del permesso di soggiorno accordato ai religiosi provenienti dall’estero. La sezione ‘Cultura delle religioni del mondo’ nell’ambito della Facoltà di teologia dell’Università di Istanbul permette di soddisfare il bisogno di personale religioso”. Allo stesso modo, in merito alla richiesta di costruire luoghi di culto, sia nei nuovi insediamenti che nei centri turistici, la risposta della prefettura di Istanbul afferma che “sono state date istruzioni ai dipartimenti di Antalya, Aydin e Mugla per restaurare le chiese che hanno carattere di monumento storico sotto il diretto controllo del ministero della cultura e a condizione di preservare intatta la proprietà statale. Le chiese potranno essere riaperte al culto sotto il diretto controllo dello stesso ministero e senza distinzione alcuna di Paese o di confessione religiosa”.
Daniele Rocchi