religioni" "

Un contributo al dialogo” “

Una riflessione sul ruolo dei credenti nella costruzione della società europea, ” “promossa dall’associazione "un’anima per l’Europa", fondata da Jacques Delors” “” “


“La nuova Europa non deve chiudersi allo spirito buono delle religioni”. Con questo appello si è concluso il simposio svoltosi a Bruxelles nei giorni 14 e 15 ottobre dal titolo “Dare una chance al dialogo: il contributo delle convinzioni religiose e filosofiche alla comprensione reciproca nelle città europee di oggi”. La conferenza ha coinvolto circa settanta esponenti e delegati delle religioni e del pensiero umanista presenti in Europa oltre ai rappresentanti delle istituzioni dell’UE. L’iniziativa è stata promossa congiuntamente dall’associazione laica “Un’Anima per l’Europa – Etica e Spiritualità” e dal gruppo dei Consiglieri politici della Commissione Europea (Gopa) al fine di mettere in luce le “espressioni concrete” di dialogo e collaborazione tra diversi credo, istituzioni e realtà della società civile in Europa.

Network europeo di dialogo. Proprio perché, ancora dopo 50 anni dalla sua fondazione, l’UE sembrava riluttante ad occuparsi di questioni religiose e umanistiche, nei primi anni ’90 l’allora presidente della Commissione, Jacques Delors, lanciò l’iniziativa “Un’Anima per l’Europa”. “La nostra associazione – spiega la coordinatrice, Wim Burton – è un network che riunisce rappresentati delle tre confessioni cristiane, ebraismo, Islam e umanisti e si propone di essere uno spazio per il dialogo; ci preoccupiamo che ciascuno abbia un posto attorno al tavolo della discussione dove i leader delle religioni, dei credo filosofici e delle istituzioni europee riconoscano la loro responsabilità comune nei confronti della società civile”.

Qualche esempio. Il simposio è stato anche un’occasione per fare il punto sulle esperienze di dialogo interreligioso e collaborazione multiculturale tra comunità di fede e di pensiero in Europa. Ataullah Siddiqui, responsabile della Fondazione Islamica di Leicester ha parlato del funzionamento degli “interfaith councils”, mentre da Belfast, David Stevens, già presidente dell’Interfaith Forum dell’Irlanda del Nord, ha presentato esempi di collaborazione tra servizi sociali e comunità religiose cattoliche, presbiteriane e metodiste in varie zone della capitale dell’Ulster per risollevare le zone degradate e stimolare la mutua fiducia e comprensione a partire dall’accordo di pace del 1998. Da Berlino, Werner Shultz, accennando ad alcuni “problemi strutturali con le comunità musulmane”, ha sottolineato la necessità di reimpostare l’educazione religiosa, su una base “multireligiosa” perché solo la “conoscenza” porta al rispetto e alla convivenza pacifica e “può evitare gli estremismi”. Sempre dalla Germania, il presidente del Comitato centrale dei musulmani, Nadeem Ataa Elyas, ha chiesto all’Europa di ascoltare “i problemi delle minoranze islamiche” ma ha anche energicamente invitato i 34 milioni di musulmani che vivono in Europa a restare sì “fedeli ai valori e alla morale della loro religione” ma ad “uscire dalla loro chiusura” e a “partecipare al processo democratico” dell’Europa. Peter Grabensberger e Karl Kumpfmüller hanno invece presentato Graz (Austria) come esemplare “ponte tra sud e est dell’Europa”, elencando le numerose iniziative per il dialogo ecumenico e interculturali che si sono svolte nella città austriaca. Graz è stata infatti scelta come sede del progetto “Interfaith Europe” che ha portato una serie di città e organizzazioni religiose e internazionali a promuovere un convegno sulla diversità e la ricchezza delle culture e delle fedi nelle città europee per luglio 2003.

La voce della società civile. L’obiettivo del convegno, ha sintetizzato Michael Weninger, responsabile del team Gopa, era contribuire alla “creazione di un’identità europea all’interno dell’infrastruttura europea” e “in questa occasione di dialogo, la società civile gioca un ruolo essenziale”. L’opportunità è stata percepita molto favorevolmente dall’assemblea, afferma David Greeenberg, delegato del Consiglio dei Rabbini europei: “Abbiamo espresso il desiderio comune che a livello pratico, non solo di dialogo teologico, ci sia un sistema più strutturato e continuo che permetta di esplorare e risolvere problemi di relazioni interreligiose e faccia cogliere le occasioni di dialogo, a vantaggio della stessa fede e delle politiche sociali dell’Europa intera”.