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C’è ancora pericolo” “

Timori delle comunità ebraiche per il risorgere dell’antisemitismo in Europa. L’importanza della "memoria"” “

Nell’Europa unita rischiano di diffondersi sempre di più sentimenti antisemiti? A questo interrogativo hanno cercato di rispondere alcuni esperti intervenuti nei giorni scorsi al convegno “Per un’Europa senza antisemitismo”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Unione delle comunità ebraiche italiane a 59 anni dalla deportazione di 1020 cittadini romani ad Auschwitz. Era il 16 ottobre 1943.

Il pericolo c’è. Secondo Abraham Foxman, direttore dell’Anti Defamation League di New York, “in Europa c’è ancora pericolo per gli ebrei”, anzi “il popolo ebraico è più in pericolo oggi che 50 anni fa”. “Non esistono città europee che non abbiano avuto episodi di antisemitismo. Anche quelli che sono i nostri amici in Europa ci invitano a essere ‘un po’ meno ebrei’ per scongiurare attacchi, criticando la politica di Sharon o modificando le insegne dei luoghi di preghiera”, prosegue Foxman. “Mi chiedono: è possibile criticare Israele senza essere antisemiti? Sì, è possibile, Israele è una democrazia. Ma perché lo stesso discorso non vale per il Libano, la Cina e altri 30, 40 posti nel mondo?”
“Come gruppo siamo ancora considerati troppo potenti”, aggiunge Foxman. “E in Italia il 58 per cento delle persone non ci considera leali come cittadini. In America uno su tre, in Europa uno su due”. Foxman ricorda che a 60 anni dalla Shoà “sappiamo che le autorità del mondo erano al corrente di tutto e che ovunque c’è stata opposizione gli ebrei si sono salvati. Forse se il mondo avesse reagito dopo la Notte dei cristalli non saremmo arrivati all’incenerimento degli esseri umani”. “La memoria è importante – conclude – ma occorre dare un nuovo standard di comportamento civico. Bruciare la sinagoga a Marsiglia, colpire gli ebrei a Parigi non è un atto politico ma antisemitismo”.

Germania, luci e ombre. “I curatori di un’importante mostra, in questi giorni a Berlino, dal titolo ‘Io non sono antisemita’ riferiscono che le testimonianze antisemite in Germania non sono più anonime come una volta, ma arrivano su carta intestata, da professionisti e accademici”, spiega Susanne Böhme, docente presso l’Università di Udine. Secondo Böhme, recenti indagini mostrerebbero che “un terzo degli interpellati esterna atteggiamenti antisemiti ma non li considera tali”. “La situazione non è certo rosea – precisa Böhme – ma la situazione degli ebrei oggi è più sicura in Germania che altrove”. L’antisemitismo, aggiunge la docente, “non ha sostegno né dai partiti politici né da strutture economiche”. “Il buon tedesco di oggi ha bisogno del buon ebreo, della sua immagine idealizzata. Ma il buon ebreo deve essere migliore del tedesco per farsi accettare”. Il rinato interesse delle giovani generazioni tedesche per l’ebraismo, a partire dagli anni ’80, “più che una presa di coscienza, sembra un tentativo di riabilitazione morale”. La nuova teoria in voga è la “prospettiva etnopluralista” che porterebbe a “considerare l’ebraismo un’etnia tra le altre”.

Francia, scontro aperto. “La violenza antisemita che ha sconvolto la Francia tra il 2000 e il 2002 ha registrato, fino allo scorso mese di giugno, 600 aggressioni ai danni di cittadini di religione ebraica”, spiega Shmuel Trigano, direttore di “Observatoire Monde Juif” di Parigi. “La seconda Intifada ha accresciuto l’ostilità e l’animosità verso Israele e gli ebrei”. Secondo Trigano “la corrente antisionista ha pesato per circa il 20% sul voto delle presidenziali di giugno” e si è “manifestata concretamente negli ambienti dell’immigrazione nord-africana”. “La comunità ebraica francese – spiega ancora lo studioso – si è sentita isolata, abbandonata dai media, dalla società civile e dai partiti politici, strumentalizzata nel tentativo di delegittimare Israele e la politica di Sharon, a favore di una Palestina archetipo dei poveri e dei deboli e di Hamas, leader della resistenza”. Ora, conclude Trigano, “la Francia non è un paese antisemita ma c’è dell’antisemitismo in Francia”. “Gli attentati sono compiuti dagli immigrati ma l’animosità è diffusa in una parte più grande della società”. Alla radice c’è “il problema dell’integrazione dell’Islam nella società francese”. Trigano sostiene, infatti, che “quando l’Islam attacca gli ebrei in realtà attacca lo Stato francese”.
Valentina Conte