editoriale" "
"Agli albori di un ” “trattato costituzionale europeo, saranno la riconciliazione, l’amore e il perdono a ” “riavvicinare i popoli"… ” “
Dal 15 al 17 novembre si terrà presso Parigi la 77a settimana sociale di Francia su “La violenza. Come conviverci?”. Con questa riflessione Michel Camdessus, presidente delle “Settimane sociali” francesi, ha risposto all’invito di SirEuropa per un commento al tema.
Con la Convenzione sul futuro dell’Europa e con il prossimo allargamento dell’Unione a vari Paesi, l’Europa si trova agli inizi di una nuova tappa. Chiamati a metterci in questa prospettiva, dobbiamo identificare ancor più quale sia la radice della nostra identità di cristiani europei.
Siamo i figli riconciliati di una stessa famiglia, i portatori di una storia di duemila anni durante i quali il fermento evangelico non ha mai smesso di modellare la nostra Europa, pur senza mai giungere a renderla veramente cristiana. Infatti, ci siamo combattuti a lungo.
Le nostre Chiese si sono anche scisse talvolta e spesso ignorate. Ma ecco che i nostri Paesi si riavvicinano e così le nostre Chiese.
Possiamo affermare che sono soprattutto cammini di riconciliazione che hanno caratterizzato, in questi ultimi decenni, l’evoluzione politica e sociale del nostro continente. Ci riferiamo, evidentemente, alla riconciliazione franco-tedesca, a quella tedesco-polacca, a quella delle due Spagne e a tutti i cantieri aperti per le riconciliazioni a partire dai Balcani all’Europa Orientale, all’Irlanda, ai Paesi Baschi… Sono le opere di coloro che ci hanno preceduto, sono i loro atti di fede e di speranza che hanno consentito all’Europa di essere quella che è oggi. Ma la riconciliazione non si acquisisce di colpo, tramite un accordo, una dichiarazione o un trattato… E’ un processo continuo che richiede perseveranza e vigilanza, e soprattutto una viva coscienza del fatto che tra europei, tra fratelli nell’umanità, non potremo mai smettere di chiederci perdono, ben sapendo che è sul perdono che si costruisce la vera pace.
E’ su questa stessa efficacia politica del perdono e dell’amore che vogliamo che si basi un giorno la politica estera europea. Perché non costruiamo l’Unione Europea soltanto per garantirci la pace, organizzare la democrazia, sostenere lo sviluppo economico e sociale. La logica della riconciliazione, dell’apertura, della cancellazione di una pratica diplomatica basata sul “sacro egoismo” e gli appetiti di potenza, può e deve essere praticata a livello mondiale. Una diplomazia europea forte dovrà essere ispirata a questi principi e contribuire ad aprire anche una nuova era e una nuova età di relazioni internazionali.
In un discorso al Parlamento Europeo nell’ottobre del 1988, Giovanni Paolo II distingueva chiaramente nella prospettiva della riconciliazione tutte le sfide con cui l’Europa si confronta oggi: “Dapprima, la riconciliazione dell’uomo con il creato, assicurando la salvaguardia della natura, della sua fauna e della sua flora, dell’aria e dei fiumi, del suo precario equilibrio, delle sue risorse limitate e della sua bellezza che canta la gloria a Dio; quindi, la riconciliazione dell’uomo con i suoi simili, accettandosi l’un l’altro come europei dalle tradizioni e correnti di pensiero diverse, accogliendo gli stranieri e i rifugiati e aprendosi alle ricchezze spirituali dei popoli degli altri continenti; infine, la riconciliazione dell’uomo con sé stesso…”.