” “Tra i diversi aspetti che definiscono l’identità nazionale e che l’Unione è chiamata a rispettare, vanno considerate anche le Chiese ” “
L’azione dell’Unione Europea non può intaccare lo status delle Chiese e delle comunità religiose, altrimenti mette a repentaglio l’identità nazionale dei singoli Stati membri. E’ la convinzione che sta alla base della cosiddetta “clausola Christophersen” che è oggetto di discussione in seno alla Convenzione per il futuro dell’Europa da alcuni mesi. Se ne è riparlato anche nel corso dell’ultima sessione plenaria della Convenzione, il 28 e 29 ottobre a Bruxelles. Abbiamo chiesto all’autore di questa proposta, Henning Christophersen , delegato del governo danese in seno alla Convenzione e presidente del gruppo di lavoro sulle “competenze complementari”, di spiegarci gli obiettivi che si propone con questa iniziativa.
Con quali strumenti l’Unione Europea può proteggere lo status delle Chiese?
“L’Unione Europea deve esercitare le competenze che le sono affidate dai trattati rispettando l’identità nazionale. Tra i diversi aspetti che definiscono l’identità nazionale vanno considerate anche le Chiese e le relazioni che esse hanno con gli Stati. Se osserviamo il panorama europeo vediamo molte modalità differenti nelle quali si atteggiano i rapporti tra Stato e Chiesa. Alcuni Paesi hanno un sistema confessionale: è il caso del Regno Unito, della Danimarca, della Grecia, ad esempio. In altri vige la completa separazione tra Stato e Chiesa. In altri ancora ci sono forme concordatarie o intese sottoscritte dalla stessa Santa Sede con i diversi governi. Tutti questi aspetti appartengono indiscutibilmente a quel patrimonio che concorre a definire l’identità degli Stati membri e che l’Unione è chiamata a rispettare”.
Si possono prevedere forme di dialogo strutturato e permanente tra l’Unione Europea e le Chiese?
“Esistono già forme di dialogo strutturato tra le Chiese e i singoli Stati membri: abbiamo citato al riguardo gli accordi concordatari e le intese che prevedono diverse soluzioni. Ma questo non esclude di principio che si possano trovare altri spazi e altre forme di dialogo tra le Chiese e le istituzioni comunitarie. Ciò dipende dalle scelte che compirà la Convenzione per il futuro dell’Europa e, soprattutto, il Parlamento Europeo. Con la proposta del nostro gruppo di lavoro abbiamo cercato di indicare il limite oltre non può spingersi l’azione dell’Unione Europea e l’esercizio del suo potere legislativo, senza violare l’identità degli Stati membri”.
Quali sono state le reazioni alla sua proposta?
“Sia il gruppo di lavoro nella Convenzione, sia il mio partito hanno sostenuto questa proposta. Ma ho trovato diversi appoggi anche da gruppi e realtà diverse, non necessariamente legate alle istituzioni comunitarie. Con la nostra proposta, infatti, puntiamo a difendere un patrimonio che comprende l’identità religiosa ma riguarda molti aspetti: la Costituzione, le forme di governo, la lingua, la cultura e così via. Numerosi soggetti perciò risultano interessati a questo dibattito”.