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L’allargamento dell’Unione Europea è un evento storico senza precedenti che porta con sé problemi ” “complessi, a cominciare da quello dell’identità del ” “continente” “
Con la preparazione di un nuovo allargamento, l’Unione Europea sta attraversando un momento essenziale della sua lunga formazione. Iniziata più di cinquant’anni fa, con la famosa Dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950 che aprì la strada alla creazione nel 1952 della prima Comunità europea, la Comunità del Carbone e dell’Acciaio (Ceca) con sei paesi, si è poco a poco aperta ad altri paesi, passando a nove nel 1973, poi a dodici nel 1986 e a quindici nel 1995. Ma la nuova apertura dell’Unione ad altri paesi, alcuni in pieno Mediterraneo come Cipro e Malta, altri dell’Europa centrale e orientale, un tempo sottomessa all’impero sovietico, porta ad interrogarsi circa i nuovi confini dell’Europa.
Si è sentito molto parlare dell’Europa “dall’Atlantico agli Urali”, espressione cara e profetica del generale De Gaulle che pensava come Benedetto XV che “le nazioni non muoiono”, ripresa da Papa Giovanni Paolo II che sottolinea l’unità fondamentale del continente europeo attraverso la sua civiltà cristiana. In un saggio pubblicato dalla rivista Vita e Pensiero, dell’Università Cattolica di Milano, durante l’estate 1978, alcune settimane prima di diventare papa, il cardinale Karol Wojtyla aveva posto la domanda: “Una frontiera per l’Europa: dove?” e proponeva una visione pan-europeistica del continente sottolineando il carattere centrale della nazione. Ma tale proposta non è priva di conseguenze complesse, perché gli Urali non sono né una frontiera politica, né una vera barriera naturale. Mentre per l’Occidente il confine atlantico, includendo le Isole britanniche è ormai fissato, il problema dei confini orientali resta vivo e porta con sé la grave questione dei rapporti del mondo russo con l’Occidente, tra il cattolicesimo e l’ortodossia, tra la Santa Sede e il Patriarcato di Mosca.
La creazione del Segretariato per i non credenti da parte di Paolo VI nell’aprile 1965 (trasformato da Giovanni Paolo II in Pontificio Consiglio della Cultura nel 1982) testimoniava già la volontà della Santa Sede di sottolineare l’unità intrinseca dell’Europa. Si trattava infatti di aprire un dialogo permanente con la cultura nata dal marxismo. In questo senso il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, dichiarò alla Conferenza dei Ministri europei della cultura del maggio 1984 a Berlino: “Un discorso, a Berlino, sulla cultura dell’Europa, non può tralasciare un riferimento d’obbligo all’insieme di quel continente il cui destino storico è stato segnato da una specificità culturale distinta nel mondo. Le divisioni politiche e ideologiche dei paesi dell’Europa non possono fare dimenticare la loro comune identità, qualche sia il loro regime governativo… E’ necessario ricordare senza sosta, che la grande famiglia europea si stende al di là di tutti i confini particolari o regionali del Continente… Il patrimonio europeo, arricchito nel corso dei secoli da tanti geni, artisti, studiosi, mistici e santi conosciuti o nascosti, costituisce l’eredità comune dell’Europa intera”.
Bisogna anche porre la questione dei limiti nord/sud dell’Europa, aspetto dell’identità europea raramente affrontato ma non meno fondamentale perché sottolinea la difficoltà del rapporto con l’Islam. La Comunità Economica Europea si è allargata poco a poco verso il sud (Portogallo, Spagna, Grecia), e verso il nord (paesi scandinavi), ma bisogna ricordarsi che tali allargamenti non sono stati compiuti facilmente, per ragioni diverse. Oggi il problema è di sapere se il Mediterraneo costituisce una frontiera quando tante persone venute dalla sua sponda meridionale, che faceva parte a suo tempo dello spazio romano, sono ormai presenti in numerosi paesi europei. Si è molto parlato di uno spazio euro-mediterraneo e nel 1950 Robert Schuman evocava le responsabilità dell’Europa nei confronti dell’Africa. D’altra parte la questione dello statuto del Bosforo – confine o ponte tra Oriente e Occidente? – e del posto della Turchia è in Europa o/e in Asia? – è sempre più acuta.
La domanda sui confini dell’Europa è fondamentale perché sottende tutto il problema della sua identità e della sua diversità così come dei suoi rapporti con l’Islam ma anche con l’ortodossia e della gestione delle sue diversità; sottolinea anche la tensione permanente tra le esigenze tecniche e giuridiche di una costruzione complessa, le logiche politiche e l’esigenza profetica di un’evoluzione continentale senza precedenti nella storia degli uomini.