rifugiati" "

Troppe restrizioni” “

Il riconoscimento del diritto d’asilo è ” “ancora fortemente ostacolato in molti ” “paesi europei. Le ” “Chiese chiedono di armonizzare le ” “diverse legislazioni” “” “


Sono oltre 2,4 milioni i rifugiati in Europa a causa di guerre, persecuzioni per motivi di razza, religione o per diverse opinioni politiche, di cui 1,7 milioni nei Paesi dell’Unione Europea (dati 2001). Una distribuzione poco omogenea, visto la Svezia ospita 20 rifugiati ogni 1000 residenti, Paesi come l’Austria, la Danimarca, la Germania e i Paesi Bassi dai 10 ai 13 rifugiati ogni 1000 abitanti, mentre i Paesi dell’Europa meridionale ospitano meno di 5 rifugiati ogni 1000 residenti. Ma per accedere allo status di rifugiato (il richiedente asilo a cui è stata accolta la domanda) nei diversi Paesi bisogna passare una lunga trafila burocratica che non facilita la già drammatica situazione dei richiedenti, le cui domande spesso vengono respinte. Le Chiese di diversi Paesi sono impegnate da tempo nella richiesta di migliori legislazioni e procedure ma le tendenze sembrano essere, al contrario, verso normative più restrittive. I ministri dell’Interno dell’area dei Balcani, riuniti nei giorni scorsi a Lecce, hanno assunto tra l’altro l’impegno a rivedere la legislazione sul diritto di asilo a livello europeo. Ecco una panoramica della situazione in alcuni Paesi.

Svizzera. In vista della consultazione elettorale del 24 novembre durante la quale i cittadini svizzeri saranno chiamati a pronunciarsi a proposito “degli abusi nel diritto d’asilo”, la Conferenza episcopale svizzera ribadisce “con forza il suo sostegno ad una politica solidale nei confronti degli stranieri e dei rifugiati”. “Il diritto a trovare rifugio – ricordano i vescovi svizzeri in un comunicato diffuso il 4 novembre – deve continuare a guidare la politica d’asilo del nostro Paese”. “Se è comprensibile la necessità di adottare misure per limitare gli abusi – affermano – ci opponiamo ad ogni misura che impedisca nei fatti, a persone che chiedono legittimamente la protezione del nostro Paese, di accedere alla procedura d’asilo”. I vescovi si dicono “preoccupati” per “ogni misura o proposta tesa a far rientrare i richiedenti asilo senza che questi abbiano potuto essere pienamente ascoltati e fare ricorso in caso di decisione legittimamente contestata”. I vescovi svizzeri raccomandano che “le decisioni concrete riguardo la concessione dell’asilo politico o il rientro, corrispondano alla sostanza umanitaria della legge e che il diritto dell’uomo e il principio di proporzionalità sia rispettato”. Per questo, dichiarano di “continuare ad impegnarsi presso le autorità in favore dei rifugiati per ottenere delle soluzioni umane”.

Francia. “Oggi la questione del diritto d’asilo e degli irregolari non deve far più riferimento solo alle singole nazioni ma bisogna armonizzare le legislazione a livello europeo e prendere delle misure valide per tutti i Paesi. C’è una nuova ondata migratoria che non è più semplicemente quella di chi cerca lavoro”. E’ il parere di mons. Jean-Luc Brunin, vescovo ausiliare di Lille e presidente del Comitato episcopale per le migrazioni. In Francia i richiedenti asilo sono molto aumentati: da 22.500 persone nel 1998 a 48.000 nel 2001. “Siamo di fronte al nuovo problema dell’afflusso massiccio di gente che chiede asilo – racconta mons. Brunin – per cui la presa in carico è più difficile sia per le istituzioni, sia per la Chiesa. Oltre ai tanti immigrati maghrebini che sono qui per lavoro, da due anni arrivano molti rifugiati dall’Est europeo e addirittura dalla Mongolia. Siamo di fronte ad una nuova ondata migratoria e non si può più pensare di andare avanti con l’impostazione di dieci anni fa. E’ urgente dare risposte nuove alla situazione che si è creata”. Lo scorso mese di febbraio i vescovi francesi hanno pubblicato un documento sui rifugiati che denunciava tutte le disfunzioni nell’applicazione del diritto d’asilo. Per esempio, spiega mons. Brunin, “anziché i tre mesi di attesa previsti, i richiedenti aspettano anche dieci mesi o due anni e durante questo periodo non possono lavorare, quindi non hanno risorse né possono trovare un alloggio. Attualmente i centri di accoglienza per rifugiati sono in numero insufficiente. Nelle grandi città francesi queste persone vivono per strada, senza risorse e senza diritti e dipendono dalle associazioni caritative che oggi non sono più in grado di gestire da sole questa situazione di emergenza”. “Attualmente il governo francese vuole riformare il diritto d’asilo – ricorda mons. Brunin – ma stiamo vigilando perché sia una riforma nel senso umanitario e della dignità dell’uomo e non semplicemente per ridurre i ritardi”. Tra le proposte dei vescovi francesi, vi è la richiesta di ridurre i tempi tra la richiesta e l’accoglimento o il respingimento della domanda d’asilo; di dare la possibilità ai richiedenti, dopo sei mesi di permanenza nel Paese, di cercare lavoro.

Italia. E’ l’unico Paese dell’Unione europea a non avere ancora una legge organica in materia di diritto d’asilo, più volte invocata dalle organizzazioni che operano nel campo dell’immigrazione e dalla Chiesa stessa. Secondo l’ultimo Dossier immigrazione curato dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes, nel 2001 circa 10.000 persone hanno chiesto lo status di rifugiato e la quasi totalità ha visto respingere la propria richiesta. Attualmente i rifugiati sono circa 23.000, appartenenti a 40 nazionalità diverse e provenienti soprattutto dal Corno d’Africa, dai Balcani e dal Medio Oriente. “La condizione dei richiedenti asilo in Italia è molto difficile – spiegano i responsabili della Fondazione Centro Astalli, organismo promosso dai gesuiti che si occupa dei rifugiati -. La mancanza di una legge ha prodotto una situazione di estremo disagio e sofferenza per persone che sono state costrette a lasciare la propria terra e i propri affetti. Tra queste, vi sono molte donne, bambini e vittime di tortura o maltrattamenti nel loro Paese d’origine”. I tempi perché la richiesta d’asilo venga esaminata sono anche di 12 mesi. Come in Francia, anche qui il richiedente non può lavorare e l’unica possibilità è quella di essere accolto dai servizi sociali o da organizzazioni assistenziali.

Germania. 118.306 richieste d’asilo nel 2001, 69.839 nel 2002 (dati al 30 settembre): queste le cifre che illustrano l’andamento del flusso di richiedenti asilo in Germania, tradizionalmente meta di flussi di rifugiati. Il calo delle richieste di asilo, osservato dalle organizzazioni operanti nel Paese nel settore, può essere in parte giustificato dall’approvazione, il 25 giugno 2002, della nuova legge sull’immigrazione, contestata dall’opposizione per via di presunte irregolarità legate alla sua approvazione in sede parlamentare. L’attuale normativa, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2003 prevede tra l’altro modifiche e restrizioni al diritto di asilo. Le Chiese tedesche si sono espresse più volte sull’argomento, anche attraverso le proprie organizzazioni assistenziali, assumendo una posizione critica verso le leggi sull’asilo e verso l’attuale normativa sull’immigrazione. Tra i testi più significativi vi è il documento emesso dalla Conferenza episcopale tedesca nel 2001 dal titolo “La vita nell’illegalità in Germania: una sfida umanitaria e pastorale”. Una delle organizzazioni che opera da anni nell’assistenza agli immigrati irregolari e ai richiedenti asilo è il Servizio dei gesuiti per i rifugiati (Jrs). “Un aspetto positivo della nuova legge sull’immigrazione è che la normativa considera sullo stesso piano le persone perseguitate da governi e da strutture non governative”, afferma Corinna Sandersfeld, giurista del Jrs: “Effettivamente si osserva un inasprimento delle regole: le possibilità di entrare in Germania, anche come rifugiati, sono diminuite, con l’aggravamento tra l’altro delle pene nei confronti delle compagnie aeree. Ciò comporta anche l’aumento del prezzo pagato dai rifugiati alle organizzazioni illegali che gestiscono le immigrazioni clandestine e dei rischi corsi dalle persone che cercano di entrare nel Paese”. Riguardo allo sforzo di uniformare le leggi dei diversi Paesi membri, osserva Sandersfeld, “notiamo che la Commissione Europea formula proposte positive, che vengono inizialmente accolte almeno in parte; successivamente, però il risultato finale è deludente per via delle posizioni assunte dal Consiglio o dal Parlamento”.
Patrizia Caiffa e Mercede Succa