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I fedeli islamici in molti Paesi europei stanno vivendo il rituale mese del digiuno, il Ramadan che diventa occasione di dialogo con le altre religioni. Un’inchiesta di SirEuropa” “” “
“Cristiani e musulmani, crediamo che la pace sia prima di tutto un dono di Dio ed è per questo che le nostre rispettive comunità pregano per la pace e sono sempre chiamate a farlo”, scrive mons. Michael L.Fitzgerald, nuovo presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso nel tradizionale messaggio inviato ai musulmani in vista della festa di “Id al-Fitr” che tra qualche giorno concluderà il mese di digiuno del Ramadan. “Cristiani e musulmani sulle vie della pace”: questo il tema del messaggio che ricorda la giornata di preghiera per la pace voluta dal Papa ad Assisi, lo scorso 24 gennaio, ma anche i terribili conflitti che sconvolgono Medio Oriente, Africa e Asia. “Al fine di ottenere la pace e mantenerla scrive Fitzgerald nel messaggio – le religioni possono giocare un ruolo importante che, più che mai ai nostri giorni, la società civile e i governi degli Stati riconoscono loro”. In particolare viene indicata l’educazione come “ambito dove le religioni possono dare un contributo particolare. Siamo infatti convinti si legge nel messaggio che le vie della pace passino per l’educazione”. E prosegue: “L’educazione alla pace comporta ugualmente la conoscenza e l’accettazione delle diversità”. In questo numero di SirEuropa abbiamo raccolto le esperienze e le testimonianze di come viene vissuto il Ramadan in diversi Paesi europei.
Cos’è il Ramadan. Secondo la tradizione islamica, il Ramadan è il mese durante il quale il Corano fu rivelato a Maometto. Questo momento è ricordato ogni anno dai musulmani con un mese di digiuno (per gli adulti che sono in salute), variabile secondo il calendario lunare. La giornata durante il Ramadan è scandita da otto momenti di preghiera e di adorazione (Taravih), che possono anche arrivare ad essere venti. Durante il Ramadan, i musulmani versano la “Zakat” alla propria moschea di riferimento, cioè la cosiddetta “elemosina legale” o “tassa per i poveri”. L’ultimo giorno del Ramadan è un momento di festa e prende il nome dalla preghiera mattutina: Eid. È una festa dedicata in particolare alla famiglia e ai bambini che spesso ricevono anche dei regali, un po’ come per il Natale cristiano. In questo giorno le famiglie si ritrovano a casa per un grande pranzo e poi fanno visita ai propri cari nei cimiteri.
In Spagna è una festa. Assalamu aleykum. Così iniziano i messaggi di “Buon Ramadan” che questi giorni circolano in Internet tra i musulmani spagnoli. I 500.000 musulmani che vivono in Spagna (provenienti soprattutto da Marocco, Tunisia, Algeria ed Senegal) considerano il Ramadan essenzialmente come un mese di festa, non come un tempo di mortificazione. Tra i musulmani ci sono anche i neo-convertiti e gli abitanti di Ceuta e Melilla (che appartengono alla Spagna ma geograficamente sono in Marocco). La grande maggioranza sono di rito sunnita. Il presidente dell’Unione delle Comunità islamiche di Spagna, Riay Tatary, spiega che “quasi tutti i musulmani di Spagna osservano il Ramadan”. Non tutto è facile, però. Questo Ramadan coincide con i dieci anni degli accordi tra il governo spagnolo e le comunità islamiche. Le difficoltà nascono in ambito lavorativo. Negli accordi si prevede che i musulmani possano chiedere alle aziende dove lavorano di uscire prima per compiere gli obblighi religiosi o andare nella moschea. Questa clausola, però, si concretizza solo con la buona volontà dei datori di lavoro. Per i ragazzi musulmani nelle scuole non ci sono ostacoli, i pasti sono controllati e vengono rispettati gli orari. Ma non solo i musulmani vivono il Ramadan. La comunità dei gesuiti di Casp di Barcellona organizza ogni lunedì la serata “Preghiamo con i musulmani durante il Ramadan”. Si tratta di un’ora di silenzio e meditazione basata su testi sacri del Corano, “per essere in sintonia con il mese benedetto dai seguaci di Allah”.
Le diocesi italiane impegnate nel dialogo. Per i musulmani in Italia, il Ramadan ha avuto inizio il 6 novembre e termina il 29 dello stesso mese. L’Islam è la seconda religione del Paese. Complessivamente si tratta di un insieme di 700 mila persone, intendendo però con questo numero i “provenienti da paesi musulmani”. Il Marocco conta circa un terzo delle presenze musulmane. Seguono l’Albania, la Tunisia, il Senegal, l’Egitto, il Bangladesh, il Pakistan, l’Algeria, la Bosnia e poi ancora Iran, Nigeria, Turchia, Somalia. Ai 700 mila, vanno aggiunti gli italiani, con un nucleo numericamente contenuto ma assai attivo di convertiti all’Islam che giocano un ruolo importante visibile e organizzato. “Le comunità islamiche spiega don Augusto Casolo, direttore del Cadr (Centro milanese che si occupa di dialogo interreligioso) – si stanno preparando a festeggiare la fine del digiuno. Questo momento costituisce un’importante occasione di aggregazione e di visibilità per cui tutte le comunità si riuniscono il più possibile in forma unitaria per dare un segnale di comunità”. “L’anno scorso – afferma don Casola – l’intervento del Santo Padre ha senz’altro creato un momento di attenzione che adesso ciascuna diocesi e chiesa locale cerca di riprodurre, dimostrando di non voler rimanere assenti da questo momento importante per un’altra comunità religiosa”. A Milano, per esempio, il 29 novembre, la diocesi ha organizzato un incontro nel salone della Caritas con i responsabili dei vari centri musulmani, per uno scambio di auguri e l’offerta del messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. A Torino, invece – afferma don Augusto Negri, direttore del “Centro Peirone” si è deciso di far giungere il messaggio vaticano con una nota diocesana di accompagnamento attraverso i giornali. Ad Aosta l’ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso ha organizzato in cattedrale una veglia di preghiera e di digiuno per la pace.