immigrati

” “La sfida dell’accoglienza

” “Armonizzare le politiche europee sul controllo dei flussi migratori può comportare rischi ma aiuta a far progredire la cittadinanza europea” “


Nei giorni scorsi altre due tragedie del mare al largo delle coste italiane: vittime decine d’immigrati in cerca di speranza. Drammaticamente attuale appare il messaggio del Papa per l’89ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, reso noto il 2 dicembre. “Tra le persone particolarmente in necessità – ricorda il Pontefice – vi sono i forestieri più vulnerabili; vale a dire i migranti senza documenti, i profughi, coloro che hanno bisogno d’asilo, i profughi a causa di persistenti, violenti conflitti in molte parti del mondo e le vittime – in maggioranza donne e bambini – del terribile crimine che è il traffico di esseri umani. Anche di recente siamo stati testimoni di casi tragici di movimenti forzati di persone per motivi etnici e nazionalistici, che hanno portato un’indicibile sofferenza nella vita dei gruppi colpiti”. Sulla questione delle migrazioni in Europa è di recente intervenuto il gesuita padre Joseph Joblin , già docente alla Pontificia Università Gregoriana, richiamando la “responsabilità politica” di assumere nel merito decisioni atte a “conciliare i diritti degli immigrati a varcare i confini, a praticare la propria religione e a mantenere i propri costumi e la propria lingua, con i diritti della maggioranza della popolazione del Paese d’accoglienza”. Sul tema pubblichiamo una nota di Catherine Wihtol De Wenden , direttore di ricerca al Centro nazionale per la ricerca scientifica (Cnrs) di Parigi.

Nel corso del decennio 1980-1990 l’Europa è divenuta un continente di immigrazione, ma questa realtà stenta a trovare legittimazione nella storia dei singoli Stati dove tuttora permangono gli interrogativi sulle identità nazionali, l’ossessione del rischio migratorio vissuto come una sfida, la convinzione diffusa che la presenza dei clandestini sia d’ostacolo all’integrazione. Dagli anni’90 si sono affacciate nuove tendenze. La globalizzazione degli scambi di persone, di beni e capitali che ha avuto come effetto l’accelerazione della mobilità e l’aumento del numero dei Paesi e delle categorie di persone coinvolte nel fenomeno migratorio. La moltiplicazione delle reti economiche, mediatiche e culturali ha sviluppato nell’immaginario migratorio la “voglia” d’Europa con la conseguenza, tra l’altro, di trasformare, sia pure con sfumature diverse, alcuni Paesi di emigrazione in Paesi di immigrazione. Tra questi, Spagna, Portogallo, Grecia, Polonia, Ungheria e Russia. Un allargamento dello spazio migratorio che si è accompagnato all’accentuarsi delle variazioni nei flussi e nelle presenze dei migranti nei diversi Paesi. Dal Lussemburgo, dove gli stranieri costituiscono il 30% della popolazione, e dalla Svizzera (18%), al 3,5% del Regno Unito e al 2% di Spagna, Italia e Finlandia.
Il persistere della pressione migratoria verso l’Europa, da Est e soprattutto da Sud, dove il Mediterraneo svolge in qualche modo la funzione del Rio Grande tra Stati Uniti e Messico, non accenna a diminuire a causa della mancanza di reali alternative all’emigrazione: la prospettiva di sviluppo delle regioni di origine e le misure dissuasive di controllo dei flussi non appaiono ai candidati all’emigrazione soluzioni a breve termine per i loro problemi. Il persistere dell’immigrazione clandestina, la pratica del ricongiungimento familiare (oltre il 50% degli ingressi annuali in Francia) e la condizione di ‘migranti a forte mobilità’ (stagionali, tecnici, studenti e stagisti) indicano una certa autonomia dei flussi rispetto alle politiche dissuasive di controllo delle frontiere. Nello stesso tempo i Paesi di immigrazione europei tentano di arginare la migrazione di tipo stabile sul loro territorio auspicando, di fatto, un’immigrazione temporanea che risponde alle domande contingenti del mercato del lavoro, ma non tiene conto delle esigenze del lungo periodo. Da parte degli immigrati si osserva, viceversa, la tendenza a permanere stabilmente nel Paese d’accoglienza. L’armonizzazione delle politiche europee sul controllo dei flussi migratori può comportare rischi ed equivoci quali la restrizione dei diritti fondamentali tra cui l’asilo, l’aggravarsi della divaricazione dei diritti tra europei ed extraeuropei, la deviazione dalle finalità degli accordi di Schengen, il rafforzamento dei controlli. Essa, tuttavia, comporta anche delle opportunità nella riaffermazione dei diritti fondamentali, nella motivazione delle decisioni, nell’adozione di posizioni comuni; in altre parole nel far progredire la cittadinanza europea.