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Presepi, alberi, personaggi della tradizione, ma anche impegno a favore delle vittime di guerre (Kosovo), dei disastri naturali (Italia) ed ambientali (Francia, Spagna, Albania e Germania). Il Natale, in molti Paesi europei, si coniuga con gesti di solidarietà, di dialogo (Turchia) e di condivisione. Una festa che, oltre a essere occasione per ripensare la propria fede, è anche un motivo per stili di vita più sobri e sostenibili.
Francia
Per le vittime delle inondazioni
“A Codolet, Sommières, Aramon, Goudargues, Saint-Geniès e tante altre località, la preparazione del Natale e la sua celebrazione accompagneranno il pesante ricordo delle inondazioni di settembre e delle loro conseguenze”, ha dichiarato mons. Robert Wattebled, vescovo di Nîmes, la diocesi più colpita dalle inondazioni dell’autunno scorso sulle coste mediterranee. Nello stesso comunicato il vescovo invitava ad “un Natale di maggiore fraternità”, fin dall’inizio dell’Avvento. “Ricordando la solidarietà manifestatasi in tanti modi e guardando decisamente al futuro, gli alluvionati testimonieranno la loro volontà di andare avanti con coraggio” ha esortato Mons. Wattebled, senza dimenticare che “le parrocchie meno colpite non possono dimenticare le altre”. Accompagnando i fatti alle parole, il 25 dicembre, il vescovo si recherà a Bagnoles, un comune particolarmente danneggiato, dove celebrerà la messa di Natale per manifestare un’unanime riconoscenza versi i giovani volontari. Le inondazioni hanno provocato devastazioni nella diocesi di Montpellier, in particolare nei paesi di Lunel e Marcillagues, limitrofi alla diocesi di Nîmes. Nel piccolo comune di Lattes, quasi un centinaio di famiglie hanno subito danni. Grazie all’operazione “dieci milioni di stelle”, che si ripete ogni anno e che consiste nella vendita di lumini a favore dei progetti locali, potranno essere sbloccati alcuni fondi per i soccorsi di prima necessità.
Sempre in Francia le coste sul versante atlantico sono minacciate per il naufragio della “Prestige”. Padre Mikaël Epalza, cappellano dei marinai della diocesi di Baiona, radunerà i marinai e le loro famiglie per una messa di Natale, il 22 dicembre, durante la quale desidera affrontare con loro la situazione. Per il momento non c’è ancora inquinamento, ma il vescovo, Mons. Pierre Molères, d’accordo con Mons. Januario Ferreira, Presidente dell’apostolato del mare in Portogallo, e Mons. Luis Quinteiro, vescovo di Orense nella Galizia spagnola, si sono ufficialmente espressi già il 21 novembre 2002 in una dichiarazione comune: “il mare non è una discarica ma un dono di Dio”: “Ascoltiamo con rispetto e sostegno le recriminazioni e i timori di quanti sono o saranno gravemente lesi nella loro professione, nel loro futuro, nel loro equilibrio umano e spirituale” hanno affermato congiuntamente i tre prelati.
Germania
La catastrofe e la festa
“Nessuno ha dimenticato le vittime delle inondazioni” in Germania: lo afferma Tobias Löser, responsabile Caritas per i rapporti col pubblico di Dresda, intervistato sulla preparazione al Natale nelle zone colpite in agosto dalle alluvioni. “Molte vittime speravano di poter riparare i danni entro Natale: ciò si avverato solo in parte. La vita in queste condizioni è enormemente difficile. Ciononostante, o forse proprio per questo”, prosegue Löser “nelle zone colpite si percepisce la gioia dell’attesa del Natale. Nessuno sembra disposto a farsi rovinare il Natale dalla catastrofe, al contrario: questa ricorrenza potrebbe diventare, più che in passato, una festa del raccoglimento e della riflessione interiore”. Sono numerosissime le iniziative promosse per la preparazione del Natale in queste aree: “Un numero incalcolabile di associazioni, parrocchie, comuni, aziende o media organizza campagne natalizie dedicate alle vittime delle inondazioni”, spiega Löser, illustrando anche l’attività svolta dalla Caritas in questo periodo: “Nel periodo precedente il Natale, i nostri assistenti sociali hanno portato un saluto per l’avvento nelle case; è una piccola attenzione per dare nuovo coraggio e nuova forza. Ed ora si occupano più che mai delle preoccupazioni e delle esigenze delle persone. Alcune vittime vivono ancora in alloggi di emergenza, altre famiglie vivono divise a causa di malattia o di trattamenti medici: abbiamo cercato di trovare soluzioni specifiche, affinché queste persone possano vivere il Natale in condizioni dignitose”. Circa i segni di solidarietà nei confronti delle vittime, il responsabile Caritas dichiara: “La partecipazione continua ad essere forte. Continuano ad arrivare donazioni, innumerevoli offerte di aiuto. Si organizzano galà di beneficenza. Ancora oggi artisti, associazioni sportive e innumerevoli iniziative promuovono manifestazioni di beneficenza. Quel che accade in grande, succede anche a scala ridotta: si rivolgono a noi privati o piccole imprese che vogliono dare la propria solidarietà nel loro modo particolarissimo: ci sono pervenute offerte di albergatori che vogliono regalare ad alcune famiglie colpite una piccola vacanza; ci telefonano famiglie che vogliono invitare le vittime a passare il Natale da loro. Le inondazioni hanno scatenato un’incredibile ondata di solidarietà e disponibilità ad aiutare. Oggi possiamo dirlo: non era solo un’onda destinata a scemare in fretta. È nato qualcosa che rimane”.
Spagna
600 presepi costruiti con rifiuti
Tra le iniziative natalizie in Spagna, a Valencia, è stata allestita una mostra con 600 presepi creati con rifiuti, telefonate gratuite per fare gli auguri ai missionari lontani, mostre di dolci fatti nei monasteri di Siviglia, marce diocesane a Guadalajara. Il convento dei cappuccini di Valencia, ad esempio, accoglie una mostra di beneficenza con 600 presepi costruiti con materiali raccolti per strada e nei raccoglitori di rifiuti. I presepi, benedetti dal vescovo di Teruel, Antonio Algora Hernando, sono stati fatti con televisioni vecchie, chitarre rotte, legno usato, bucce d’arancia e addirittura con fossili. L’autore di quasi tutti i presepi è frate Conrado Estruch, 77 anni, che ha voluto “convertire quello che nessuno vuole in qualcosa di bello, secondo lo spirito di povertà di Gesù”. Le offerte raccolte verranno donate a organizzazioni ecclesiali e missionari. Intanto la Fondazione Telefonica organizza la campagna di Natale durante la quale i parenti dei missionari e dei cooperanti spagnoli possono chiamare gratuitamente per fare loro gli auguri natalizi. La Campagna inizia l’11 dicembre e finisce l’8 gennaio. Il telefono abilitato è disponibile 24 ore su 24 e la chiamata può durare 12 minuti.
Svizzera
Campane e candele
In Svizzera, nel periodo d’Avvento, sono le campane a rompere il silenzio della notte per invitare alla celebrazione del Rorate, che comincia alle 6 del mattino. “Stillate cieli dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia” (Is. 45,8): con queste parole comincia la preghiera di inizio della cosiddetta Messa di Rorate, una messa votiva dell’Avvento, in onore della Madre di Dio. I fedeli si raccolgono in chiesa prima del sorgere del sole per attendere la vera luce: la chiesa in penombra è illuminata soprattutto dalla luce delle candele. “Sono celebrazioni molto frequentate, più di quelle delle domenica” dice don Leo, il parroco di Arbon, una cittadina sul lago di Costanza. A volte vengono organizzate in modo un po’ speciale per i bambini e le famiglie (che si ritrovano poi per fare colazione insieme nella casa parrocchiale, prima di andare a scuola e al lavoro), altre volte l’eucaristia viene sostituita da una preghiera ecumenica, celebrata insieme alle comunità protestanti.
Ungheria
Solidarietà radiofonica
Cibo, dolci e indumenti per i senza fissa dimora, i poveri e i disabili; una campagna nazionale per la donazione del sangue; una colletta di Natale in una grande catena di supermercati. Sono alcune delle iniziative natalizie della Chiesa cattolica ungherese di rito orientale, descritte da mons. Keresztes Szilard, vescovo greco-cattolico di Hajdùdorog, una diocesi di 280.000 fedeli che comprende l’intero paese. Iniziative portate avanti dalla Caritas ungherese attraverso i suoi gruppi nazionali e locali e dall’Hungarian Maltese charity service, con i suoi 140 gruppi locali. Inoltre, spiega il vescovo, tramite un programma radiofonico diffuso dalla radio nazionale, “le famiglie ungheresi sostengono mensilmente altre famiglie di connazionali che vivono in Ucraina in condizioni di estrema povertà. Si fanno visita a vicenda, socializzano ed invitano i bambini poveri a trascorrere le vacanze di Natale in Ungheria”.
Inghilterra e Galles
Un gesto costoso
Era su tutti i giornali britannici, il 16 dicembre, il messaggio di Natale del vescovo anglicano di Lichfield, il reverendo Keith Sutton. La ragione di tanto scalpore è l’aver associato Gesù ai richiedenti asilo: un invito chiaro ai cristiani a rinnovare la disponibilità all’accoglienza. “L’amore scese in terra a Natale, una stagione di pace e buona volontà per tutti gli uomini” ma questo non significa che in questo periodo ci si debba adagiare su “atteggiamenti sentimentali” o a “uno sguardo superficiale alla storia della natività”, ha scritto Sutton. Bisogna guardare invece, ha detto il vescovo di Lichfield, alla dura realtà racchiusa nel racconto biblico: “Maria e Giuseppe furono costretti a scappare come rifugiati in Egitto quando Erode meditava la strage degli innocenti al fine di assicurarsi che Cristo fosse ucciso”. Ed ecco la modernità, la paradossale novità del Natale sintetizzata dal vescovo anglicano: “L’amore del Natale sta nell’atto di Dio di mandare suo Figlio nel mondo pur sapendo in che tipo di mondo sarebbe venuto, e conoscendo la crudeltà e il dolore della morte che avrebbe affrontato”. Con questo gesto coraggioso, continua il reverendo, Dio ci mostra che l’amore è “un gesto costoso”. Indicando la “dolorosità” e la difficoltà che il Natale può significare per chi è avvolto dalla “solitudine” dalla “paura” e da “sentimenti di esclusione”, il vescovo sprona a non limitarsi a “ringraziare Dio” per questo Natale ma a concretizzare l’amore: “Non è il pensiero che conta, ma quello che ne fai”. Per l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams “a Natale dobbiamo ricordare che non c’è modo di entrare nello spazio di Gesù senza spogliarci del peso della nostra arrogante fiducia in noi stessi”. Quando avremo “messo questi atteggiamenti da parte – conclude Williams – ci sarà abbastanza spazio per tutti”.
Scozia
I veri regali non si comprano
In Scozia la Conferenza episcopale a partire dall’11 dicembre ha lanciato una campagna pubblicitaria per riproporre il senso cristiano del Natale: cartelloni pubblicitari in tutte le stazioni ferroviarie, da Glasgow ed Edimburgo, annuncia la Anglican Communion, per ricordare ai passanti e a chi è intento a fare gli acquisti natalizi che “i veri regali di Natale sono l’amore e la pace, che sono entrambi senza prezzo e non si possono comprare nei negozi”, come spiega il reverendo Bruce Cameron, Primus della Chiesa Episcopale Scozzese e vescovo di Aberdeen e Orkney. I poster mostrano uno dei tre Re Magi che nota inorridito il prezzo sull’etichetta rimasta attaccata al suo dono d’oro al bimbo Gesù. Lo slogan recita: “Hai perso il filo? Prendi una pausa in chiesa questo Natale”.
Irlanda
“Black santa”, Santa Claus in nero
In Irlanda, a Belfast e a Dublino, rispettivamente nella cattedrale e nella chiesa di Sant’Anna, da una trentina d’anni c’è la tradizione di Black Santa, ovvero il “babbo natale/Santa Claus nero”. Si tratta di un evento di beneficenza molto sentito, iniziato a Belfast dal Decano della Cattedrale Sammy Crooks nel 1976. Per la durata di una settimana circa, all’approssimarsi del Natale, il vicario del complesso religioso si veste di nero con il tradizionale abito anglicano e rimane per parecchie ore seduto sul sagrato della chiesa a intrattenere le persone e a ricevere le loro offerte che vanno poi a finanziare diversi progetti della comunità dei fedeli locale. In questo sit-out, che attrae gente da tutta l’Irlanda e vede la partecipazione anche del sindaco di Belfast, sono stati coinvolti numerosi fedeli e nel 2000 sono state raccolte ben 2,2 milioni di sterline tra offerte di individui, scuole, organizzazioni e uffici. “La carità è la più grande delle virtù cristiane e umane” ha detto l’attuale decano di Sant’Anna a Belfast, il rev. Houston McKelvey, che afferma di aver sperimentato con il sit-out “la natura caritatevole della grande maggioranza delle persone in questa parte dell’Irlanda.
Italia
Il terremoto e lo stupore
“Sappiamo tutti che cosa ci è accaduto, sappiamo tutti cosa significa abbandonare il paese, la propria casa e vivere temporaneamente in una tenda. Ebbene, proprio da questa situazione di difficoltà e di precarietà, siamo chiamati a “Ri-cominciare dalla Speranza” . Essa è una virtù teologale che dà all’uomo la luce, il coraggio di andare avanti, di portare per la strada dell’esistenza la propria espressione di umanità, il senso e la dimensione della propria fede”: è questa, in sintesi, la ‘Lettera per l’Avvento 2002’ che don Mario Colavita, il giovane parroco di Ripabottoni, uno dei paesi molisani colpiti dal sisma dello scorso 31 ottobre, ha inviato ai fedeli della sua comunità nei giorni scorsi. “E’ la Speranza, virtù principe che deve accendere, in particolare in questo Natale, la nostra storia, i nostri percorsi, spronare la comunità a proseguire il cammino interrotto dal terremoto. La Speranza nasce e si rafforza ogni volta che un uomo, un bambino, nello stupore e nella meraviglia, sa abbandonarsi nelle mani di Dio”. E “Dio pose la sua tenda in mezzo a noi” è il tema proposto alle parrocchie della diocesi di Termoli-Larino per questo Natale 2002. “Il terremoto – ha affermato don Antonio Di Lalla, parroco di Bonefro un altro dei paesi terremotati – non è una casualità da subire ma il luogo teologico in cui incarnare la Parola. La tenda da luogo di povertà diventa luogo della Incarnazione: non siamo noi ad ospitare ma è Dio che ci ospita sotto la tenda”.
Turchia
Il cestino di fiori
Il Natale nella grotta di Pietro, ad Antiochia, dove per la prima volta “i discepoli furono chiamati cristiani” (Atti 11,26). Questa grotta è l’unico ricordo del cristianesimo, fiorito ad Antiochia, oggi meta di numerosi pellegrinaggi. Scavata naturalmente nella roccia sul fianco occidentale del monte Stauris, monte della Croce , una delle tre montagne che sovrastano Antiochia, la grotta è lunga 13m, larga 9 e mezzo e alta poco più di 7m. Qui, secondo la tradizione, si riuniva la prima comunità cristiana con Barnaba, Paolo e Pietro che si fermò ad Antiochia per qualche anno (42-48), prima di recarsi a Roma. La tradizione precisa che essa fu donata alla Chiesa dall’evangelista Luca, originario di Antiochia. “In questa grotta, che è la prima cattedrale del mondo racconta padre Domenico Bertogli, religioso cappuccino e parroco della chiesa cattolica di Antiochia come tradizione celebriamo tutte le solennità della Liturgia, tra cui il Natale. Mai come per questa festa il luogo si riempie di fedeli. E non ci sono solo i circa sessanta cattolici che formano la nostra comunità, ma molti fratelli protestanti e ortodossi che partecipano alle nostre funzioni e noi fraternamente ricambiamo”. Ma la cosa forse che colpisce di più padre Bertogli è la presenza dei musulmani: “mostrano molta curiosità verso la religione cristiana. Per questo cerchiamo di distribuire vangeli, libri religiosi ed altri sussidi messi a disposizione anche dai protestanti”. Natale che unisce cristiani e musulmani e che trova riscontro anche nella visita che le autorità politiche della città, in testa il sindaco, fanno alla grotta. “Il cestino di fiori che ci viene donato dall’amministrazione comunale ricorda padre Bertogli viene posto sull’altare durante la messa”. “Questi giorni di festa aggiunge il cappuccino non devono distogliere la nostra attenzione da chi vive in situazioni di difficoltà. Il nostro pensiero corre alle popolazioni della Marmara che nel 1999 hanno visto un grave terremoto e ai poveri della città. A loro la Caritas provvede con degli aiuti materiali. Il vero Natale, infatti, non può dimenticare i poveri”. “Celebrare la nascita di Gesù nella grotta conclude è sempre emozionante e significativo. Questa liturgia notturna tra muri freddi e luci flebili ci fa pensare di essere quegli ‘uomini di buona volontà’ proclamati dagli angeli. Ci si sente quanto mai fratelli e figli di un Dio che continua ad essere amore e misericordia anche per gli uomini di oggi”.
Albania
Le famiglie emigrate
“Il Natale non è ancora arrivato da queste parti. Dopo cinquant’anni di regime comunista molte famiglie non ricordano più neanche cosa sia il presepe”: è la testimonianza di Luciano Levri, missionario marianista che, insieme al confratello Davide Gozzio, dal 1995 opera in Albania. Da circa un anno vivono a Lezhë, nel nord del Paese. “Il Natale spiega il missionario finisce per essere un giorno come gli altri, con i negozi che restano aperti e la gente che fa la solita vita. Abbiamo fatto costruire un piccolo presepe ai ragazzi del catechismo affinché lo portassero a casa. Ci hanno raccontato che molti dei loro genitori non ne avevano mai visto uno”. Le festività sono anche l’occasione per riunire le famiglie albanesi, molte delle quali sono divise dall’emigrazione: “Chi può torna a casa almeno una volta l’anno afferma Levri – ma le famiglie albanesi sono ormai decimate dall’emigrazione, i giovani sono tutti all’estero, moltissimi in Italia. Il preside del liceo di Scutari, ad esempio, mi raccontava che su 100 diplomati lo scorso anno, 88 sono voluti partire per l’Italia. In questo modo è impossibile ricostruire il paese sulle macerie del passato regime”. Per indurre i ragazzi a restare, la diocesi di Lezhë, con l’aiuto dei missionari e grazie a molte offerte che sono giunte dall’Italia, ha realizzato un “centro giovanile” dotato di una biblioteca dove i giovani possono studiare, una sala multimediale per corsi di computer, un campo sportivo. Il centro giovanile è diventato anche occasione di incontro “multiculturale e multietnico”. Infatti, racconta il religioso, “alla fine di settembre l’Albania è stata colpita da una violenta alluvione. La nostra regione ha subito molti danni. In particolare hanno sofferto molto i gruppi di zingari, i cosiddetti ‘magjp’ che vivono nei dintorni di Lezhë: quando siamo andati a portare loro degli aiuti abbiamo scoperto la situazione di profonda povertà ed emarginazione in cui vivono, resa ancora più drammatica dai danni provocati dalle piogge. Abbiamo realizzato una mensa all’aperto per garantire loro un pasto caldo almeno nei primi giorni dopo il disastro e ora abbiamo cercato di coinvolgere i giovani ‘magjp’ nelle attività del centro giovanile. E’ un’esperienza straordinaria perché vede a poco a poco i ragazzi zingari, molti dei quali analfabeti, integrarsi con i loro coetanei, partecipare alle attività comuni, fare amicizia. Credo che se vogliamo che l’Albania abbia un futuro abbiamo bisogno di moltiplicare iniziative come queste”.
Kosovo
A messa anche i musulmani
Sono 2500 i cattolici in Kosovo, 4% di una popolazione di 60.000 abitanti, ora, perché 40.000 persone sono ancora all’estero. Natale qui” dice mons. Marko Sopi, amministratore apostolico della regione è come dappertutto: si fa il presepio in chiesa, si cerca di farlo nelle famiglie”. Ma poi scopriamo che non è completamente vero che Natale qui è come dappertutto: perché la notte di Natale, la chiesa di Prizren è piena per metà di cattolici e per metà di musulmani, che assistono alla messa attratti dal significato di questo “mistero” e affascinati dai canti belli. Così le famiglie cattoliche e musulmane si scambiano gli auguri, come avviene normalmente anche in occasione delle feste musulmane. E il vescovo Sopi, che ha raccolto 1500 euro nel suo recente viaggio in Svizzera, come ogni anno distribuirà questi soldi per le famiglie più povere della diocesi: perché possano preparare un pasto più festoso o comprare le scarpe nuove per i figli.
Russia
Una festa lavorativa
A Mosca il 25 dicembre è giorno lavorativo, perché il Natale si festeggia, secondo il calendario ortodosso, il 7 gennaio quest’anno. Così per i cattolici che studiano o lavorano è persino difficile riuscire ad andare a Messa. Ma la maggioranza dei cattolici si raccoglie per la messa di mezzanotte. “È un natale improntato secondo le tradizioni polacche – racconta Sr. Paoletta, suora italiana che lavora nel cuore di Mosca per una mensa che accoglie 120 barboni ortodossi – con tanti riti e gesti che a noi italiani non sono familiari. Per gli ortodossi il 25 dicembre è ancora tempo di digiuno e di preparazione al Natale; quindi noi festeggiamo il capodanno con i nostri barboni, distribuendo pacchetti con qualche dolce e un po’ di biancheria”. “Perché – reminiscenza del regime sovietico – il capodanno è festeggiato più del Natale. Di solito a Natale il Patriarca ortodosso e l’arcivescovo cattolico si scambiano gli auguri. L’anno scorso però non è più successo. Speriamo in quest’anno!”