SCIENZA E VITA
Revisione della legge 194/78 sull’aborto? Sì, no, forse.
Nel frattempo, presenze “pluraliste” di volontari nei Consultori pubblici, accordo con le Regioni per un monitoraggio sulle interruzioni di gravidanza, richiesta di parere al Consiglio superiore di sanità sulla pillola abortiva, indagine interna al ministero della Sanità per verificare l’applicazione della legge 194 e indagine conoscitiva sull’attuazione della legge sull’aborto da parte della Commissione affari sociali di Montecitorio.
Queste le prime decisioni, prese in seguito all’acceso dibattito in materia di legislazione abortiva che è scaturito negli ultimi tempi e che vede le Regioni direttamente coinvolte.
A quest’ultimo riguardo, infatti, di recente si è verificato l’avvio della sperimentazione della pillola abortiva RU846 da parte dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, mentre numerose analoghe richieste sono pervenute da parte di altre Regioni. Dopo il PIEMONTE hanno avviato la sperimentazione la LIGURIA (azienda sanitaria locale di Savona), mentre sono giacenti al ministero le richieste degli Ospedali San Filippo Neri, San Camillo e Umberto I di Roma e della II Università di Napoli tramite la Regione CAMPANIA.
In TOSCANA, a differenza di quanto avvenuto in altre Regioni, non è stata chiesta la sperimentazione della pillola, ma si è proceduto direttamente all’acquisto della stessa all’estero su richiesta di interventi mirati, senza alcuna sperimentazione: è il caso dell’Ospedale di Pontedera, dipendente dall’azienda sanitaria locale 5 di Pisa, e di altri nosocomi presenti nelle città di Firenze, Viareggio, Pistoia, Empoli, Arezzo e Prato.
Mentre lo scorso 30 novembre, il Consiglio regionale del LAZIO ha respinto una mozione sulla Ru486, la pillola “del giorno dopo”, e sull’applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, durante lo stesso giorno è giunta l’approvazione da parte dell’assemblea legislativa della Regione EMILIA-ROMAGNA di una risoluzione di maggioranza sulla Ru486. Al riguardo, viene invitata “la Giunta regionale ad emanare una corretta informazione sulle modalità di accesso al farmaco nei confronti dei medici e delle strutture ospedaliere che ne facciano richiesta”. Qualcuno ha precisato che la RU486 non è un farmaco, in quanto non è finalizzata al raggiungimento della salute.
Lo scorso 1°dicembre, la Regione LOMBARDIA ha approvato una mozione sul tema della legge 194 (sull’interruzione volontaria della gravidanza).
Il testo, approvato dal Consiglio a maggioranza, invita la giunta a vigilare perché sia tutelata la vita umana sin dal suo inizio, sia dato sostegno alla maternità, al fine di prevenire le interruzioni volontarie di gravidanza, anche promuovendo una campagna di sensibilizzazione nelle scuole.
Nella seduta del 12 dicembre 2005, la PUGLIA ha approvato una mozione che impegna “il governo regionale a seguire l’attuazione di specifiche sperimentazioni farmacologiche con il massimo di garanzia scientifica e con una adeguata azione informativa verso le donne che consenta piena consapevolezza della scelta”.
Il giorno successivo è stata la volta della LIGURIA ove l’assessorato alla Sanità ha firmato una direttiva che permette alle Asl e agli ospedali della Regione, di somministrare la pillola abortiva Ru486, mettendo in pratica quanto approvato nei giorni precedenti dal Consiglio regionale.
In UMBRIA una richiesta di sperimentazione è stata inoltrata alla Regione dall’ospedale di Spoleto. L’assessorato alla Sanità ha scelto di seguire la strada della Toscana, ovvero l’acquisto all’estero della RU486. A tal fine ha convocato i direttori generali delle Asl e i responsabili delle unità operative di ostetricia e ginecologia al fine di “promuovere l’elaborazione di protocolli clinici e organizzativi comuni”. L’obiettivo è di “assicurare alle donne che ne facciano richiesta l’accesso ad un metodo di interruzione volontaria della gravidanza considerato meno traumatico di quello attualmente in uso e altamente sicuro”.
Nella lettera di convocazione si fa riferimento anche alla sperimentazione per dire che non si farà poiché, si legge, “una nuova e ulteriore sperimentazione non porterebbe alcun contributo scientifico innovativo, essendo il trattamento in questione (RU486 ndr) di abituale impiego clinico in numerosi Paesi europei”.
È opportuno ricordare che la RU486 agirebbe facilitando il distacco dell’embrione, inibendo l’ormone della gravidanza e favorendo le contrazioni; il suo impiego, peraltro, ha delle pericolose complicazioni, quali la continua perdita di sangue, la necessità di un raschiamento o la malformazione del feto.
In questo contesto, chiaramente, si inserisce la legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza, che nacque per prevenire l’aborto, ma che risulta ad oggi, anche secondo recenti indagini (secondo la relazione ministeriale sull’applicazione della legge gli aborti nel 2004 sono aumentati del 3,4% rispetto al 2003), fortemente inapplicata proprio nel suo articolo 1:
“Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le Regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”.
(21 dicembre 2005)