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I 1100 anni di Cluny

Europa: ieri la rete delle abbazie oggi i siti

Mille e cento anni fa veniva fondata l’abbazia di Cluny. Il duca d’Aquitania, Guglielmo I, donò, mediante testamento “ai Santi apostoli Pietro e Paolo”, alcuni suoi fondi con una villa acclusa, perché vi fosse costruito un monastero benedettino, indicando anche chi doveva guidare la prima comunità composta da dodici monaci: l’abate di Baume, Bernone.Probabilmente Guglielmo d’Aquitania non aveva idea di che cosa stava iniziando: una delle indicazioni del suo testamento voleva che i monaci avrebbero dovuto dedicarsi soprattutto alla preghiera. Il duca aveva stabilito la nuova via dell’ordine, quella preghiera che era stata posta in seconda battuta rispetto alle occupazioni secolari. Perché in effetti i problemi non mancavano. Gli stessi feudatari che poi si facevano seppellire all’interno dei monasteri benedettini, dopo aver fatto abbondanti donazioni in punto di morte, erano i medesimi che avevano attaccato i possedimenti del monastero. Ma il feudalesimo non era pericoloso per i monasteri solo in quanto bramoso di prendersi i loro possedimenti. Il problema era che quel modo di concepire i rapporti di potere era penetrato all’interno della Chiesa, con vescovi eletti e nominati feudatari dall’imperatore, priori e abati imposti dalla legge del più forte, preti che vivevano tranquillamente more uxorio con figli al seguito. Questo stato di cose non era accettato da tutti. Molti uomini di fede pensavano che la Chiesa dovesse essere libera dai vincoli feudali; soprattutto erano portatori di una convinzione in realtà assai moderna, e cioè che la disciplina dell’anima può governare il corpo, renderlo più sano e libero. E in effetti l’esempio lo avevano proprio alla radice del loro ordine: Benedetto da Norcia aveva scelto le montagne di Subiaco quando poteva fare strada nella corrotta vita politica della Roma del suo tempo. Sarebbe diventato un politicante presto dimenticato. Preferì, tra i dubbi di molti, la fame e l’isolamento, ed è diventato uno dei padri della storia. Quello di Cluny era un tentativo di tornare a quelle origini.Cluny divenne la seconda Montecassino, perché nella sua congregazione confluirono quegli uomini che vedevano la missione della Chiesa svincolata dagli accordi con il potere politico. Sarebbe impensabile pensare a Ildebrando di Soana, poi Gregorio VII, e alla sua strenua opposizione all’influenza imperiale nelle cose religiose, senza l’influsso di Cluny. Nel XII secolo i monasteri cluniacensi erano 314 che, se sommati alle 1.400 abbazie conosciute alla fine di quello stesso secolo, fanno pensare che ci fossero, alle soglie del 1200, circa 10.000 monaci aderenti alla congregazione. Monaci che tornavano alla preghiera, la quale divenne il loro vero e proprio lavoro. In fondo Benedetto era sopravissuto negli anfratti presso l’Aniene pregando.In anni di epidemie ricorrenti, di carestie e di assalti, non restava che ricorrere all’intercessione di coloro che avevano scelto di vivere unicamente a contatto con Dio. Era a loro che si rivolgeva la gente disperata. Era alle loro processioni con le “loro” reliquie che il popolo partecipava in massa. Se la preghiera diveniva il compito essenziale dei cluniacensi, fu facile per i cistercensi rivendicare la vera eredità dell'”ora et labora” del fondatore. Si doveva lavorare, oltre che pregare, cosa che i cluniacensi lasciavano alla servitù e ai salariati, ma non perché non ne avessero voglia. Una volta che le donazioni permettevano di delegare la coltivazione dei campi, in anni in cui lo spirito sembrava aver abbandonato gli uomini di Chiesa, esso tornava al centro della vita monastica. Pregare significava riportare il Regno di Dio sulla terra, voleva dire dare un piccolo assaggio, attraverso la liturgia, dello splendore dei Cieli. Secondo il grande storico Pirenne, Cluny segnò un momento “paragonabile per la sua importanza a quello dei Gesuiti del XVI secolo”. La Chiesa e gli altri monasteri domandarono a Cluny uomini per il rinnovamento del cristianesimo, e Cluny rispose con rigore, riproponendo quell’ascetismo che sembrava tramontato nell’orizzonte del monachesimo in Occidente. Ma la sua storia non è finita: nel 1994 è nata, proprio a Cluny, la Federazione dei siti cluniacensi, finalizzata alla conoscenza degli itinerari legati alla congregazione, con un accordo tra Italia, Germania, Spagna, Svizzera e Inghilterra: 12 siti (presenze storiche, anche solo rovine), sono in Italia, tutti in Lombardia. È il tentativo di ricordare, anche e soprattutto a chi non ha familiarità con la storia, che per alcuni secoli il monachesimo europeo fu praticamente sotto il segno di Cluny, tanto da stimolare la fantasia di molti scrittori, che dall’epoca del Gotic novel fino al “Nome della rosa” hanno favorito l’identificazione del medioevo con Cluny e la galassia di abbazie che gli ruotava intorno.