FIAT POMIGLIANO

In retromarcia?

La Chiesa campana rinnova l’invito al dialogo

“Eravamo tornati a respirare, qualche settimana fa, ascoltando l’impegno della Fiat di investire per rilanciare la fabbrica. Ma in questi ultimi giorni è tornata la paura”. Lo ha detto mons. Beniamino De Palma, vescovo di Nola, in un’intervista a Radio Vaticana, in merito alle ultime vicende che riguardano lo stabilimento campano della Fiat, come la costituzione di una nuova newco. “Credo che i problemi di cui la Fiat debba tener conto siano tre – ha aggiunto il vescovo -. Il primo è che su Pomigliano non si può più discutere, che l’impegno assunto deve essere ora portato avanti, perché ne va del futuro di tutta una Regione, giacché coinvolge 15 mila operai. Il secondo problema che bisogna tener presente è che fra sindacato e azienda va ripreso il dialogo, ma va ripreso con tutti i sindacati e questo per non lasciare nessuno lontano dal tavolo delle trattative. Infine, i sindacati devono ritrovare l’unità al loro interno, perché il futuro del lavoro a Pomigliano dipende anche dall’unità sindacale. Dialogare è sempre un bene, poiché col dialogo si raggiungono tutte le soluzioni: solo con il dialogo, senza alcun sospetto e senza alcun pregiudizio”.

Tensione tra gli operai. “C’è un clima di preoccupazione a Pomigliano perché tra i lavoratori dello stabilimento Fiat, come pure nel sindacato, ci sono molte divisioni. Gli operai aderenti a Fim, Uilm, Fismic e Ugl non dovrebbero avere problemi a firmare il contratto con la new company creata appositamente dalla Fiat per l’azienda di Pomigliano, ma non dobbiamo dimenticare quel 34% che aveva detto no al referendum sull’accordo tra azienda e sindacati. Questo creerà ulteriori tensioni”. A parlare è don Aniello Tortora, direttore dell’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro di Nola (sul cui territorio insiste lo stabilimento di Pomigliano). La newco si chiama “Fabbrica Italia Pomigliano” ed è interamente controllata dalla Fiat e presieduta dall’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne: dovrà rilevare lo stabilimento “Gian Battista Vico” e gestire il rilancio della produzione con l’arrivo della Panda. “Dal canto suo – prosegue il direttore dell’Ufficio diocesano – anche Marchionne si sta irrigidendo un po’. A settembre saranno tutti licenziati e saranno riassunti con il nuovo contratto. O si accetta il nuovo contratto, con le condizioni imposte dall’azienda, o non si lavora. A questo punto tutti dovrebbero essere costretti ad accettare, anche quelli che hanno votato no al referendum, ma si possono ben immaginare le conseguenze anche sociali”.

Caso emblematico. “Per coerenza – sottolinea don Tortora – il 34% che ha votato no al referendum non dovrebbe accettare il nuovo contratto, ma non accettare significa rinunciare a lavorare. Su 5.000 lavoratori, circa 2.000 perderebbero il lavoro. È una situazione perciò di grande tensione, di ansia e divisione tra gli operai. Ma se si deve lottare, lo si deve fare uniti”. A ciò si aggiunge che Marchionne non ha escluso la possibilità che la Fiat decida la “disdetta da Confindustria e quindi dal contratto nazionale dei metalmeccanici alla sua scadenza” nel 2012. A corollario di questa scelta la newco appena costituita non aderirebbe all’Unione industriale campana proprio per evitare di applicare fin da subito il contratto nazionale. “Anche questo fatto – ammette il sacerdote – preoccupa. Marchionne vuole lavorare a briglia sciolte. Insomma, ci vorrebbe un po’ di ragionevolezza da parte di tutti”. Il direttore della pastorale sociale e del lavoro denuncia anche “l’assenza del Governo in questa vicenda, eppure la Fiat sta utilizzando soldi dello Stato e quindi nostri per la cassa integrazione”. Inoltre, “c’è un problema più serio legato alla globalizzazione del mercato: il caso Pomigliano è emblematico rispetto alla flessibilità, alla liberalizzazione del mercato. Siamo di fronte a un’ennesima rivoluzione industriale che fa saltare tutti gli equilibri”.

Riprendere il dialogo. Per don Tortora, “bisognerebbe pensare a cose nuove perché ci sono delle rivoluzioni oggi nel rapporto capitale-lavoro”. Tutto, purtroppo, “è a scapito del lavoratore. Anche gli operai che hanno votato sì al referendum lo hanno fatto perché erano costretti di fronte all’alternativa ‘prendere o lasciare’. D’altra parte, Marchionne sta usando le maniere forti, come dimostra la scelta di andare in Serbia”. Così “il profitto e il libero mercato hanno il sopravvento sulla dignità del lavoratore. Per questo dico che è necessaria ragionevolezza da parte del sindacato che dovrebbe capire le nuove dinamiche di mercato ed essere più unito, l’azienda che dovrebbe essere più attenta all’uomo”. Alla Chiesa “spetta solo di gridare a favore del dialogo, della ragionevolezza, del lavoro, della dignità, poi nelle questioni tecniche deve entrare il sindacato. Comunque sia, la Chiesa sarà sempre vicina ai lavoratori per difendere la loro dignità”. A settembre “ci saranno sicuramente molte lotte a Pomigliano di fronte alle quali la Chiesa potrà essere coscienza critica. Adesso preghiamo il Signore che illumini tutti, per ora è importante che il lavoro sia rimasto a Pomigliano, ma poi si deve riprendere il dialogo sulla vertenza”.