GIOVANNI XXIII E KRUSCIOV

Quel telegramma di auguri

Cinquant’anni fa un segnale storico del ”disgelo”

"In conformità alle istruzioni che ho ricevuto dal signor Nikita Krusciov, mi premuro esprimere le mie congratulazioni a Sua Santità Giovanni XXIII in occasione del suo 80° compleanno, con il sincero augurio per la sua salute e il successo dei suoi nobili sforzi tesi a promuovere e consolidare la pace nel mondo con la soluzione dei problemi internazionali attraverso franche negoziazioni".
È un telegramma che ha fatto storia. Arrivò la mattina del 25 novembre del 1961 a Giovanni XXIII da parte dell’ambasciatore sovietico a Roma. Il Papa proprio in quel giorno festeggiava il compimento dell’ottantesimo anno di età. Espressioni di affetto e di giubilo gli erano arrivate fin dai giorni precedenti da ogni parte del mondo. Quel telegramma da Mosca via Roma giunse inatteso.
Il testo riportato è una nostra traduzione dell’originale, scritto in inglese, così come appare nel libro di Agostino Casaroli "Il martirio della pazienza" (Einaudi) uscito postumo nel 2000. Perché necessariamente a monsignor Casaroli, morto nel 1998, occorre rifarsi per ricordare l’episodio che, sia pure indirettamente, contribuì a favorire, dopo qualche anno e dopo altri timidi ma significativi segnali di distensione, l’avvio di quella che sarebbe stata l’azione di Ostpolitik della Santa Sede, la tessitura dei piccoli passi per recuperare al dialogo i Paesi oltre la cortina di ferro e di cui abile tessitore e principale protagonista fu il "ministro degli esteri del Papa", come venne in seguito chiamato monsignor Casaroli.
La notizia del telegramma di Krusciov a papa Giovanni fece subito il giro degli ambienti vaticani ("L’Osservatore Romano" la pubblicò con qualche giorno di ritardo). Annota Casaroli: "Il meno sorpreso sembrò proprio il Papa, benché meglio di altri egli potesse apprezzare il significato, si può ben dire davvero storico, di un tale atto di cortesia… La risposta che Giovanni XXIII fece subito inviare rispecchiava, insieme, la gentilezza del suo animo e lo spirito religioso che animava tutte le sue azioni".
Altri, in anni più recenti, hanno creduto di scoprire e rivelare dietro il gesto di Krusciov, che giungeva dopo un suo precedente apprezzamento per l’azione del Papa in favore della pace espresso in un’intervista alla Pravda, l’intervento di una serie di personaggi di varia fede politica e religiosa che avrebbero "congiurato" (sia consentita l’espressione in senso benevolo) per spingere il capo del Cremlino a scrivere a Giovanni XXIII.
A noi piace immaginare, sulla scorta delle osservazioni di Casaroli, che le cose siano andate più semplicemente e che Krusciov sia stato contagiato, anche lui figlio di contadini, dalla straordinaria simpatia che Giovanni XXIII aveva suscitato già all’indomani della sua elezione, inaugurando un nuovo corso nel modo di "fare" il Papa e nella strategia della Santa Sede. Una simpatia straripata anche in ambienti tradizionalmente ostili alla Chiesa e motivata da ben più profonde motivazioni. Eloquente Casaroli: "Parve come se un nuovo calore, sprigionandosi da entro le antiche mura del Vaticano, andasse insensibilmente diffondendosi, sciogliendo barriere di ghiaccio che sembravano avere lo spessore di centinaia di metri". Alla "tranquilla forza" del Papa buono, "difficilmente riuscivano a sottrarsi gli stessi avversari più convinti della Chiesa cattolica, quali i comunisti, che dal nuovo Papa non si sentivano respinti, ma guardati benevolmente anch’essi, come figli sbandati, assai lontani e ribelli, ma pure figli".
Krusciov si sarebbe ripetuto l’anno seguente, nel dicembre 1962, con un messaggio di auguri al Papa nell’imminenza delle festività natalizie. Il peggio – la crisi per i missili a Cuba, con minacce di guerra tra Urss e Stati Uniti, risolta grazie anche all’intervento di Giovanni XXIII – era appena passato, ed era cominciato il buono: il grande vento di speranza portato dall’apertura del Concilio.

Due compleanni, meno ricordati, del futuro papa Giovanni
È singolare che il compleanno di un Papa sia passato alla storia e sia ricordato per un telegramma di auguri. Anche se qui tutta la singolarità stava nella personalità del mittente, segretario generale del Pcus (il Partito comunista sovietico) e primo ministro di uno Stato totalitario, ateo e marxista che aveva fatto della persecuzione antireligiosa, in particolare contro la Chiesa cattolica, uno dei cardini della sua politica. Ma di altri compleanni di papa Giovanni, anzi di Angelo Roncalli, abbiamo il ricordo grazie alle sue lettere, scritte con la semplicità che gli era abituale ai suoi familiari. La prima è esattamente di un secolo fa, l’altra è più recente. "Oggi compio i trent’anni". Scrive così, da Bergamo, Angelo Roncalli ai carissimi genitori a Sotto il Monte, esprimendo la sua gratitudine e ringraziando il Signore. E aggiunge: "Perché possiate leggere più facilmente le mie lettere, ho pensato bene di apprendere la scrittura a macchina. Questo è il primo foglio che scrivo e lo mando a voi. Ho imparato bene?". È il 25 novembre del 1911. Il giovane Roncalli è segretario del vescovo di Bergamo, mons. Radini Tedeschi.
Nello stesso giorno e nello stese mese, ma del 1952, dalla nunziatura apostolica di Parigi il nunzio scrive alla famiglia: "Entro nel 72° anno. Siamo alle porte della vecchiaia. Coraggio". E si confida: "So che il Santo Padre mi vuol bene e apprezza l’opera mia oltre i miei meriti: ma per ora non so altro". Di lì a poco Angelo Roncalli sarà nominato cardinale e patriarca di Venezia.
Questi due passaggi fanno parte dell’epistolario di 152 lettere inviate ai familiari dal futuro papa Giovanni in un arco di tempo (1911-1952) denso di avvenimenti: le parentesi di Roma, di Sofia, di Istanbul, di Atene, le due guerre mondiali, gli anni del fascismo e del dopoguerra. L’epistolario, inedito, fu ritrovato nell’abbazia di San Giacomo di Pontida, vicino a Sotto il Monte, e raccolto e pubblicato nel 1993 dall’allora abate Giustino Farnedi.