CONTRASTI

La Mongolia” “ricchissima” “e poverissima

È l’ottavo Paese in via di sviluppo, con un Pil in doppia cifra ed esportazioni in continua espansione. Dispone di un patrimonio ingentissimo in materie prime, ma un terzo della popolazione vive in condizioni di povertà. L’esplosione dei cercatori d’oro, i cosiddetti minatori “ninja”

Oltre ad essere tra le nazioni più ricche del mondo in risorse naturali, la Mongolia è il Paese più giovane. Infatti il 69,5% della popolazione ha un’età compresa tra i 15 e i 64 anni e solo il 4% ha un’età superiore ai 65 – è anche l’ottavo Paese in più rapido sviluppo, con un Pil che nel 2011 ha raggiunto il +17%, sceso nel 2012 al +12,7%, previsto ancora in aumento per quest’anno, mentre le esportazioni sono passate da 3.828 milioni di dollari nel 2011 a 6.947 milioni nel 2012. Si stima che le prime 10 miniere nazionali – soprattutto di carbone, rame, tungsteno, uranio, stagno, nickel, zinco, oro, argento, ferro e terre rare, elementi necessari alla produzione di componenti per l’alta tecnologia civile, militare e aerospaziale – che si trovano in un territorio vasto, ma popolato solo da tre milioni di persone, racchiudano un potenziale da 2.750 miliardi di dollari, che secondo le stime dovrebbe raggiungere gli 11,5 miliardi nel 2015. Oltre tutto questo, ci sono petrolio, in grande quantità e diamanti industriali.

Un terzo della popolazione vive in condizioni di povertà. Repubblica indipendente da quasi un secolo, la Mongolia è l’erede del più grande impero esistito al mondo. Come ha riferito di recente l’Agenzia Fides, era il mese di luglio 2001 quando una compagnia canadese annunciò il ritrovamento di uno dei più grandi depositi di oro in Oyu Tolgoi, in mongolo Monte Turchese. Da quel momento le compagnie minerarie di tutto il mondo si sono dirette verso il deserto di Gobi in cerca di fortuna, provocando enormi dissidi all’interno del Paese. Gran parte della popolazione mongola sta abbandonando il proprio lavoro, finora prevalentemente dedicato alla produzione di cashmere, per cercare un impiego presso le grandi imprese minerarie, o semplicemente per cercare fortuna da soli. Sono infatti sorte centinaia di miniere artigianali, prive delle minime attrezzature tecnologiche, senza alcuna protezione, in condizioni di estremo pericolo. Molti dei cercatori di oro rimangono intrappolati dalle frane. Sono i cosiddetti minatori ‘ninja’, 300mila persone ammaliate dalla prospettiva dell’oro, in un paese che vive in condizioni di povertà estrema. Si calano fino a 15 metri di profondità e altri 15 metri in orizzontale, con corde, senza alcun sostegno tra le rocce, raccolgono sacchi di plastica pieni di sabbia. Mentre uno scava, l’altro separa la sabbia, e il terzo controlla se arriva la polizia. I lavoratori mongoli ricevono 12 euro al mese per lo sfruttamento delle miniere.

Le sfide da affrontare. La Mongolia di recente ha rieletto alla presidenza Elbergdorj Tsakhia, protagonista della rivoluzione pacifica che nel 1990 segnò la fine della leadership comunista. Nel corso del suo primo mandato, ha promosso una dura lotta alla corruzione, stimolando al contempo le riforme liberali e soprattutto gli investimenti stranieri, attratti dalle ricchezze del sottosuolo. La sua leadership, rafforzata con il nuovo mandato, deve confrontarsi con tre elementi. L’opposizione interna, che vuole affermare la difesa ambientale e imporre dei limiti all’invadenza e ai profitti delle società straniere. Le relazioni con i Paesi terzi, Cina e Russia, innanzitutto e con l’Occidente allargato al Giappone e alla Corea. L’ultimo elemento è rappresentato dal problema principale della Mongolia, in quanto la crescita produttiva e commerciale non ha finora generato benefici per la maggioranza della popolazione, che per quasi un terzo vive in condizioni di povertà. Per questa ragione, l’opinione pubblica preme per una più ampia destinazione dei proventi dalle attività minerarie alla promozione dello sviluppo civile e al miglioramento del tenore di vita. Gruppi minoritari, come quello filo-nazista denominato Tsagaan Khass (svastica bianca), agitano il Paese al fine di difendere l’identità nazionale mongola e hanno trovato i loro obiettivi nelle compagnie minerarie straniere, con la motivazione di difendere l’ambiente.