L’invito del vescovo Crociata a politici e amministratori

Latina: la fraternità si sceglie e si costruisce

Nella Giornata mondiale della pace

“Ha senso – è possibile – parlare di fraternità nell’ambito della vita pubblica? E cioè in politica, nell’economia, nell’amministrazione e in tutti gli altri spazi delle istituzioni e della società civile?”. È partito da questa domanda monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, nella messa celebrata, mercoledì 1° gennaio, in occasione della Giornata mondiale della pace, nella quale ha voluto incontrare politici, amministratori e rappresentanti delle istituzioni sociali, civili e militari del territorio pontino. Un incontro nel quale il presule ha consegnato il Messaggio del Papa per la Giornata e un’occasione per creare rapporti “fecondi” con “la società civile e le pubbliche istituzioni”, ad appena quindici giorni dal suo ingresso in diocesi, per un impegno condiviso per il bene comune del territorio.

Questione educativa. “La fraternità è una questione di mentalità, di scelta e di educazione. Bisogna formarsi alla fraternità nella vita sociale, perché essa non è il frutto spontaneo di un po’ di buona volontà o di qualche buona intenzione, nemmeno in famiglia e nella Chiesa”, ha avvertito monsignor Crociata. C’è bisogno “di un’educazione alle regole elementari di una convivenza rispettosa della dignità di ogni persona e c’è bisogno di educare a conoscere se stessi e a riconoscere le proprie passioni negative e disgregatrici come la brama del profitto, la sete di potere e soprattutto l’invidia, che scatta sempre tra pari, cioè tra fratelli”. Occorre, poi, “far crescere la reciprocità”, arrivando “ad aiutare l’altro ad aiutarsi, a fare la sua parte, a darsi da fare, a collaborare. Solo quando si innesca questa reciprocità positiva, si crea fraternità. Il bene fatto sempre unilateralmente, incapace di suscitare collaborazione, spirito di iniziativa, senso della propria dignità e di riscatto, insomma l’assistenzialismo e il favoritismo, esercita potere e dominio sull’altro, crea dipendenza, incapacità di reagire e di dare il proprio contributo, sia in famiglia che nella società”.

Una storia recente. “Il nostro territorio – ha evidenziato il vescovo, facendo riferimento alle vicende pontine – ha in qualche misura una storia recente e accoglie una popolazione di varia provenienza, che si incontra con altra di antichissimo insediamento. Abbiamo dinanzi una situazione che è ancora in qualche misura malleabile, pur con tutte le ipoteche sociali e culturali antiche e recenti”. In questo senso “disponiamo di una opportunità maggiore che altrove: fondare su basi fraterne una società ancora non pervenuta a una identità del tutto amalgamata e coerente. Raccogliamo questa opportunità e proviamo a farla fruttificare. È un compito aperto per la nostra diocesi ed è una sfida straordinaria per chi porta responsabilità istituzionali in qualsiasi ambito. Non perdiamo questa occasione”.

Tre impegni. Monsignor Crociata ha invitato, ciascuno nel proprio ambito di vita e di lavoro, ad accogliere un “triplice impegno”. Innanzitutto, “far crescere in noi e attorno a noi l’atteggiamento di stima nei confronti di chiunque, la magnanimità come capacità di godere del bene altrui, il desiderio di agire in maniera cooperativa, di prestare generosamente collaborazione”. In secondo luogo, “non preoccupiamoci solo della povertà materiale: non perdiamo di vista un altro tipo di povertà, quella relazionale, che produce sofferenze immediatamente non visibili, ma le cui ricadute diventano poi sociali e materiali; ricordiamoci che la qualità della vita non è misurata solo dal reddito e dal benessere materiale, ma non meno dalla possibilità e dalla capacità di stare bene con se stessi, con gli altri e con l’ambiente, positivamente e cordialmente”. Infine, “di fronte a inevitabilmente insorgenti conflitti, di interesse o di visione e di giudizio, adoperiamoci e impariamo a risolverli se non a prevenirli; impariamo l’arte della mediazione e tutte le procedure necessarie per superare e risolvere le tensioni che si producono”. Insomma, “c’è sempre uno sforzo da fare, per uscire da se stessi e aprirsi agli altri: sta qui il dinamismo profondo della fraternità”.

a cura di Gigliola Alfaro