RENE, MIDOLLO, CUORE

Organi in vendita” “E c’è anche” “chi ne stima il valore

Il dibattito a livello internazionale è tutt’altro che chiuso. Gli economisti Gary S. Becker, premio Nobel 1992, e Julio Jorge Elias hanno proposto sul Wall Street Journal di liberalizzare la vendita di reni negli Stati Uniti, stimandone addirittura il prezzo: circa 11mila euro (15mila dollari). Le ragioni etiche, cliniche e giuridiche che spingono a confermare la pratica della donazione

"Rene offresi". "Per gravissimi problemi personali sono costretta a vendere un rene, il midollo o parte del fegato". "Vendo il mio cuore, la somma ricavata andrà alla mia famiglia". Basta navigare un po’ sul web per trovare siti di annunci come soloinaffitto.it dove in vendita non ci sono un telefono o un’automobile usati, ma un organo umano. Il dominio è italiano perché anche in Italia aumentano le persone che sono pronte a vendere parte del proprio corpo, magari sognando cifre da capogiro che in realtà non ci sono. Gli economisti Gary S. Becker, premio Nobel 1992, e Julio Jorge Elias il 18 gennaio hanno proposto sul Wall Street Journal di liberalizzare la vendita di reni negli Stati Uniti e stimandone addirittura il prezzo: circa 11mila euro (15mila dollari). Una cifra modesta calcolata dai due studiosi considerando le giornate di lavoro perse tra espianto e riabilitazione, il rischio per un intervento di chirurgia maggiore e le possibili ricadute in termini di qualità della vita. Con 11mila euro per "rivenditore" secondo i due economisti si potrebbe legalizzare un traffico da cui già oggi si alimenta quel 20% di trapianti che secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) avviene al di fuori dei principi di gratuità e libertà alla base della Dichiarazione di Istanbul del 2008. "L’espianto d’organi – afferma il direttore del Centro nazionale trapianti Alessandro Nanni Costa – può essere fatto solo in ospedale, non in un garage; il trapianto è una catena controllata. Nel mondo esiste il commercio di reni; non si tratta di gente che viene bloccata e operata di nascosto… si deve pensare a ospedali veri e propri che a un paziente, in accordo con le norme di alcuni Paesi, offrono l’organo a pagamento. Per questo la proposta statunitense per noi è pericolosissima e da evitare". Tra economia ed etica. Secondo il duo Becker-Elias dando una compensazione economica sarebbe possibile rispondere alla cronica carenza di reni. In Italia, al 30 giugno 2013, erano 6.507 quanti attendevano di ricevere un rene nuovo, con una permanenza in lista di attesa pari a circa 3,1 anni e 1.486 trapianti effettuati al 31 ottobre (fonte Centro nazionale trapianti). Di questi, 230 (proiezione a fine 2013) provenivano da donatore vivente, il 3,2% (Usa 34%, Regno Unito 16,4%, Germania 9,3%, Francia 5,6%). "La proposta – dichiara Maria Luisa Di Pietro, docente di Bioetica all’Università cattolica del Sacro Cuore – è un’offesa alla dignità umana e al diritto alla tutela della vita e alla salvaguardia della salute, ed è causa di discriminazione. Sarebbe opportuno che chi affronta ogni questione in chiave meramente economica, ricordasse che la persona viene prima delle leggi di mercato e che, se si trova in condizioni di disagio sociale, va aiutata e non ulteriormente penalizzata". Da dibattere vi è poi la natura del bene "rene", se disponibile o indisponibile. "È sufficiente – spiega Di Pietro – la sola esperienza per evidenziare che noi non abbiamo il nostro corpo, ma siamo anche il nostro corpo. Pensare il rapporto corpo-persona nei termini dell’essere e non dell’avere comporta, come logica conseguenza, l’indisponibilità del proprio corpo o di sue parti: si può disporre delle cose, non delle persone". Su questo principio si basa l’impostazione dell’Italia al riguardo della donazione di organi: "Nello spirito delle norme italiane – commenta Nanni Costa – la donazione è atto libero e gratuito, che si sceglie di compiere senza alcun tipo di costrizione della persona, sulla base di una scelta libera. Non solo senza pagamento, ma anche senza che sia mai fatto da una persona in posizione più debole verso una persona in posizione più forte". Pratica immorale. Giovanni Paolo II nel 2000 e Benedetto XVI nel 2008, avevano preso posizione contro la commercializzazione degli organi. Il primo, sottolineando che "risulta moralmente inaccettabile, poiché, attraverso un utilizzo ‘oggettuale’ del corpo, viola la stessa dignità della persona" (discorso al XVIII Congresso internazionale della società dei trapianti, 29 agosto 2000). Il secondo, evidenziando che "eventuali logiche di compravendita degli organi, come pure l’adozione di criteri discriminatori o utilitaristici, striderebbero talmente con il significato sotteso del dono che si porrebbero da sé fuori gioco, qualificandosi come atti moralmente illeciti" (udienza ai partecipanti al congresso "Un dono per la vita: considerazioni sulla donazione di organi", 7 novembre 2008). Accanto alla morale vi sono le criticità di natura pratica e sanitaria, che frenano lo stesso mercato illegale. "Non c’è nessun paziente in lista d’attesa – argomenta Nanni Costa – con uscita sconosciuta negli ultimi due anni. Se mi chiedesse ‘può escludere il fenomeno negli ultimi dieci anni?’ risponderei di no, ci sono casi di pazienti usciti e poi ricomparsi, però ormai anche i pazienti iniziano a sapere che i rischi di una simile pratica sono altissimi. Poi ci sarà sempre il broker o gente che per disperazione tende a vendere se stessa online, ma senza trovare mercato". Mercato, prezzi, broker, un lessico merceologico. "Perché è sbagliato il punto di partenza – chiosa Di Pietro – non si tiene presente che ogni vita umana ha un valore incommensurabile e che non si può consentire di metterne a rischio una a favore di un’altra".