FEDERGAT IN CAMPO
La narrazione assume forma teatrale. E gli attori in scena (80 fra ragazzi, giovani e qualche adulto) finiscono col raccontare (anche) se stessi. È un percorso spirituale oltre che teatrale quello realizzato dalla proposta formativa Federgat, quest’anno alla sua dodicesima edizione, che si è conclusa tra gli applausi con il saggio finale di venerdì 25 luglio” “
La "Fiaba di Tableto e PCinzia", "L’annegato più bello del mondo" (dall’omonimo racconto di Gabriel Garcia Marquez), "Lupus in fabula" e "Storie in viaggio". Quattro brevissimi atti unici e totalmente originali, andati in scena la sera di venerdì 25 luglio, presso il salone dell’Istituto Emiliani di Fognano (frazione di Brisighella, in provincia di Ravenna), sono il risultato della settimana di formazione teatrale che ha coinvolto 80 tra ragazzi, giovani e qualche adulto provenienti da tutta Italia. La favola al centro. Cinque giorni di lavoro intenso, in cui i partecipanti, seguiti da professionisti del mondo del teatro, hanno affondato mani e testa nel complicato magma del racconto e della narrazione di storie. Tema del laboratorio, infatti, era la favola; un punto di partenza chiaro ma anche sufficientemente solido per prendere il largo ed esplorare le sfumature, le variazioni sul tema, le potenzialità immaginifiche delle "storie" che ogni partecipante porta con sé – per formazione, tradizione o Dna – senza perdere la rotta. La luna e il sole. Così, accade di vedere in scena un maturo Ulisse con accento tarantino essere il mentore di un attor giovane adolescente in fuga dalla figura paterna e in cerca prima del vero amore, poi della propria identità: è la "Fiaba di Tableto e PCinzia" (dei ragazzi condotti da Gilberto Colla), in cui gli elementi più classici del melodramma (i riferimenti al cibo, gli inseguimenti amorosi e la natura magica di luoghi fuori dal tempo – che tanto ricordano Shakespeare e Marivaux) vivono nelle opposizioni tra verosimile e assurdo, teatro e metateatro, antico e contemporaneo (con una luna che rimpiange l’appeal romantico ormai perduto e un sole disturbato dal buco dell’ozono, con la fama – facile sia da raggiungere sia da perdere – che è il falso obiettivo, fatale distrazione sulla via della salvezza). Esteban venuto dal mare. Ancora, un secondo gruppo di ragazzi, seguiti da Lorena Nocera, rende in forma teatrale il racconto di Marquez, "L’annegato più bello del mondo", marcando a ritmo di canti popolari scritti e musicati da loro stessi, la vicenda dell’enorme Esteban, annegato venuto dal mare per far ritrovare agli abitanti del villaggio il senso di comunità. Una fune, un catino d’acqua, un ramo alto e lungo e un cappello sono i simboli materiali di una storia che viene consegnata allo spettatore dalle parole e dai gesti dei giovani e delle donne in scena. Un gruppo eterogeneo che trova sorprendente affiatamento nel canone del coro finale. Il lupo cattivo. Si rifà invece a "Cappuccetto Rosso", una delle fiabe europee più popolari, "Lupus in fabula", la pièce in cui protagonista è il "lupo cattivo", visto anche come "lato oscuro" di ogni uomo e rappresentato attraverso maschere rozze, di cartone, realizzate dai ragazzi in scena: ognuno quella del proprio lupo, con le sue caratteristiche, i suoi difetti, la sua espressività. E il percorso di costruzione della maschera, durante il laboratorio, condotto da Francesco Fiaschini, è stato anche un tempo per affrontare le sfaccettature del personaggio: ogni lupo ha particolari paure, difetti, frustrazioni, ma tutti hanno un desiderio, costantemente frustrato dalle favole: mangiare. L’intervento del cacciatore, infatti, garantito da ogni mamma che racconta tutta intera la storia di "Cappuccetto Rosso", tiene al sicuro i bambini e al tempo stesso rende i lupi condannati a restare a pancia vuota. Una favola noir, dunque, che consegna allo spettatore tutti i riferimenti alla psicanalisi di rito. C’era una volta. Infine le "Storie in viaggio" del gruppo condotto da Luigi Arpini ha sviluppato le suggestioni del "c’era una volta", applicando la consueta formula di apertura delle favole alla storia di ciascuno. La foresta oscura di Dante, in cui un ignaro protagonista sembra essersi perso, si sovrappone all’immagine di una stazione affollata, annunci di treni in partenza, valigie, ricordi e sogni: il percorso di ogni uomo è un viaggio, un itinerario di crescita ed educazione. Il valore dell’improvvisazione. La settimana di formazione teatrale residenziale, che la Federgat (Federazione Gruppi Attività Teatrali) organizza da dodici anni, chiama a raccolta ragazzi di tutte le età e di ogni parte della Penisola (le quote di partecipazione sono, infatti, democraticamente accessibili grazie al contributo della Cei) e ha per metodo l’improvvisazione: con l’improvvisazione nascono tutti i materiali che costituiscono la drammaturgia originale del saggio conclusivo. È stato merito dei formatori e della direzione scientifica del laboratorio (a cura di Fabrizio Fiaschini, presidente Federgat, e del Teatro Alkaest) di indirizzare i partecipanti dando loro gli strumenti per ascoltare se stessi e gli altri, riflettere, ed esprimersi attraverso il linguaggio teatrale. Gli enormi saloni e i lunghi corridoi dell’Istituto delle Suore Domenicane di Fognano rappresentano una struttura particolarmente accogliente: in quel silenzio, in quegli spazi vuoti, i ragazzi sono stati liberi di inventare e raccontare, attraverso il teatro, tutti i mondi possibili.