CITTÀ METROPOLITANE/4

Napoli, Bari e Reggio” “si aspettano” “occasioni di sviluppo

Se gli amministratori dei capoluoghi campano e pugliese sono andati alle urne il 12 ottobre per eleggere il consiglio metropolitano, il neo-sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, per fregiarsi del titolo di “sindaco metropolitano” dovrà attendere la scadenza naturale dell’attuale amministrazione provinciale, eletta per un quinquennio nel 2011

Napoli e Bari, alle quali si aggiungerà, nel 2016, Reggio Calabria. Sono le tre città metropolitane del Sud Italia, così definite la scorsa primavera dalla "Legge Delrio" (56/2014). E se gli amministratori dei capoluoghi campano e pugliese sono andati alle urne il 12 ottobre per eleggere il consiglio metropolitano, il neo-sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, per fregiarsi del titolo di "sindaco metropolitano" dovrà attendere la scadenza naturale dell’attuale amministrazione provinciale, eletta per un quinquennio nel 2011.

Napoli: niente voto per i Comuni commissariati. Il capoluogo campano – la cui città metropolitana riunisce 92 Comuni e una popolazione di oltre 3 milioni di abitanti – non è nuovo alla riflessione "metropolitana", tanto che già nel 1958 vi fu un progetto di Piano regolatore intercomunale che interessava oltre 20 Comuni; nel 1964 si parlava di un’area metropolitana formata da 96 Comuni, mentre il Piano regionale di sviluppo del 1990 definiva un’"area napoletana propria" di 34 Comuni e una "d’influenza napoletana" costituita da altri 63 Comuni (appartenenti alle province di Napoli e Caserta). Nel 1994 un comitato tecnico nominato dalla Regione per delimitare l’area metropolitana individuava ben 129 Comuni: i 92 della Provincia di Napoli, ma pure 19 dell’area aversana e 18 del casertano. Nel 1999, infine, la Provincia di Napoli configurava già, in un certo senso, l’attuale assetto, ponendosi essa stessa come "città metropolitana" nel Piano territoriale di coordinamento provinciale. Ora, infine, il passo avanti dettato dalla "Legge Delrio", ma già le prime mosse del nuovo organismo hanno dovuto fare i conti con problemi giudiziari. Nell’hinterland napoletano 7 Comuni, con una popolazione complessiva di oltre 300mila abitanti, sono commissariati, e pertanto esclusi dalle elezioni metropolitane e dalla Conferenza metropolitana: Arzano, Marigliano, Mugnano di Napoli, Cardito, Caivano, Quarto e la popolosa Giugliano. Negli ultimi due, in particolare, lo scioglimento del consiglio comunale è avvenuto per infiltrazioni mafiose. A ciò si è aggiunta la sospensione del sindaco di Napoli, De Magistris, conseguente alla condanna a un anno e tre mesi per abuso d’ufficio ricevuta a fine settembre. Il Tar della Campania lo ha ammesso al voto per il Consiglio metropolitano, ma restava la sospensione dalla carica di primo cittadino del Comune capoluogo, e dunque anche della città metropolitana, provvedimento a sua volta sospeso il 30 ottobre dal Tar, che ha inviato gli atti alla Corte costituzionale per una questione di legittimità costituzionale.

Bari: un "nucleo propulsore" per l’avvio. A Bari la sfida della città metropolitana fa seguito a un dibattito cominciato nel 1990 ma subito arenatosi perché intrecciato a quello della costituzione della Provincia di Barletta-Andria-Trani, che ha visto la luce nel 2004. Ora, istituita per legge, la nuova città metropolitana comprende 41 Comuni e circa 1.250.000 abitanti. Il sindaco ha delegato un consigliere comunale di Bari, Alfonsino Pisicchio, mentre ha proposto l’istituzione di un "nucleo propulsore" – costituito da sindaci e altri rappresentanti istituzionali, affiancati da amministrazione provinciale, amministrazioni comunali e altri soggetti pubblici – per avviare il processo istitutivo della città metropolitana e supportare il neo-eletto consiglio metropolitano nella stesura dello Statuto. Tra i vantaggi che Bari aspetta dall’essere città metropolitana vi è la possibilità di gestire fondi europei in via diretta (si parla di 100 milioni di euro che potrebbero giungere nel capoluogo pugliese degli 893 milioni stanziati dal Programma operativo nazionale per le città metropolitane inserito nella programmazione 2014/2020). Non mancano, tuttavia, tensioni e campanilismi. "Ultimo pomo della discordia – riporta l’osservatorio sulle città metropolitane di ‘federalismi.it’ – è la volontà dell’amministrazione provinciale d’indire gare d’appalto di valenza pluriennale con impegni sul bilancio pluriennale, anche se dal 1° gennaio 2015 la competenza per la gestione delle relative risorse passerà alla Città metropolitana". Mentre alcuni Comuni come Bitonto (dove è sorto un Comitato "No alla città metropolitana"), complice anche l’"imposizione" del sindaco metropolitano, vivono una certa resistenza al loro interno, con il timore di perdere la loro identità e trasformarsi nella "periferia" di Bari.

Reggio Calabria: in attesa del 2016. Da ultimo, un accenno a Reggio Calabria, che si prepara a essere la decima città metropolitana in Italia, con 550 mila abitanti (la meno popolosa) e 97 Comuni. Del capoluogo calabrese non vi è cenno nella legge 142/90; sarà la legge delega 42/2009 ad annoverarlo tra le città metropolitane. E la "Legge Delrio" affronta esplicitamente il caso reggino, precisando (all’articolo 1, comma 18) che "la città metropolitana di Reggio Calabria è costituita (…) alla scadenza naturale degli organi della provincia ovvero comunque entro trenta giorni dalla decadenza o scioglimento anticipato dei medesimi organi e, comunque, non entra in funzione prima del rinnovo degli organi del Comune di Reggio Calabria".