Spagna

Taglio netto all’ora di religione

Il Governo dell’Andalusia intende dimezzare i tempi dell’insegnamento confessionale a scuola. La denuncia di vescovi e insegnanti

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Un nuovo attacco all’ora di religione nell’Andalusia, in Spagna. La Segreteria tecnica dell’insegnamento dei vescovi del Sud della Spagna denuncia l’intenzione del Governo andaluso di abbreviare della metà l’orario attuale dell’insegnamento della religione cattolica a scuola e della sua alternativa di valori sociali. Infatti, il Governo dell’amministrazione dell’Andalusia ha previsto una bozza di decreto e di regolamento che dimezza l’orario di religione da 90 a 45 minuti alla settimana, mentre crea materie nuove che avranno il doppio dell’orario di religione. Si tratta di un tempo assolutamente insufficiente, fanno notare i vescovi, per permettere una minima educazione di qualità. La Segreteria tecnica dell’insegnamento dei vescovi del Sud della Spagna evidenzia fra l’altro che “l’unica materia che perde ore nel curriculum dell’educazione primaria in Andalusia è quella di religione e la sua alternativa di valori sociali”.

Grande preoccupazione. “Queste misure – fa notare la Segreteria tecnica – fanno capire qual è la concezione che l’esecutivo andaluso ha del sistema educativo come strumento per la trasmissione di contenuti e non per il pieno sviluppo della personalità umana (art. 27.2 Costituzione spagnola), poiché dimentica la formazione nella religione e nei valori, così necessaria” anche come risposta all’attuale crisi economica, politica e sociale”. La Segreteria tecnica considera che “questa misura sia una violazione inaccettabile dell’art. 27.3 della Costituzione spagnola che stabilisce che i poteri pubblici garantiscano il diritto che spetta ai genitori affinché i loro figli ricevano la formazione religiosa e morale in accordo con le proprie convinzioni”. Occorre, inoltre, ricordare che “la materia di religione cattolica è richiesta dall’87% dei genitori andalusi a livello di educazione primaria, perciò conta su un amplissimo consenso sociale”. Non solo: la Segreteria per l’insegnamento valuta molto negativamente la perdita di lavoro che comporterà questa misura per i 2.700 docenti che insegnano tale materia in Andalusia e sostiene tutti i mezzi che i professori di religione stanno adottando per la difesa dei loro diritti individuali e collettivi. I vescovi dell’Andalusia richiamano l’Amministrazione andalusa, nella persona della sua presidente, affinché si giunga a un regolamento della materia di religione in una forma rispettosa con il sentire maggioritario dei genitori andalusi e rispettando il lavoro degli insegnanti.

L’amarezza degli insegnanti. Anche il corpo insegnante di religione cattolica, ovviamente, manifesta grande preoccupazione. Purtroppo, fanno notare i professori, il dimezzamento dell’orario è possibile perché la Lomce, la nuova legge educativa spagnola, attribuisce alle amministrazioni educative autonome le competenze per fissare l’orario della materia di religione. I docenti lamentano sia l’inadeguatezza dell’orario sia la precarietà lavorativa che il provvedimento comporterà, con pesanti ricadute sulle famiglie che hanno il padre o la madre insegnante di religione. I professori ricordano anche la campagna informativa, ritenuta negativa e “falsa”, portata avanti da alcuni partiti politici, gruppi e associazioni contrari all’insegnamento della religione nella scuola pubblica, una campagna secondo la quale la religione viene fortemente avvantaggiata dalla Lomce. Al contrario, sottolineano i docenti, questa è la legge più pregiudiziale per il corpo insegnanti di religione tra quelle approvate finora.

Campagna di sensibilizzazione. “Evidentemente pensiamo – sostengono gli insegnanti di religione dell’Andalusia – che tutto questo obbedisca di più a criteri dottrinali, ideologici e politici che pedagogici e didattici e che pregiudicherà la qualità dell’insegnamento pubblico andaluso”. D’altra parte, i docenti non intendono restare a guardare, come il gruppo dei professori di religione di Málaga, che chiedono all’amministrazione educativa andalusa che riconsideri la sua proposta e mantenga lo stesso orario che ha attualmente la materia. A tal fine, annunciano che daranno vita a una campagna di sensibilizzazione e di rivendicazione attraverso diverse iniziative e mobilitazioni per difendere i loro posti di lavoro e i diritti che l’educazione pubblica andalusa deve avere.