Verso Firenze 2015
Monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno: “Siamo arrivati a un punto in cui in questione è l’umano. La scelta del tema dell’educazione nasce sostanzialmente dalla percezione di un mutamento di fondo e, quindi, non risponde a un’esigenza settoriale di assolvere meglio un compito che comunque è importante nella vita dell’uomo, della società, della Chiesa”
“Seminare futuro. La Chiesa di fronte alla sfida educativa”: è il titolo del volume dato alle stampe da monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, che raccoglie i suoi interventi a incontri ecclesiali in Italia nel periodo durante il quale è stato segretario generale della Cei, dal 2008 al 2013. Il libro permette di riflettere ancora una volta sugli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, che hanno per tema “Educare alla vita buona del Vangelo”.
Educare è uno dei cinque verbi individuati dalla Traccia per il prossimo convegno di Firenze: quanto l’educazione può contribuire a un nuovo umanesimo?
“C’è un rapporto intrinseco, direi. Siamo arrivati a un punto in cui in questione è l’umano. Non a caso, in questi anni si è parlato di questione antropologica come questione che vede delle criticità gravi su aspetti essenziali della condizione umana. La scelta del tema dell’educazione nasce sostanzialmente dalla percezione di un mutamento di fondo e, quindi, non risponde a un’esigenza settoriale di assolvere meglio un compito che comunque è importante nella vita dell’uomo, della società, della Chiesa. Mettere l’educare tra i cinque verbi implica una duplice dimensione: la scelta a partire da una motivazione antropologica e una conseguenza sul piano delle prospettive dell’impegno pedagogico”.
L’educazione è oggi soggetta a molte sfide. Come proporre la visione cristiana in modo efficace in un ambiente mediatico e culturale che in gran parte rema in direzione contraria?
“Come ci sta insegnando Papa Francesco si tratta di partire da un approccio positivo, che non è irenistico né cedevole nei confronti di ciò che è essenziale per l’uomo e per il cristiano. C’è un equivoco che quest’atteggiamento positivo dovrebbe dissolvere il più possibile, cioè che la proposta cristiana abbia soprattutto una valenza negativa, mortificante e limitativa rispetto all’umano, mettendo in luce, invece, come essa sia sostanzialmente convergente verso una realizzazione di persona e di vita autenticamente umane. Credo che noi credenti siamo stati e siamo, tante volte, poco coraggiosi, perché dimentichiamo la forza di umanizzazione che ha la fede. D’altra parte, qualsiasi percorso di umanizzazione, se autentico, comporta delle scelte e quindi sacrifici e rinunce, ma per una migliore umanità. Prospettare la positività intrinseca sul piano umano della proposta cristiana è un’opportunità che oggi si offre di fronte a orientamenti, scelte e proposte culturali che solo apparentemente fanno intravedere un’umanità serena, piena, riuscita. In realtà, poi si scontrano con il fallimento, il dolore e la frustrazione, veramente traumatici sul piano umano”.
Oggi si assiste sempre più a un’indifferenza per il bene comune e a fenomeni di corruzione. Quanto l’educazione può aiutare a fermare questa deriva?
“L’educazione è sempre una sfida. Occorre coinvolgere la persona, scommettere sulla sua capacità di presa di coscienza e di scelta di libertà nel senso di un orientamento a valori e a pienezza di vita. Siamo nel mezzo di un dramma che consiste nel passaggio da una società omologante nei valori, e quindi capace di integrare per una condivisione culturale di fondo tendenze varie e divergenti, a una società in cui non c’è più questa capacità di integrazione, di orientamento verso un’unità intorno ad alcuni valori e atteggiamenti di fondo. Siamo in una società della libertà senza criterio. C’è un’omologazione solo nel senso dell’esaltazione di questo radicale arbitrio dei singoli. Non c’è, dunque, un ambiente che aiuta. Oggi c’è il pericolo che chi cresce veda solo questo vuoto assoluto in cui viene coltivata l’illusione di poter fare tutto di se stesso, salvo poi scontrarsi con un fallimento inesorabile. Allora, c’è l’esigenza di creare dei ‘piccoli mondi’ in cui si veda la bellezza di vivere e costruire qualcosa insieme, per guardare al futuro. La vita cristiana ha in questo una proposta significativa da fare perché noi per natura, missione, compito abbiamo il grande patrimonio delle parrocchie, delle comunità, dei gruppi. Questi sono tesori che dovremmo coltivare, creando delle reti, quelle che, nel documento dei vescovi, sono chiamate le alleanze educative. Ormai il mondo di oggi è così variegato, che non solo è una possibilità, ma è una necessità”.
Quale sarà il contributo del convegno di Firenze alla vita ecclesiale e alla convivenza civile del Paese?
“Penso che il convegno costringerà a riflettere sul fatto che oggi è la nostra umanità in gioco. Riuscire a sollevare questo interrogativo è di valore straordinario perché il pericolo maggiore che oggi corriamo è quello di non renderci conto di ciò che sta veramente accadendo: il rischio della perdita dell’umano. Inoltre, il convegno permetterà di far emergere alcune dimensioni costitutive di questo umano, contrastando quell’orientamento all’individualismo che sradica e distrugge l’umanità, come stiamo vedendo a ogni passo. E, infine, sarà un’opportunità straordinaria per mostrare come l’esperienza ecclesiale sia l’alleata naturale, la più forte, per realizzare una vita umana autentica”.