Spagna

“Una politica per la natalità”

Il calo delle culle sembra essersi arrestato. Per ora. Ma le associazioni familiari ricordano la “tremenda crisi demografica” e invocano interventi

Nel 2014 sono nati in Spagna 426.303 bambini, 588 in più rispetto all’anno precedente (+0,1%) il che suppone quanto meno l’interruzione della tendenza decrescente che era iniziata nel 2008 e che ha fatto registrare una diminuzione del 18% nel numero delle nascite negli ultimi cinque anni. Secondo i dati del Movimento naturale della popolazione e indicatori demografici, diffusi dall’Istituto nazionale di statistica (Ine), il tasso di natalità nel 2014 è pari a 9,1 nati per mille abitanti, come nel 2013, per cui la tendenza al ribasso iniziata nel 2008 sembrerebbe per ora fermata.

I dubbi delle associazioni familiari. Il Forum spagnolo della famiglia, l’Istituto di politiche familiari (Ipf), l’osservatorio The Family Watch e la Unione di associazioni familiari (Unaf) hanno però sottolineato che l’aumento dello 0,1% della natalità nel 2014 emerso dai dati del Movimento naturale della popolazione è “insignificante” e “congiunturale”. Inoltre, il presidente dell’Ipf, Eduardo Hertfelder, ha ricordato che i dati della indagine “sono provvisori”, per cui potrebbero esserci fluttuazioni dato che le cifre definitive del 2014 “ancora non sono chiuse”. Hertfelder ha indicato anche che il tasso di figli per donna nel 2014 (1,32, rispetto all’1,27 del 2013) è “molto lontano” dal tasso di ricambio (2,1) e ha evidenziato che mancano all’appello 50mila nascite in più all’anno per assicurare il ricambio generazionale, a seguito della riduzione del numero annuo delle nascite dal 2008 al 2014. D’altra parte, ha attribuito l’aumento dei nati a un miglioramento della percezione della situazione economica che facilita il “prendere decisioni definitive” come lo sono i nuovi matrimoni, i divorzi o l’avere figli. Al tempo stesso, Hertfelder ha negato l’esistenza di un “cambio di tendenza”, sostenendo che non è stato prodotto un cambio nelle condizioni che favoriscono le nascite.

Non ci sono politiche nuove. Sulla stessa lunghezza d’onda, la direttrice generale di The Family Watch, María José Olesti, che ha individuato nella ripresa economica “un fattore importante” affinché le persone “decidano di avere figli”, ma “non è il più importante”. A suo avviso, il fattore determinante per la scelta di avere figli è la stabilità familiare e l’impegno delle coppie. Dal canto suo, il direttore esecutivo del Forum spagnolo della famiglia, Ignacio García Juliá, ha affermato che la sua associazione “plaude” all’aumento del numero delle nascite, però ha sottolineato che è un movimento congiunturale in mezzo a una “crisi demografica tremenda”. Per Juliá, “non c’è nessuna politica nuova a beneficio della maternità e della natalità” che giustifichi un aumento del numero delle nascite e ipotizza che, di fronte alle difficoltà di conciliazione della vita familiare e lavorativa, i livelli di disoccupazione femminile hanno potuto favorire un aumento del numero delle nascite. In ogni caso, ha sostenuto che bisogna aspettare “quattro o cinque anni” per vedere se l’attuale cifra costituisce l’inizio di un cambio di tendenza. Il direttore generale del Forum ha osservato che “la cosa più urgente è rendere attraente la maternità”, che, a suo giudizio, “in Spagna è penalizzata” da una prospettiva sociale. “Noi che abbiamo figli sappiamo che alla fine il bilancio è sempre positivo, anche se all’inizio hai paura perché cominci a pensare al futuro”, ha assicurato. Juliá ha rivendicato la necessità di “un grande patto di Stato” che permetta di adottare politiche che favoriscano la stabilità delle famiglie e che promuovano la natalità. Secondo il direttore generale del Forum, la crisi demografica “è un problema che dovranno affrontare i governi di qualsiasi colore”.

Promuovere la conciliazione. La presidente di Unaf, Julia Pérez, ha invece posto l’attenzione sull’aumento degli indici di povertà infantile. A suo avviso, un aumento di 588 nascite in un Paese di 47 milioni di persone è “a quasi ridicolo”, considerandolo non un vero aumento della natalità, ma il mantenimento dei livelli dell’anno precedente. Pérez ha manifestato la necessità di procedere sulla strada della conciliazione della vita familiare e lavorativa e della corresponsabilità a casa per migliorare le condizioni necessarie per formare una famiglia, che le imprese “non considerino la maternità come un peso” e che si destinino risorse per aiutare le famiglie nella prima fascia di età dei bambini (da 0 a 3 anni) come la creazione di asili nido, per contenere “l’alto costo” che devono affrontare coloro che hanno un figlio durante questo periodo.