CCEE
Si è svolto a Praga il Congresso vocazionale europeo. Sottolineato il ruolo essenziale che può svolgere il contesto familiare
Sono i genitori i primi testimoni, i primi “guardiani” di una vocazione. È il messaggio centrale emerso dal Congresso vocazionale europeo, svoltosi dal 6 al 9 luglio a Praga. Il tema del ventiseiesimo appuntamento continentale, promosso dal Ccee, era “Come accompagnare i giovani al sacerdozio e alla vita consacrata nella famiglia oggi”. L’evento, con quasi 70 partecipanti, tra cui 9 vescovi, ha “permesso il conseguimento di un duplice obiettivo”, come spiega una nota dei promotori: “Favorire, tra gli addetti al lavori, il confronto sulle differenti realtà vocazionali nelle rispettive nazioni” (19 i Paesi rappresentati, compresi gli Stati Uniti), “la condivisione di fatiche e ostacoli, la preghiera per le vocazioni”; e, secondo, “il suggerimento di criteri e orientamenti per il servizio vocazionale”. È emerso in particolare “il desiderio di poter offrire alcuni input di riflessione, da far pervenire ai Padri sinodali, in vista del prossimo Sinodo sulla famiglia”.
Le testimonianze. I giorni del Congresso hanno conosciuto momenti di condivisione e riflessione, ma anche spazi di distensione e respiro culturale, fra cui la visita alla città di Praga con la celebrazione eucaristica presso la Chiesa della Vergine Maria gloriosa, che ospita il Gesù Bambino di Praga. Significativa la testimonianza di fede e di vita portata da un giovane presbitero Ceco, don Kamil Skoda, insieme ai suoi genitori, raccontando la loro esperienza sul tema “Quale influenza può avere la famiglia sulla vocazione sacerdotale”. Durante le giornate di Praga è giunta anche la testimonianza di don Jan Balik, direttore nazionale per la pastorale giovanile della Repubblica Ceca, che si è focalizzato sul “servizio della Chiesa ai giovani nel periodo comunista e la pastorale giovanile” negli anni del regime. Don Filip Hacour, direttore nazionale per la pastorale delle vocazioni del Belgio (area fiamminga), ha offerto una riflessione “sulla realtà della famiglia, dei giovani nel contesto della secolarizzazione”. Tra i relatori anche i coniugi Attilio Danese e Giulia Paola Di Nicola, entrambi saggisti e docenti presso l’Università di Chieti (Italia), i quali hanno proposto una “lettura della situazione socioculturale della famiglia in Europa: criteri e orientamenti per un’educazione alla fede e un’accoglienza vocazionale”. A partire dai alcuni dati sociologici e antropologici, Danese e Di Nicola hanno individuato le ragioni soggiacenti all’attuale crisi del matrimonio e dell’istituzione familiare cosicché – hanno spiegato -, individuate le cause, i giovani possano essere aiutati a ripensare al matrimonio nella qualità e nelle motivazioni di questa scelta”.
Il ruolo dei genitori. Fra gli intervenuti ai lavori di Praga figurano anche mons. Josef Kajnek, vescovo delegato per le vocazioni a nome dall’Episcopato della Repubblica Ceca; mons. Oscar Cantoni, presidente della Commissione Ccee sulle vocazioni sacerdotali (European Vocations Service); don Michel Remery, vice segretario generale Ccee; mons. Nico Dal Molin, segretario della Commissione Ccee-Evs. Un’ulteriore relazione sul tema “Come accompagnare i giovani al sacerdozio e alla vita consacrata a partire dall’attuale contesto familiare”, è stata introdotta da mons. Jorge Carlos Patròn Wong, segretario per i Seminari della Congregazione per il clero. L’intervento di Patròn Wong si è articolato in tre passaggi: il legame fra pastorale familiare e pastorale vocazionale; ciò che è richiesto come contributo alla pastorale giovanile; l’accompagnamento personale ed ecclesiale dei giovani. Per quanto attiene specialmente il primo aspetto, mons. Wong ha ripreso un passaggio della “Familaris Consortio” di Giovanni Paolo II, secondo cui si può fare molto per aiutare le famiglie a divenire “il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio”. Su questo aspetto è stato evidenziato un orientamento fondamentale per la pastorale vocazionale: “I genitori non sono promotori della vocazione dei figli, né progettisti di essa, ma ne sono i primi testimoni, i primi guardiani che vegliano, che incoraggiano e che confermano. Può anche succedere che non siano cristiani, o che resistano, o che non siano d’accordo con la vocazione dei propri figli. Questi atteggiamenti sono la ragione per la quale noi, come animatori della pastorale vocazionale, dobbiamo avere una grande cura del legame con i genitori e con le famiglie dei giovani che incontriamo”.