LE PAROLE DI TAIZÈ

Giovani, riconciliazione e unità

Intervista con frère Alois, successore di Roger Schutz alla guida della comunità ecumenica che ha sede in Francia, fondata 75 anni fa

Taizé: una storia lunga 75 anni. All’inizio fu una novità dirompente sia per l’Europa che per la Chiesa. Un sogno di riconciliazione possibile in un continente lacerato dalla seconda guerra mondiale e in una Chiesa alla ricerca dell’unità. Oggi Taizé è una realtà. Stimata dai leader della chiese cristiane e dai responsabili dell’Unione europea. Apprezzata soprattutto dai giovani che ne fanno una delle loro mete preferite di viaggi e pellegrinaggi. Il 2015 è per la Comunità di Taizé un anno di celebrazioni con tre anniversari importanti: il 12 maggio, frère Roger Schutz, il fondatore, avrebbe compiuto 100 anni e il 16 agosto sarà il 10° anniversario della sua morte. Inoltre quest’anno si celebra anche il 75° anniversario della fondazione della comunità e per l’occasione dal 9 al 16 agosto, migliaia di giovani del mondo intero parteciperanno a un “Raduno per una nuova solidarietà”. Dalla morte di frère Roger, la comunità è guidata da frère Alois. Lo abbiamo intervistato.

Qual è il contributo più prezioso che il carisma di frère Roger ha dato all’Europa, ai giovani e alla Chiesa?
“In questo anno di anniversario per la nostra comunità, noi rendiamo grazie per la vita di frère Roger, il nostro fondatore. Non si tratta di volgere lo sguardo verso il passato ma piuttosto di gioire insieme dei frutti che la sua vita continua a portare. All’indomani della seconda guerra mondiale, l’urgenza era di vivere la riconciliazione tra popoli divisi. L’unità della famiglia umana è stata l’idea-forza della vita di fr. Roger che ha contribuito al processo della costruzione europea proprio per l’accento che ha sempre dato alla necessità della riconciliazione. Riguardo invece ai giovani, il contributo di Roger si fonda su una intuizione fondamentale: non c’è contraddizione tra la vita interiore e la solidarietà umana, al contrario vi è un legame profondo tra le due dimensioni. Preghiera e impegno sono per fr. Roger, le facce di una stessa fede. E infine, per ciò che concerne la Chiesa, il suo contributo più importante resta l’instancabile ricerca dell’unità”.

L’intuizione carismatica di fr. Roger non fu immediatamente compresa dalla Chiesa. Come irrompono nella Chiesa le “novità” dello Spirito santo?
“Il concilio Vaticano II, che è stato un momento essenziale per fr. Roger e per tutta la nostra comunità, ha evidenziato la ricerca dei ‘segni dei tempi’. Non si tratta certo di adeguarsi per forza a tutte le evoluzioni delle nostre società che sono spesso preoccupanti. Quanto piuttosto di essere attenti al mondo di questo tempo per discernervi le ‘spinte dello spirito’, come le chiamava padre Henri de Lubac. Il primo criterio di discernimento deve essere la fedeltà al cuore del Vangelo. In questo senso mi sembra un’intuizione giusta la decisione di Papa Francesco di porre la misericordia al centro del messaggio della Chiesa. La misericordia non implica un ‘Vangelo a buon mercato’. Al contrario: è per noi il cuore del messaggio di Cristo espresso nelle Beatitudini con un trittico caro a fr. Roger: gioia, semplicità, misericordia. Perché dunque sia autentica e all’altezza dei tempi, la nostra risposta alle sfide nuove della nostra epoca, deve essere profondamente ancorata nella fede della Chiesa. Le donne e gli uomini di questo tempo non hanno bisogno di cristiani tiepidi che edulcorano la radicalità evangelica per accomodarla alle contraddizioni del tempo, ma al contrario di credenti che sanno andare alle sorgenti della fede e aiutano a scoprire l’essenziale”.

Qual è oggi il “segreto” del successo di Taizé soprattutto tra i giovani?
“Non parlerei di successo ma del mistero di un incontro che sorprende ancora. Ciò che i giovani vivono da noi è esigente con le preghiere comuni tre volte al giorno, le introduzioni bibliche quotidiane, le condivisioni in piccoli gruppi. Ciò nonostante i giovani sembrano felici di venire. Mi sembra di poter dire che molti ci fanno visita perché sono abitati da una reale sete spirituale. Pongono domande essenziali. E dietro al carattere gioioso degli incontri, noi raccogliamo spesso la loro sofferenza, la mancanza di un orientamento. I giovani hanno bisogno di persone che li ascoltano. Se si sentono accolti come sono, allora i loro orecchi e il loro cuore possono aprirsi al Vangelo”.

Come risponde Taizé all’invito di papa Francesco ad essere “Chiesa in uscita”?
“Questo appello costante di papa Francesco a superare i limiti visibili della Chiesa per mettersi in cammino verso tutti coloro che non ne fanno parte, ci dà gioia. Chiede di rinnovarci costantemente in una sorta di decentramento. Mettendomi in ascolto dei giovani, mi rendo sempre più conto che occorre mettere in atto nuove solidarietà per affrontare nuove forme di povertà che sono oggi legate allo spostamento forzato delle popolazioni, alle catastrofi ecologiche, alle ineguaglianze, alla disoccupazione di massa, alle violenze di ogni tipo. Un’altra periferia invisibile presente nelle nostre società è la solitudine. Evocheremo tutte queste sfide nel nostro incontro di metà agosto con migliaia di giovani del mondo intero”.