CCEE-MIGRAZIONI

I muri? No in un’Europa civile

Il cardinale Bagnasco è vice presidente del Ccee. A Gerusalemme analizza il fenomeno dei profughi e parla del prossimo Sinodo sulla famiglia

Migrazioni e persecuzioni dei cristiani: sono fra i principali temi che hanno fatto da sfondo all’assemblea plenaria dei vescovi e cardinali presidenti delle Conferenze episcopali europee (Ccee) in Terra Santa (11-16 settembre). Un evento storico, poiché è la prima volta che i vescovi, presidenti di 35 Conferenze episcopali in rappresentanza di 45 Paesi europei, si ritrovano nella terra di Gesù per la loro assemblea annuale. “Siamo qui per dare un segnale umile, discreto ma concreto di vicinanza, di ammirazione e gratitudine per la Terra Santa – spiega a Daniele Rocchi e Gianni Borsa, di Sir Europa, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana – di grande stima per i cristiani che qui vivono e presidiano i luoghi santi cari a tutta l’umanità, cattolica e cristiana, e che sono in forte difficoltà. Tornare alle radici della nostra fede cristiana è una grande grazia che noi vescovi riceviamo”.

Ha citato le comunità cristiane in grande difficoltà e il pensiero corre anche a quelle perseguitate in Siria e in Iraq. Ancora domenica, all’Angelus, Papa Francesco ha voluto ricordare la “testimonianza di tanti fratelli e sorelle nostre, giovani, anziani, ragazzi, bambini, perseguitati, cacciati via, uccisi per confessare Gesù Cristo”. È possibile fermare queste persecuzioni e come?
“Intanto con la preghiera, come Papa Francesco ci invita a fare. In secondo luogo è necessario che riflettori del mondo e dei media non si spengano su questa tragedia continua della persecuzione religiosa ed etnica. Altro punto importante è aiutare i cristiani a non essere costretti ad abbandonare il proprio Paese aiutandoli sul piano dei bisogni, come casa, lavoro, istruzione. Non è facile ma è un aiuto concreto”.

La Cei a riguardo ha promosso diversi progetti…
“La Chiesa italiana recentemente ha stanziato circa due milioni di euro per permettere a 1400 bambini figli di rifugiati cristiani accolti in Giordania di tornare a scuola. I vescovi di qui mi riferiscono che è stato un grande segno di incoraggiamento anche per i genitori la cui vita riprende una certa normalità nel vedere i figli in classe”.

Tornando alle persecuzioni, preghiera e solidarietà di certo non bastano per fermarle. Servirebbe un impegno maggiore, concreto, da parte della comunità internazionale, non crede?
“La cosiddetta comunità internazionale a mio avviso, se volesse, potrebbe mettere la parola fine. Non attraverso particolari azioni di forza ma per mezzo di altri canali. Intendo dire che se si isolassero coralmente tutti i soggetti tirannici e violentatori che sono contro le libertà e la vita di tanta gente, con una continua condanna morale, ripetuta e universale – tagliando nel contempo ogni rapporto commerciale – io credo che le cose potrebbero cambiare”.

Stiamo assistendo a un vero e proprio esodo di massa di migranti verso l’Europa. Crescono i muri… Il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrint, ha denunciato nei giorni scorsi il “fallimento totale” dell’Ue nella difesa dei suoi confini esterni, sollecitando l’applicazione di misure urgenti per arrestare l’afflusso record di migranti dal Medio Oriente…
“Cosa significa che l’Europa non ha saputo difendere i suoi confini esterni? Vuol dire forse che si dovevano erigere muri o fili spinati? Non è questa la logica di un’Europa civile! Inutile che si aspetti in Europa che questo fenomeno si dissolva. Il Sud del mondo si è messo in movimento verso uno spiraglio di vita migliore e nessuno lo fermerà. Per questo vado ripetendo che non solo l’Europa deve muoversi – e si è mossa molto tardi -. Ricordiamo che l’Italia è stata la prima che si è mobilitata, con grande generosità, e meglio che ha potuto. Ma anche l’Onu deve prendere seriamente in considerazione il fenomeno a livello internazionale”.

Questi giorni sono serviti ai vescovi anche per incontrare tante famiglie delle comunità locali e ascoltare i loro bisogni, aggravati dai conflitti locali. Fra poco meno di un mese si svolgerà il Sinodo ordinario sulla famiglia che sta suscitando molte attese. Che cosa realisticamente possiamo aspettarci da questo evento?
“Il Papa ha raccolto e dato forma alle preoccupazioni di tutti i suoi vescovi e pastori. Ci si domanda infatti come mai i giovani fanno fatica a sposarsi: sembra che abbiano quasi paura a creare una famiglia. E come mai i legami affettivi sono spesso tanto fragili? Perché ci sono così tante divisioni, separazioni, divorzi? Come è possibile aiutare di più e meglio l’educazione affettiva, che ormai deve cominciare prestissimo? Un’educazione che avvenga in modo corretto e non distorto come si vorrebbe, e mi riferisco alla teoria del gender… Questi sono i problemi di fondo del Sinodo, durante il quale affronteremo anche altri temi – come già fatto nella prima parte del Sinodo – in modo sereno e leale insieme al Santo Padre”.