INCONTRI CON RIVLIN E ABBAS
I Vescovi europei hanno incontrato i Presidenti di Israele e Autorità palestinese. Il ruolo essenziale del dialogo e del mutuo rispetto
Il 15 settembre il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), il 16 settembre quello israeliano Reuvén Rivlin. I vescovi presidenti delle Conferenze episcopali europee (Ccee) hanno voluto chiudere la loro assemblea-pellegrinaggio in Terra Santa (11-16 settembre) salutando le massime cariche istituzionali di Israele e Palestina. Pace, giustizia, dialogo, rispetto dei diritti e esodo dei cristiani, sono stati alcuni degli argomenti toccati nel corso dei due incontri nei quali sono risuonate le attese e le sofferenze della minoranza cristiana, ascoltate dai vescovi nei giorni trascorsi tra la Galilea, Gerusalemme e Betlemme. “Siamo venuti dall’Europa per imparare, per incontrare la fede dei fratelli e per rinforzare i legami della comunione tra di noi”, aveva dichiarato, il 14 settembre, il cardinale Péter Erdõ, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa durante la cena con 5 consoli di Paesi europei (Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Belgio) accreditati a Gerusalemme, altro momento istituzionale del pellegrinaggio. “Dobbiamo esprimere pure la nostra piena solidarietà con i cristiani che sono oppressi e perseguitati in qualsiasi parte del Medio Oriente e del mondo intero”, aveva affermato il presidente Ccee. “La piena liberta religiosa è un pilastro centrale dell’insieme dei diritti umani”. Temi che sono ritornati anche con Abu Mazen e Rivlin.
A Ramallah. “Auguriamo di cuore all’intero popolo della Palestina di potere sviluppare le proprie forze creative in viva collaborazione con i popoli d’Europa”. È stato l’auspicio espresso dal card. Erdõ, salutando a Ramallah il presidente dello Stato di Palestina, Mahmoud Abbas (Abu Mazen). “In questi giorni i rappresentanti dei vescovi cattolici di 45 Paesi d’Europa si sono incontrati qui in Terra Santa – ha detto il cardinale -, abbiamo trattato delle gioie e delle sofferenze della Chiesa cattolica nei diversi Paesi in Europa. Abbiamo parlato di diversi tipi di crisi, della fede che ci dà speranza e ci indica la strada giusta per la convivenza nella società umana”. Il presidente del Ccee ha ricordato l’incontro con “alcune comunità cristiane, persone e famiglie con tanti bambini, e il popolo di questa terra” cui “abbiamo espresso la nostra vicinanza e il nostro, che è anche il loro, desiderio di giustizia e di pace”. “Preghiamo per la pace in Palestina e in tutto il Medio Oriente. Da questa pace dipende in misura notevole anche il futuro dei popoli e della cultura d’Europa” ha concluso il cardinale Erdõ. Dal canto suo il presidente palestinese ha ribadito l’impegno per la pace, per il rispetto dei luoghi santi sottolineando la presa di distanza dagli estremismi religiosi.
A Gerusalemme. “Questa visita è un’occasione per noi per compiere un pellegrinaggio religioso. In questa terra, noi veniamo nel luogo in cui Gesù, nostro maestro e Signore, visse. E qui noi incontriamo inoltre i popoli a lui legati, e ai quali siamo indissolubilmente legati, dall’inizio e per sempre”. Con queste parole il card. Erdő ha quindi portato il saluto dei vescovi europei a Reuvén Rivlin, presidente di Israele. “In questi giorni, abbiamo espresso la nostra vicinanza ai cristiani della Terra Santa”, ha affermato Erdő; abbiamo ammirato il dinamismo e la modernità dello Stato di Israele e del suo popolo, e abbiamo riflettuto sulle nostre esperienze di dialogo interreligioso”. Il cardinale ha spiegato che la plenaria ha consentito di condividere le esperienze pastorali in diversi Paesi, “dall’Irlanda alla Russia, dalla Turchia alla Norvegia”. “Se noi siamo preoccupati per quei cristiani che sono perseguitati in varie parti del mondo, allo stesso tempo cerchiamo il modo migliore di esprimere la nostra solidarietà verso tutti coloro che sono nel bisogno”, ha aggiunto il presidente del Ccee. “La conoscenza e la comprensione reciproche sono le cose più importanti per relazioni pacifiche e costruttive tra popoli di diverse culture e religioni. Per questo, crediamo che sia importante che nei nostri Paesi i cristiani, e la società in generale, costruiscano una visione realistica e condivisa della storia del popolo ebraico e di Israele. Allo stesso tempo, siamo coinvolti in un sincero dialogo con la storia e sulla questioni fondamentali dell’esistenza umana. Gli ideali tradizionali dell’eredità culturale giudaico-cristiana sono ancora rilevanti e preziosi per tutta l’umanità oggi”. Il cardinale ha quindi ringraziato il Presidente Rivlin per la sua visita al Papa dello scorso 3 settembre, e per l’apertura mostrata per la soluzione di “diversi problemi pratici”. “Abbiamo compreso – ha aggiunto – le preoccupazioni dei nostri compagni cristiani che vivono nella Terra Santa, e speriamo che lei possa trovare appropriate soluzioni a questi problemi, specialmente nel campo dell’educazione”. Infine: “Auguriamo pace e prosperità al popolo di Israele, alla Terra Santa, e a tutto il Medio Oriente”. Nel suo saluto iniziale il presidente Reuvén Rivlin ha ricordato la lotta contro il terrorismo perché “nessuno, ebreo, cristiano, musulmano o altro fedele possa avere timore di mostrare la sua fede. Gli ebrei sanno che significa nascondere la propria fede per la paura e accade ancora oggi”, ha aggiunto, riferendosi all’antisemitismo rinascente in molti Paesi. “Israele è uno Stato ebraico e democratico. Siamo orgogliosi che qui le comunità cristiane godono di piena libertà religiosa e non hanno paura per la loro vita”. Rivlin ha condannato gli attacchi vandalici contro i luoghi di culto cristiani, l’ultimo a Tabgha. “Un attacco a qualunque luogo di culto è un attacco a tutti noi. È compito di ognuno lottare contro fondamentalismo ed estremismo per favorire il mutuo rispetto e comprensione come riporta la ‘Nostra Aetate’, che ha aperto la strada a un reale e giusto dialogo. Siamo fatti tutti a immagine e somiglianza di Dio senza distinzione di razza o religione. Un messaggio che tutti dobbiamo ricordare”.