DAL 15 SETTEMBRE 1965

Sinodo, 50 anni di cammino insieme

Ha lo scopo di favorire l’unione e la collaborazione dei vescovi di tutto il mondo con la Sede apostolica, mediante uno studio comune delle condizioni della Chiesa e la soluzione concorde delle questioni relative alla sua missione. Nato dopo il Vaticano II, non è né un concilio né un congresso

Compie 50 anni Il Sinodo dei Vescovi. Era il 15 settembre 1965 quando il papa Paolo VI accolse il desiderio dei Padri del Concilio Vaticano II di mantenere vivo l’autentico spirito formatosi dall’esperienza conciliare. Il Papa stesso delineava la fisionomia del Sinodo come un’istituzione della Chiesa che ha lo scopo di favorire l’unione e la collaborazione dei vescovi di tutto il mondo con la Sede apostolica, mediante uno studio comune delle condizioni della Chiesa e la soluzione concorde delle questioni relative alla sua missione.
Nato dopo il Vaticano II, il Sinodo non è né un concilio né un congresso. Papa Francesco ha recentemente precisato: “non è un parlatorio, non è un parlamento o un senato, dove ci si mette d’accordo” (Discorso del 5 ottobre 2015). Il significato originario della parola è molto evocativo: “syn-hodos” significa “camminare insieme”. Camminano insieme i vescovi con il Papa, secondo la collegialità episcopale.
Dagli inizi ad oggi ci sono state: 14 assemblee generali ordinarie; 3 assemblee generali straordinarie; 10 assemblee speciali a cui ha partecipato un’ampia rappresentanza di vescovi appartenenti ad una precisa area geografica per discutere argomenti relativi al loro continente. Tutti i vescovi della Chiesa con a capo il vescovo di Roma, successore di Pietro, “perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità” (Lumen Gentium, 23) dell’episcopato, formano il collegio, che succede a quello apostolico con a capo Pietro. La solidarietà che li lega e la sollecitudine per l’intera Chiesa si manifestano in sommo grado quando tutti i vescovi sono radunati “con Pietro e sotto Pietro” nel concilio ecumenico. Tra il concilio e il sinodo esiste, evidentemente, una differenza qualitativa ma, ciò nonostante, il sinodo esprime la collegialità in maniera altamente intensa, seppur non uguale a quella realizzata dal concilio.
Nelle assemblee sinodali dai rispettivi pastori delegati vengono rappresentate le singole chiese locali di tutti i continenti. Già durante la fase preparatoria esse vengono consultate e la loro esperienza della vita di fede viene poi portata dai vescovi all’assemblea. Rispetto a quelli precedenti, la novità dell’ultimo Sinodo – dedicato all’identità e alla missione della famiglia – è stata l’ampia consultazione che lo ha preceduto. Non solo i vescovi, ma l’intero popolo di Dio è stato ascoltato mediante due ricchi questionari. Nel corso dell’assemblea, poi, avviene lo scambio delle notizie e dei suggerimenti; infine, alla luce del Vangelo e della dottrina della Chiesa sono delineati orientamenti comuni che, una volta sigillati con l’approvazione del Successore di Pietro, vengono riversati a beneficio delle stesse chiese locali perché la Chiesa intera possa mantenere la comunione nella pluralità delle culture e delle situazioni.
Come sono scelti gli argomenti dei Sinodi? S. Giovanni Paolo II aveva chiarito i criteri. Il tema deve avere: un carattere universale, cioè riguardante tutta la Chiesa; un carattere di attualità e di urgenza; un senso positivo, cioè capace di suscitare energie nuove e di far progredire la Chiesa; un aspetto e un’applicazione pastorale, oltre una solida base dottrinale. Infine, deve poter veramente essere messo in pratica.
Cinquant’anni di Sinodo hanno avuto ricadute positive sulla vita delle singole diocesi nel mondo; è stato, infatti, incoraggiato a livello locale il movimento sinodale, come risulta dai numerosi sinodi diocesani, provinciali o nazionali.