IL SINODO 50 ANNI DOPO

Nella sinodalità la Chiesa del terzo millennio

Francesco ha ribadito la necessità e l’urgenza di una ”conversione del papato” e ha auspicato una valorizzazione delle Chiese particolari, verso una ”salutare decentralizzazione”. E ancora: ”Non è opportuno che il Papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori”. Maggiore luce, nella chiesa sinodale, al primato petrino

Nel discorso di commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, pronunciato in Aula Paolo VI davanti ai 270 padri sinodali riuniti in Vaticano per il Sinodo ordinario sulla famiglia, Papa Francesco ha tracciato l’identikit della Chiesa del terzo millennio, chiamata a servire il mondo “anche nelle sue contraddizioni”. La Chiesa è “tutta sinodale”: è una piramide capovolta dove al vertice c’è il Papa, che “non sta da solo, al di sopra della Chiesa” ma dentro di essa come “battezzato tra i battezzati”. Facendo sue le parole di Giovanni Paolo II e rinnovando l’invito contenuto nell’Evangelii Gaudium, Francesco ha ribadito la necessità e l’urgenza di una “conversione del papato” e ha auspicato una valorizzazione delle Chiese particolari, verso una “salutare decentralizzazione”. Perché “una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto”, in primo luogo del santo popolo di Dio. Non è mancato un invito, rivolto ai padri sinodali e ai vescovi in genere, a “saper attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell’opinione pubblica”. “Il popolo di Dio è santo”, perché “il gregge possiede un proprio fiuto per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa”. Ne è convinto il Papa, che nel discorso per il 50° del Sinodo ha ricordato che “il sensus fidei impedisce di separare rigidamente tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens”. “È stata questa convinzione a guidarmi quando ho auspicato che il popolo di Dio venisse consultato nella preparazione del duplice appuntamento sulla famiglia”, ha rivelato Francesco. “Come sarebbe possibile parlare della famiglia senza interpellare le famiglie, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce?”, ha detto riferendosi ai due questionari inviati alle Chiese particolari nel percorso intersinodale. “Valorizzare” le Chiese particolari per procedere a una “salutare decentralizzazione”. Citando gli “organismi di comunione” delle chiese locali, il Papa ha spiegato che “il primo livello di sinodalità si realizza nelle Chiese particolari”, da valorizzare “come momenti di ascolto e condivisione”: “Soltanto nella misura in cui questi organismi rimangono connessi col ‘basso’ e partano dalla gente, dai problemi di ogni giorno, può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale”. Il secondo livello di sinodalità è quello delle Province e delle Regioni ecclesiastiche, dei Concili particolari e “in modo speciale” delle Conferenze episcopali: “Dobbiamo riflettere per realizzare ancor più le istanze intermedie della collegialità, magari integrando e aggiornando alcuni aspetti dell’antico ordinamento ecclesiastico”, la proposta del Papa, secondo il quale “l’auspicio del Concilio che tali organismi possano contribuire ad accrescere lo spirito della collegialità episcopale non si è ancora pienamente realizzato”. “Procedere in una salutare decentralizzazione”, la direzione tracciata da Francesco: “Non è opportuno che il Papa sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori”. “In una Chiesa sinodale, anche l’esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce”. “Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come battezzato tra i battezzati e dentro il Collegio episcopale come vescovo tra i vescovi, chiamato al contempo – come successore dell’apostolo Pietro – a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell’amore tutte le Chiese”. “La sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico”. Il cammino sinodale, infatti, “culmina nell’ascolto del vescovo di Roma, chiamato a pronunciarsi come ‘Pastore e Dottore di tutti i cristiani’: non a partire dalle sue personali convinzioni, ma come supremo testimone della fides totius ecclesiae, garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa. Il fatto che il Sinodo agisca sempre cum Petro et sub Petro – dunque non solo cum Petro, ma anche sub Petro – non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell’unità”. Alla fine lo “sguardo” del Papa si è allargato “all’umanità”: “Una Chiesa sinodale – le sue parole – è come vessillo innalzato tra le nazioni in un mondo che – pur evocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica – consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere”. “Come Chiesa che ‘cammina insiemè agli uomini, partecipe dei travagli della storia – ha concluso Francesco – coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell’autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità generando un mondo più bello e più degno dell’uomo per le generazioni che verranno dopo di noi”.