Elezioni
Zbigniew Nosowski, intellettuale cattolico, direttore della rivista e del laboratorio “Wiez”: “La politica nel nostro Paese da 10 anni si trova in una tenaglia di due partiti nati dal movimento di Solidarnosc che però sono divenuti fra loro nemici mortali”. E ancora: “La Chiesa come tale non ha ancora trovato il proprio posto nella democrazia polacca”
“Si sa chi vincerà le elezioni di domenica, ma non si può ancora dire chi governerà la Polonia”: Zbigniew Nosowski, intellettuale cattolico, direttore della rivista e del laboratorio “Wiez” che dal 1958 costituisce il centro di riflessione socio-politica e religiosa fra i più stimati del Paese, è lapidario rispetto al voto del 25 ottobre. Nosowski attraversa il labirinto della scena politica polacca dove il primato è conteso da due grandi partiti: Piattaforma civica (Po, attualmente al governo), Diritto e giustizia (PiS, all’opposizione). In lizza anche una serie di partiti minori. “L’esito delle elezioni è un punto interrogativo poiché il PiS, dato per vincente, può trovarsi senza partner necessari a formare una compagine governativa”, spiega Nosowski interpretando i sondaggi che danno come sconfitta l’attuale coalizione formata da Piattaforma civica, fino a poco tempo fa guidata dall’attuale presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, e dal partito dei contadini e agricoltori Psl, ormai considerato fuori dal Parlamento poiché al di sotto della soglia di sbarramento del 5%.
Gli otto partiti e coalizioni politiche che domenica si disputeranno i voti degli elettori sono rappresentativi per la società polacca?
“Penso che la politica polacca sia caratterizzata dalle stesse debolezze della politica europea: mancanza di visione, scarsità di statisti e gioco al ribasso. È anche piuttosto lontana dalla società nel suo insieme. La democrazia polacca, nonostante sia stata così fortemente voluta e sognata, è tutt’ora debole, e molte persone non esercitano il loro diritto di voto. Molte altre invece, non trovando un partito con cui identificarsi, scelgono quello che sembra il male minore. La politica nel nostro Paese da 10 anni si trova in una tenaglia di due partiti nati dal movimento di Solidarnosc che però sono divenuti fra loro nemici mortali. A causa di una lotta estenuante, queste formazioni hanno avuto una drammatica evoluzione negativa. Il partito attualmente al governo, nato come liberal-conservatore, è diventato un gruppo di tecnocrati che governano senza ideali, mentre il PiS da partito conservatore di destra si è trasformato in una formazione che strumentalizza il linguaggio cattolico-nazionalista”.
E i cittadini che non votano? Corrispondono a una “terza forza” politica? Saranno in molti a disertare i seggi domenica prossima…
“Quelli che non votano non hanno ragione, questo è il principio della democrazia. Il gruppo degli astenuti in Polonia è piuttosto stabile nel tempo. Non mi sembra però che quelle persone siano un potenziale strumento di cambiamento. Per formare e rendere salda la democrazia ci vogliono parecchie generazioni. In Polonia, negli ultimi secoli, l’attaccamento alla nazione si esprimeva attraverso la protesta contro le istituzioni dello Stato che si riteneva fossero strutture imposte dall’esterno’, mentre l’identità dei polacchi era fondata sulla lingua, la famiglia e la Chiesa. Così si è radicato il modo di pensare secondo cui la società siamo noi’, mentre gli organi del potere sono loro’. Specialmente durante il periodo comunista si era diffusa la concezione secondo la quale tutta la società civile fosse contro il potere istituzionale”.
La Chiesa è stata uno degli elementi d’identità nazionale dei polacchi. Qual è il suo ruolo ora?
“Direi che la Chiesa come tale non ha ancora trovato il proprio posto nella democrazia polacca. Questo perché è ancora forte il mito degli anni 80 quando essa abbracciava con il suo patrocinio tutte le iniziative indipendenti. Tutt’ora due terzi dei polacchi si fidano della Chiesa che è quindi un’istituzione molto importante. In Polonia le chiese si svuotano molto più lentamente che altrove, e così alcuni gruppi politici usano una certa retorica cattolica per guadagnare consensi. Oggi il PiS sta tentando di presentarsi come partito cattolico e a questo scopo sfrutta il consenso di una fetta dell’episcopato. Questo però è molto pericoloso, e penso che i vescovi se ne siano accorti poiché durante l’attuale campagna elettorale hanno dato molti segnali per sottolineare l’indipendenza della Chiesa. In Polonia c’è la richiesta che la Chiesa si esprima con forza in questioni pubbliche ma, al contempo, si disapprova un eventuale ruolo politico della Chiesa stessa inteso come sostegno a uno dei partiti”.
Il PiS, partito favorito per la vittoria, è visto come formazione poco europeista. Tale valutazione corrisponde alla realtà?
“In Polonia, come in altri Paesi post-comunisti nuovi membri dell’Ue, la soddisfazione di appartenere all’Europa, di poter viaggiare e lavorare all’estero, è molto alta. Ma l’appartenenza all’Europa da parte della maggioranza dei polacchi è percepita come dovuta… Inoltre, molti polacchi sono convinti che oggi i Paesi europei più forti non ci trattino alla pari. Su questi sentimenti il PiS ha costruito il suo linguaggio elettorale. Penso tuttavia che qualora quel partito giungesse al governo, la responsabilità politica farebbe nascere un necessario senso di appartenenza all’Unione europea”.