ACCADE IN PUGLIA

L’azienda è in crisi? I lavoratori la rilevano mettendosi in proprio

È un’iniziativa promossa dalla Regione Puglia per non disperdere professionalità e dare una chance a lavoratori in mobilità o in cassa integrazione, donne, giovani, precari e disoccupati, che vogliono avviare una microimpresa. La Regione eroga fino a 120mila euro (metà a fondo perduto, metà con un prestito). Interessato anche il Progetto Policoro della diocesi di Bari

Offrire una possibilità a coloro che stanno perdendo il posto di lavoro. È la novità del bando Nidi (Nuove iniziative di impresa), promosso dalla Regione Puglia, che quest’anno consente ai lavoratori di aziende poste in liquidazione o soggette a procedure concorsuali di rilevare l’impresa dell’ex datore di lavoro, costituendosi in cooperativa o società. Tra i beneficiari del bando, inoltre, i lavoratori in mobilità o in cassa integrazione, donne, giovani, precari e disoccupati, che vogliono avviare una microimpresa. Il bando ha una dotazione di 54 milioni. La Regione eroga fino a 120mila euro (metà a fondo perduto, metà con un prestito). Le 618 imprese per le quali è stata completata l’istruttoria del bando dello scorso anno, secondo la Regione, hanno consentito l’occupazione di 950 persone. Novità interessante. “La novità introdotta quest’anno potrebbe essere interessante”, dice Antonio De Donno, presidente regionale delle Acli. “Una delle difficoltà delle nuove iniziative imprenditoriali è quella di riuscire a rimanere sul mercato”, perciò, “utilizzando il subentro in attività che hanno già delle fette di mercato, un piccolo scoglio potrebbe essere superato”. “Penso che il grande lavoro che il pubblico e il privato devono fare è quello di stimolare chi sta scommettendo su se stesso”, continua. Ci sono “tanti micro mestieri che hanno sbocchi occupazionali”. Occorre “entrare nella scia che il territorio offre”. Come il turismo, per la Puglia. “C’è un mondo di microimprese che offrono servizi in questo campo” e con successo, come quelle impegnate nella preparazione dei pasti. La direzione da seguire è quella di “rimettersi personalmente in gioco e provare ad entrare in un circuito dove bisogna cogliere le opportunità”. Gli incentivi previsti dal bando sono “l’evidenza di una realtà regionale che ci crede”. Le difficoltà “sono di natura culturale, perché dal nostro osservatorio ci accorgiamo che spesso è difficile fare entrare le persone nella mentalità che non si deve necessariamente fare lo stesso lavoro per tutta la vita e che il lavoro lo si deve costruire”. Il problema delle microimprese. “Il giudizio sull’iniziativa è positivo”, esordisce Tommaso Cozzi, docente di Economia e gestione delle imprese nell’università di Bari e direttore dell’Ufficio mondo sociale e del lavoro della diocesi di Bari-Bitonto. Tant’è che “l’Ufficio diocesano mondo sociale e del lavoro e il Progetto Policoro diocesano stanno seguendo due iniziative imprenditoriali che potrebbero essere lanciate attraverso il bando Nidi”. Una, con una compagine societaria costituita, “prevede la realizzazione degli oratori di strada, con la prospettiva – tra l’altro – di permettere a ragazzi in difficolta di imparare attività che da ludiche potrebbero diventare mestieri”, spiega. L’altra “riguarda l’assistenza alle famiglie disagiate, che non hanno possibilità di accedere agli asili nido o alle scuole dell’infanzia”. Altro aspetto positivo del bando, il fatto che “tra i beneficiari ci siano i titolari di partita iva che sono in situazioni di precariato”. “Quest’anno la misura è anche rivolta a chi sta perdendo il posto di lavoro o lo ha perso, permettendo di rilevare l’azienda”, continua. Su questo fronte, “pur apprezzando lo sforzo della Regione, anche perché probabilmente di più non si poteva fare, il problema – evidenzia – è che quelle da costituire dovranno essere microimprese, poiché il programma di investimenti non deve superare i 150mila euro. Il punto è che le imprese che stanno andando in crisi sono di medie e grandi dimensioni, e molte di esse non hanno la possibilità di essere scorporate per realizzare microimprese”. Al Sud esiste “un problema culturale legato alla difficoltà a sviluppare una cultura del rischio, della responsabilità, dell’autoimprenditorialità e della condivisione”, prosegue. Tuttavia, “oggi siamo in una situazione di necessità che potrebbe spingere le persone a sviluppare quel tipo di cultura”.