Profughi
Dall’inizio del 2015 ne sono arrivati finora 700mila, di cui 550mila sbarcati in Grecia dalla Turchia. Soprattutto siriani di ceto medio, in fuga dal conflitto e desiderosi di andare in Germania (dove stimano 1 milione e mezzo di arrivi per il 2015). “Le migrazioni sono liquide”, una volta chiuso il passaggio attraverso l’Ungheria i flussi hanno cambiato direzione: Croazia, Slovenia e Austria
I numeri dei profughi che stanno arrivando in Europa attraverso la rotta balcanica sono enormi e destinati a crescere, avverte Caritas italiana, in un incontro sull’emergenza profughi e l’accoglienza in Italia in corso oggi a Roma: dall’inizio del 2015 ne sono arrivati finora 700mila, di cui 550mila sbarcati in Grecia dalla vicina Turchia, perché i 3 km di mare che li separano dalla salvezza sono meno pericolosi della traversata del Mediterraneo dalla Libia. Sono soprattutto i siriani di ceto medio, in fuga dall’inasprirsi del conflitto, a percorrere questa rotta, desiderosi di andare in Germania (dove stimano 1 milione e mezzo di arrivi per il 2015). In media, nel mese di ottobre, sono entrate in Grecia 8.800 persone al giorno. Gli africani sub-sahariani continuano invece ad imbarcarsi dalla Libia e a rischiare di più nella traversata sul Mediterraneo: quest’anno ne sono già morti 3mila, a fronte di circa 150mila arrivi in 870 sbarchi sulle coste italiane. Un dato che a fine anno sfiorerà le 160/170mila presenze: meno di quanto previsto, perché la maggior parte dei flussi si sono spostati sulla rotta balcanica. Se da un lato i Paesi europei che prima non venivano toccati direttamente dagli arrivi massicci si stanno rendendo conto di cosa vuol dire gestire l’emergenza, dall’altro le direttive europee stanno imponendo all’Italia una situazione a maglie strette che può diventare scottante: a molti africani sub-sahariani viene dato il foglio di via appena sbarcati in Sicilia, facendoli cadere così in una immediata situazione di irregolarità sul territorio italiano. Così l’opinione pubblica rischia di percepire la presenza di migranti solo come irregolari.
Migranti di serie A e di serie B? “L’idea che l’Europa protegga solo alcune categorie di persone e altre no, a seconda della nazionalità, è discriminatorio e inaccettabile – afferma Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana -. Si creano così migranti di serie A e di serie B. Di contro i ricollocamenti dall’Italia verso altri Paesi europei hanno cifre imbarazzanti: solo 66 verso la Svezia e la Finlandia”.
La rotta balcanica dalla Turchia. La rotta balcanica inizia nei campi profughi in Turchia, dove si vive in condizioni umanamente non sostenibili pensando solo a come fuggire verso l’Europa: la salvezza. I siriani benestanti pagano in media 1500 euro per traghettare verso le isole greche di Kos e Lesvos. Solo a Lesvos ne sono arrivati 300mila nel 2015, da Siria, Afghanistan e Iraq. Accampati nelle piazze di Atene in tende o alloggi di fortuna, non vedono l’ora di continuare il viaggio verso nord. Salgono sui pullman, camminano a piedi verso la Macedonia e la Serbia, e iniziano a scoprire che l’Europa non li vuole e costruisce muri, come la barriera di 170 km di filo spinato al confine tra Ungheria e Serbia. Una vignetta satirica citata durante il convegno dice amaramente: “I profughi vengono in Europa pensando di trovare civiltà, democrazia, solidarietà, invece trovano Ungheria”.
Migrazioni “liquide”. Ma siccome “le migrazioni sono liquide”, osserva Forti, una volta chiuso il passaggio attraverso l’Ungheria i flussi di disperazione umana hanno cambiato direzione, dirigendosi verso la Croazia, la Slovenia e l’Austria. Quest’ultima ha avuto 167mila ingressi a settembre: “All’inizio l’Austria ha reagito con una solidarietà straordinaria ma poi si è resa conto della difficoltà di alloggiare numeri così importanti. Questo ci ha aiutato a far capire agli altri Paesi europei (mentre prima venivamo criticati) come sia difficile gestire arrivi giornalieri di 2/3 mila persone”.
Scenari geopolitici foschi. Intanto la situazione geopolitica non promette nulla di buono: “Fino a 10 anni eravamo relativamente ottimisti, ora non più – ammette Francesco Strazzari, docente di relazioni internazionali alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa –. La spesa militare torna a crescere anche in Europa e l’export di armi è il settore più fiorente. C’è stata una impennata di acquisti da Arabia Saudita, Russia e Algeria”. Il terrorismo, l’Isis e il fenomeno dei “foreign fighters”, le promesse mancate delle “primavere arabe”, con l’ Egitto scivolato di nuovo verso una dittatura feroce e la Tunisia in faticosa transizione verso la democrazia, l’instabilità estrema in Libia rendono lo scenario poco promettente per il futuro. Mentre la Siria, a suo avviso, “oltre ad un costo insopportabile in termini umanitari, sarà divisa senza nessuna cautela nelle sue piccole entità, ognuna armata fino ai denti”.
La risposta all’appello del Papa. Nel frattempo le diocesi italiane stanno reagendo molto bene all’invito di Papa Francesco ad accogliere i profughi: “In pochi giorni abbiamo avuto 700 disponibilità”, spiega Manuela De Marco, di Caritas italiana: confluiranno nel progetto “Un rifugiato a casa mia”, inizialmente previsto per sole 200 persone. Si darà la seconda accoglienza in parrocchie e famiglie a chi ha già un permesso per restare in Italia, in collegamento con la Caritas o altro ente gestore.