Dal Vaticano II
Il “Patto delle catacombe” firmato da 42 vescovi (poi diventati 500) poco prima della fine del Concilio Vaticano II, esce allo scoperto. Le rinunce ai lussi e ai privilegi e l’impegno “per una Chiesa povera e per i poveri” è realtà con Papa Francesco. La celebrazione ufficiale dei 50 anni alla Pontificia Università Urbaniana con il teologo Jon Sobrino, che vedrà il Papa il giorno prima
50 anni fa, pochi giorni prima della chiusura del Concilio Vaticano II, 42 vescovi conciliari (poi diventati 500), tra cui il brasiliano dom Helder Camara e l’italiano Luigi Bettazzi, siglarono il “Patto delle catacombe” nelle catacombe di Santa Domitilla a Roma, come impegno personale a condurre una vita di povertà rinunciando a lussi, simboli di potere e privilegi e ad essere “una Chiesa serva e povera” come desiderava Giovanni XXIII. Oggi il “Patto”, dimenticato nei decenni successivi per ragioni politiche, è uscito allo scoperto ed è diventato vita vissuta con Papa Francesco e il programma del suo pontificato: “Per una Chiesa povera e per i poveri”. Tanto che il prossimo 14 novembre la Pontificia Università Urbaniana organizza un importante seminario ufficiale nel 50° anniversario: tra gli ospiti speciali il teologo gesuita Jon Sobrino (due sue opere nel 2007 furono definite “errate” dalla Congregazione per la dottrina della fede), che incontrerà Papa Francesco il giorno prima, 13 novembre, durante la messa a Santa Marta alle 7. Bergoglio, che all’epoca non era ancora vescovo, respirò gli echi di quell’iniziativa in America Latina, dove era ancora vivida in alcune componenti della Chiesa. Tra i successivi firmatari del “Patto” c’erano infatti l’arcivescovo di San Salvador Oscar Romero, ucciso dai militari e oggi beato per volontà di Papa Francesco, e il vescovo argentino Enrique Angelelli, morto in un incidente sospetto nel 1974, che Bergoglio conosceva quando era superiore dei gesuiti.
La rinuncia “all’apparenza e alla realtà della ricchezza”. 16 novembre 1965: i 42 vescovi di 15 Paesi di differenti continenti, tra i quali molti latinoamericani, celebrarono una eucarestia, presieduta dal vescovo belga Charles-Marie Himmer, nelle catacombe di Santa Domitilla, che ospita le tombe di 100 mila cristiani dei primi secoli di vita della Chiesa. La firma del “Patto” si ispirò all’impegno del gruppo “Chiesa dei poveri” fondato dal prete operaio Paul Gauthier e della religiosa carmelitana Marie Therèse Lescase. Nel testo, redatto dal vescovo Helder Camara, i vescovi si impegnavano a
“vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende”. Una rinuncia, nello specifico, “agli abiti (stoffe ricche, colori sgargianti)”, ai simboli in oro e argento, alla proprietà “di beni immobili, né mobili, né conto in banca”.
Allo stesso tempo, i vescovi rifiutavano di essere chiamati “oralmente o per scritto, con nomi e titoli che significano grandezza e potere: Eminenza, Eccellenza, Monsignore…). Preferiamo essere chiamati con il nome evangelico di Padre”.
No a privilegi e all’amministrazione diretta delle finanze. “Nel nostro comportamento – scrivevano -, nelle nostre relazioni sociali, eviteremo quello che può sembrare un conferimento di privilegi, priorità, o anche di una qualsiasi preferenza, ai ricchi e ai potenti (ad esempio, banchetti offerti o accettati, nei servizi religiosi)”. “Eviteremo ugualmente – proseguivano – di incentivare o adulare la vanità di chicchessia, con l’occhio a ricompense o a sollecitare doni o per qualsiasi altra ragione”. Tutte le volte che sarà possibile, aggiungevano, “affideremo la gestione finanziaria e materiale nella nostra diocesi a una commissione di laici competenti e consapevoli del loro ruolo apostolico, al fine di essere, noi, meno amministratori e più pastori e apostoli”.
L’impegno per i poveri nel “Patto” era fondato principalmente sulle esigenze di giustizia e carità, operando per “trasformare le opere di beneficenza in opere sociali”. Tutto ciò chiedendo ai responsabili dei governi e dei servizi pubblici di attuare “leggi, strutture e istituzioni sociali necessarie alla giustizia, all’uguaglianza e allo sviluppo armonico e totale dell’uomo tutto in tutti gli uomini”. Resisi conto della situazione di povertà estrema di due terzi dell’umanità, i vescovi firmatari si impegnavano anche a “contribuire, nella misura dei nostri mezzi, a investimenti urgenti di episcopati di nazioni povere” e a chiedere agli organismi internazionali, “testimoniando il Vangelo come ha fatto Paolo VI all’Onu, l’adozione di strutture economiche e culturali che non fabbrichino più nazioni proletarie in un mondo sempre più ricco che però non permette alle masse povere di uscire dalla loro miseria”.
La celebrazione dei 50 anni. Negli anni il “Patto” ha trovato numerose opposizioni ed è stato vissuto in maniera sotterranea. Ma quest’anno, in occasione del 50° anniversario, alcuni gruppi (i Verbiti, le Missionarie serve dello Spirito Santo, il gruppo giustizia e pace Jpic dei religiosi e religiose della Uisg/Usg, i religiosi brasiliani a Roma, il Sedos, i poveri della Caritas di Roma) e vescovi (tra cui il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani) hanno già organizzato e presieduto celebrazioni speciali nelle catacombe.
L’appuntamento del 14 novembre nell’Aula Magna della Pontificia Università Urbaniana, organizzato dal gruppo Jpic dell’Unione dei superiori e delle superiore generali (Usg/Uisg), dai Missionari del Verbo Divino e dal Sedos (Centro di studi sulla missione), sancisce l’ufficialità della celebrazione. Il teologo spagnolo Jon Sobrino, naturalizzato salvadoregno e sfuggito a un attentato commissionato dal governo nel 1989, parlerà dell’impatto del “Patto delle catacombe” nella Chiesa di oggi. Interverrà anche il vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi, oggi 92enne, tra i pochi firmatari ancora in vita insieme al vescovo José Maria Pires, che dal Brasile invierà un video messaggio. A proposito del convegno, monsignor Bettazzi, in un editoriale sulla rivista “Mosaico di pace”, auspica che il Papa “possa, se non sponsorizzarlo, certo benedirlo”. Ha confermato la sua presenza anche il cardinale Joao Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Sobrino incontrerà il Papa a Santa Marta
il giorno prima, mentre domenica 15, dopo la partecipazione del gruppo all’Angelus a San Pietro, presiederà la messa nelle catacombe di Santa Domitilla, gestite dai Padri Verbiti. Tra gli altri relatori al convegno: Alberto Melloni, dell’Università di Modena-Reggio Emilia e il cardinale Roger Etchegaray.