Una mamma racconta
Sono tre giorni che a Bruxelles usciamo di casa il meno possibile e osserviamo il mondo dalla finestra: le poche macchine e autobus che passano, le rare persone che camminano. Ascoltiamo il silenzio
In questi giorni ho un ritornello in testa, quello di “Incantevole” dei Subsonica.
Fuori è un mondo fragile, oggi è un altro giorno fragile.
Sono tre giorni che a Bruxelles usciamo di casa il meno possibile e osserviamo il mondo dalla finestra: le poche macchine e autobus che passano, le rare persone che camminano. Ascoltiamo il silenzio,
Dopo aver passato il week end del 13 novembre con il cuore in gola per quanto stava accadendo a Parigi, a solo un’ora di treno da qui, lo scorso week end l’abbiamo passato incollati alla Tv, alla radio, allo smartphone col fiato sospeso. In un limbo che ormai dura da tre giorni, sperando che le forze dell’ordine riescano ad avere successo, evitando spostamenti e uscite non necessarie per non ostacolarne e rallentarne l’operato, sperando non succeda quello che si teme possa accadere.
Oggi è rispuntato il sole e il cielo era azzurro, ma la maggior parte dei brussellesi lo ha guardato dalla finestra. Le scuole sono chiuse, la metropolitana anche, e questo rende difficili gli spostamenti, soprattutto recarsi al lavoro per chi ha dei bambini. Certo la vita continua, si esce almeno un po’, si va a fare la spesa, ci si ritrova in casa con altre persone, ci si aiuta. Fa davvero impressione perché Bruxelles è una città in cui le terrazze dei caffè sono affollatissime anche a dicembre e gennaio, e i parchi brulicano di bambini e di cani anche quando la temperatura è sotto zero.
Poco fa, al parco con la mia bambina, ho incrociato solo tre persone e quattro militari. Stiamo aspettando con trepidazione la prossima conferenza stampa del primo ministro, nella speranza che ci annunci che da domani potremo riprendere una vita “normale”, ma non sarà più come prima.
Nel mio piccolo ho provato che la pace, la libertà e la sicurezza non sono scontate, sono il frutto di secoli di lotte e della costruzione di un’integrazione lenta e faticosa.
E questa pace e queste libertà dovremo continuare a meritarle e difenderle, ma dovremo anche viverle e godercele a pieno non appena torneremo alla vita “normale”. Altrimenti avranno vinto loro.