Laicità
È stato impedito alla Chiesa anglicana d’Inghilterra di proiettare uno spot di 60 secondi sulla preghiera cristiana del “Padre Nostro”. La società che gestisce la pubblicità nelle sale cinematografiche spiega che lo spot potrebbe offendere il pubblico. Ma a difesa del corto sono scesi in campo anche i musulmani
Uno spot di 60 secondi centrato sulla preghiera del “Padre Nostro” è stato bandito nei cinema inglesi perché potrebbe offendere il sentimento religioso di credenti di altri fedi e di coloro che non professano alcuna fede. A realizzare il corto è la Chiesa d’Inghilterra che sperava di poterlo proiettare nelle sale cinematografiche nel periodo natalizio, in vista dell’uscita del nuovo episodio della sagra di Star Wars. E invece l’agenzia che gestisce gli annunci per i cinema ha respinto la proposta.
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Lo spot è realizzato con una regia accattivante. Presenta la preghiera cristiana del “Padre Nostro” recitata o cantata da una varietà di persone, scelte come simbolo dell’umanità di oggi alla ricerca appunto di pace, perdono, giustizia. Sullo schermo appaiono un figlio in lutto, rifugiati, sollevatori di pesi in palestra, un allevatore di pecore, un coro gospel e l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, in persona. “Just Pray” è stata approvata con un certificato U che sta per “Universale” da parte del britannico “Board of Film Classification”. Ha anche ricevuto l’approvazione del “Cinema Advertising Authority”. Ma l’agenzia “Digital Cinema Media” (DCM), che gestisce la pubblicità cinematografica per le principali catene di cinema – Odeon, Cineworld e Vue – ritiene che il film avrebbe potuto “offendere” il pubblico.
Le reazioni sono state immediate e, da giorni, in Inghilterra, la questione ha aperto un vivace dibattito. Il primo a prendere la parola è stato il reverendo Arun Arora, direttore delle comunicazioni per la Chiesa d’Inghilterra, che alla BBC ha espresso “la sorpresa, la delusione e lo sconcerto” per la decisione presa dalla Società DCM. “La prospettiva che molte famiglie fossero andate al cinema per il nuovo film di Star Wars – ha detto Arora – era sembrata una buona occasione per lanciare l’annuncio e promuovere la preghiera in vista del Natale”.
“Abbiamo scelto il Padre Nostro perché è una preghiera cristiana recitata da miliardi di persone in tutto il mondo ogni giorno, e in questo Paese ha fatto parte della vita di ogni giorno per secoli”.
È il vescovo anglicano di Sheffield, il rev. Steven Croft, ad elencare sul sito della sua diocesi “7 ragioni” che hanno spinto “i semidei della cultura del consumo” a mettere al bando lo spot. Questa preghiera “si oppone al mito secondo cui le nostre vite non contano”; “dà il coraggio di vivere in un mondo imperfetto”; “ci invita a unirci alla lotta per far sì che la pace e la giustizia prevalgano”; “c’insegna a vivere di ciò che ci basta” e “questo è il motivo più pericoloso che sconsiglia di mostrare questo spot nei cinema” perché “c’insegna a non desiderare di più. C’insegna la sobrietà, la più sovversiva tra tutte le virtù”.
Sulla vicenda sono ovviamente intervenuti anche l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e l’ex primate anglicano, Rowan Williams.
A difesa dello spot sono scesi anche i musulmani.
Il vicesegretario generale del Consiglio musulmano della Gran Bretagna, Sheikh Ibrahim Mogra, ha detto: “Io sono sbalordito e sfido chiunque a trovare questa preghiera offensiva, comprese le persone che non hanno alcuna particolare fede religiosa”.
Non è finita. Perché Odeon, Cineworld e Vue Cinemas, le stesse catene che hanno messo al bando lo spot “cristiano”, hanno annunciato ieri che prima di ogni proiezione di “The Good Dinosaur” sarà proiettato un breve film d’animazione realizzato dalla “SanJay’s Super Team”.
Il corto narra la storia di un bimbo totalmente preso dai cartoni in tv e il papà che ripetutamente lo chiama a spegnere la televisione per andare a pregare con lui mettendosi a sedere su un tappeto davanti a un tempietto indù.
Immediata, quindi, la reazione del reverendo Arun Arora che rimprovera la società pubblicitaria dei cinema di “ipocrisia” e di “doppio standard”. Ed aggiunge: “Non ho alcun problema con Sanjay e certamente con la proiezione nelle sale di questo cartoon. Ma con il fatto che stanno dimostrando incoerenza nella loro policy di marketing”.