Giro di vite

Vietnam, una proposta di legge per restringere ancora di più la libertà religiosa?

I primi mesi del 2016 saranno decisivi per verificare se l’impianto della nuova proposta di Legge sul credo e sulla religione subirà sostanziali modifiche positive o continuerà a suscitare grosse riserve da parte delle minoranza religiose – Chiesa cattolica compresa – e delle organizzazioni per i diritti umani. Tra le altre restrizioni, il potere di annullare le feste religiose o di sospendere lo svolgimento di conferenze e convegni a carattere religioso e delle attività considerate “vietate”, in nome della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico, della morale pubblica e della difesa nazionale.        

Il Vietnam vuole forse diventare come la Cina in materia di controllo della libertà religiosa? I primi mesi del 2016 saranno decisivi per verificare se l’impianto della nuova proposta di Legge sul credo e sulla religione, presentata quest’estate dall’Assemblea nazionale, subirà sostanziali modifiche positive o continuerà a suscitare grosse riserve da parte delle minoranza religiose – Chiesa cattolica compresa – e delle organizzazioni per i diritti umani. I rapporti tra il governo comunista e le sei religioni ufficialmente riconosciute non è mai stato idilliaco, anche se dagli anni ’80 in poi si è cominciata ad ammorbidire la politica anti-religiosa e ci sono stati concreti segnali di miglioramento nei rapporti con la Chiesa cattolica locale e nelle relazioni ufficiali tra Santa Sede e Vietnam. Ai vescovi è stata concessa, nel tempo, maggiore libertà di movimento, gli ingressi dei seminari sono meno contingentati e la Chiesa cattolica può svolgere le sue attività sociali e caritative. La religione in Vietnam è regolata da due decreti del 2005 e del 2013, ma nonostante i controlli c’è un grande risveglio di vocazioni e di partecipazione alle celebrazioni. Tanti sono i nuovi luoghi di culto. Ora invece  pare ci sia

l’intenzione di dare un giro di vite alla libertà di credo religioso: la bozza della nuova legge prevede infatti l’obbligo di registrazione delle “organizzazioni religiose”, conferendo alle autorità il potere di “intervenire nelle loro questioni interne e amministrative”, tra cui le nomine e le modalità di insegnamento della religione, che dovranno comprendere anche l’insegnamento della storia e delle leggi del Paese.

La proposta di legge conferisce, inoltre, alle autorità il potere di annullare le feste religiose o di sospendere lo svolgimento di conferenze e convegni a carattere religioso e delle attività considerate “vietate”, in nome della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico, della morale pubblica e della difesa nazionale.

Le perplessità. Vescovi, sacerdoti, associazioni di fedeli, esponenti di altre religioni e organizzazioni per i diritti umani non hanno mancato, in questi mesi, di esprimere perplessità sulla nuova proposta di legge, nonostante nel mese di aprile le comunità religiose siano state invitate a dare al governo un feedback sul testo. I vescovi vietnamiti si sono espressi ad agosto, definendo la bozza “una battuta d’arresto” rispetto all’Ordinanza sulle credenze e le religioni del 2014 e ai due decreti del 2005 e 2013. Più di 35 organizzazioni della società civile hanno chiesto, di recente, di rivedere l’intero impianto della legge, perchè se approvata comprometterebbe profondamente il diritto alla libertà religiosa e non sarebbe in linea con l’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato dal Vietnam. Si è espresso perfino Heiner Bielefeldt, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di credo e di religione, dicendo che questo diritto è fortemente penalizzato attraverso i controlli, le intimidazioni e la persecuzioni giudiziaria da parte delle autorità. Se proprio si volesse introdurre una nuova legge, ha precisato anche padre Anthony Le Ngoc Thanh, direttore spirituale, “dovrebbe avere lo scopo di garantire ai cittadini il diritto alla libertà di religione e associazione religiosa, il diritto alla pratica della loro fede senza interferenze”.  Tra le altre religioni, i buddisti Hoa Hao hanno dichiarato, nel maggio scorso, che la legge rischia di “condurre molte comunità verso l’illegalità”.

Il confronto legislativo è ancora aperto e non si sa ancora quale scuola di pensiero prenderà il sopravvento: il quotidiano di Hanoi Vietnam News ha riferito il mese scorso la posizione di un deputato dell’Assemblea nazionale, Khuc Thi Duyen, che ha ammesso le possibili, conseguenti restrizioni alla libertà religiosa. Altri deputati chiedono invece la messa al bando delle pratiche religiose, chiedendo ulteriori proibizioni perchè temono che la fede costituisca una minaccia all’unità nazionale. I prossimi mesi saranno decisivi per capire se ci sono spazi per modifiche migliorative o se la situazione, per le minoranze religiose, peggiorerà. In Vietnam, secondo i dati di Aiuto alla Chiesa che soffre, su circa 89 milioni di abitanti i cristiani sono l’8,2% (cattolici 6,5%, protestanti 1,7%), i budssiti il 16,4%, i seguaci di religioni tradizionali il 45,3%, i non affiliati il 29,6%.