Il bilancio

Un 2015 eccezionale per la Chiesa. La sinodalità è la parola dell’anno

Molto citata, facilmente fraintesa, spesso sottovalutata o svalutata, ma talmente ricca nella sua essenza che rimanda alla stessa dimensione costitutiva della Chiesa

foto SIR/Marco Calvarese

Che anno eccezionale è stato questo 2015 per la Chiesa! L’affermazione non esprime soltanto lo stupore di chi, voltandosi indietro, osserva lo scorrere quotidiano di eventi ormai consegnati alla storia; tutt’altro, constata la ricchezza di una vita ecclesiale davvero creativa, perché donata e guidata dallo Spirito.
Basta richiamare alcuni eventi per rendersene conto: ostensione della Sindone (19 aprile – 24 giugno); pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’ (18 giugno); incontro mondiale delle famiglie (22-27 settembre); Sinodo ordinario sulla famiglia (4-25 ottobre); Convegno ecclesiale nazionale (9-13 novembre); Giubileo della misericordia (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016). Senza dimenticare quella che si potrebbe definire agenda ecclesiale ordinaria: viaggi del Papa in Italia (quest’anno sono stati tre: Napoli; Torino; Prato e Firenze) e fuori Italia (cinque: Sri Lanka e Filippine; Sarajevo; Ecuador, Bolivia e Paraguay; Cuba e Stati Uniti; Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana); udienze, catechesi e Angelus della domenica; convegni e incontri a livello locale…

Non si tratta di stilare in maniera asettica una cronistoria puntuale ma di “rendere grazie” per i tanti doni ricevuti.

C’è un’immagine, ricorrente in queste settimane, che forse più di ogni altra riassume, in maniera efficace e plastica, i vari eventi e il ringraziamento per quanto vissuto.

È l’immagine della porta che si apre e che viene attraversata.

Ne abbiamo viste tante: porte di cattedrali, di luoghi di sofferenza (ospedali e carceri), di centri di accoglienza (mense Caritas, ostelli, rifugi)… A ben pensarci aprire e attraversare una porta è uno dei gesti più abituali. Ogni giorno si esce dalla porta di casa e si rientra; così dalla porta del posto di lavoro. Lo stesso scorrere dei giorni, così come il passaggio da un anno all’altro, possono essere visti come una porta. Già, perché – al di là di abitudini varie – una porta è sempre un simbolo: se sbarrata, significa rifiuto; se aperta, accoglienza; se sbattuta, offesa; se aperta delicatamente, può essere segno d’amore. Insomma, una porta è sempre qualcosa di più di quel che si vede. E questo vale ancora di più in ambito religioso, dove la porta è sempre appello ad andare oltre, a immergersi nel silenzio, a superare i confini del visibile.

Concludendo questo anno, le varie porte aperte sussurrano una parola, che ha fatto da cerniera tra loro, unendo i vari eventi dei mesi trascorsi: sinodalità! L’abbiamo vista incarnata durante l’ostensione della Sindone; l’abbiamo letta nella Laudato si’; è stata presente all’incontro mondiale delle famiglie; è stata vissuta efficacemente al Sinodo sulla famiglia; ha fatto da linea guida al Convegno della Chiesa italiana sul nuovo umanesimo; ora sta animando il Giubileo della misericordia nelle diocesi di tutto il mondo.

La sinodalità – potremmo affermare, pensando alle tante classifiche stilate in questi giorni – è senz’altro la parola dell’anno.

Una parola molto citata, facilmente fraintesa, spesso sottovalutata o svalutata, ma talmente ricca nella sua essenza che rimanda alla stessa dimensione costitutiva della Chiesa. Lo ha detto in maniera chiara Papa Francesco, lo scorso 17 ottobre, durante la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi.

“Il mondo in cui viviamo – ha affermato, tra l’altro, il Pontefice -, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola ‘Sinodo’. Camminare insieme – laici, pastori, vescovo di Roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica”.

Brevi frasi che, con nettezza, guardano in faccia la realtà evidenziando ricchezze e difficoltà di un procedere insieme: laici, pastori e vescovi. La sinodalità, infatti, coinvolge, in momenti diversi, tutti i fedeli nella Chiesa. E, per questo, ricorda ancora Francesco, è espressione di quel “dinamismo di comunione” che dovrebbe stare alla base di tutte le decisioni ecclesiali. Ad essere chiamato in causa, quindi, non è solo il collegio episcopale, ma tutto il popolo di Dio: laici e pastori. Di più… Parlando di “dinamismo di comunione”, l’attenzione va subito a un dato cui l’ecclesiologia post-conciliare è molto sensibile, al punto da far dire che la Chiesa stessa è “mistero di comunione”. Concretamente significa che

la forma d’esistenza della Chiesa è segnata dalla comunione.

Se ciò viene preso sul serio, allora questa realtà originaria deve manifestarsi in ogni comunità ecclesiale e deve funzionare come norma di vita. La comunione, in effetti, non è un aspetto parziale della Chiesa, ma è il suo dna.
È talmente rilevante questa dimensione che il Consiglio di cardinali (il cosiddetto C9) ha deciso di dedicare una specifica sessione al discorso del Papa per il 50° del Sinodo, durante la prossima riunione nel febbraio 2016.

La sinodalità, dunque, come cerniera dei vari appuntamenti dell’anno appena trascorso, ma anche come maniglia per aprire le porte del futuro.

Una porta senza cerniere e senza maniglia resterebbe chiusa. La sinodalità, correttamente vissuta e incarnata, consentirà di aprire e attraversare le porte della “Chiesa del terzo millennio”. Che anno eccezionale, allora, questo 2015 che ci ha ridonato l’importanza del “camminare insieme”!