Ue accerchiata

Europa: rischio collasso, un anno per ripartire. La ricetta? “Concentrarsi” per restare uniti

La crisi dei migranti, la solidità dell’eurozona, il prossimo referendum nel Regno Unito: sfide che richiedono risposte urgenti, in parte affidate alla presidenza di turno olandese del Consiglio dei ministri Ue. Una proposta: “Ridurre drasticamente il campo di intervento comunitario e dedicarsi all’essenziale”

Amsterdam, 6 gennaio: incontro fra il premier olandese Mark Rutte e il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker

Il 1 ° gennaio il governo olandese ha assunto la presidenza del Consiglio dei ministri dell’Unione europea per i prossimi sei mesi. A seguito dell’indicazione del vertice Ue dello scorso dicembre, la presidenza di turno dovrebbe far adottare entro giugno un regolamento europeo per rafforzare il controllo delle frontiere esterne dell’Unione e, in ultima analisi, la possibilità per l’agenzia Frontex di intervenire sul posto per garantire il funzionamento dello spazio Schengen.
Allo stesso tempo, i 28 governi dei Paesi dell’Unione dovrebbero deliberare sulle nuove proposte della Commissione in materia di riforma del sistema di Dublino sulle procedure di asilo all’interno dell’Ue e l’immigrazione legale. In giugno gli olandesi dovranno inoltre sottoporre al Consiglio europeo proposte di riforma della zona euro, compresa la governance economica e fiscale, la rappresentanza esterna della zona in organismi come il Fondo monetario internazionale, e la realizzazione dell’unione bancaria attraverso un sistema europeo di garanzie dei depositi in caso di fallimento bancario. Infine, probabilmente in giugno o in settembre nel Regno Unito si terrà un referendum sulla sua appartenenza all’Unione.
Restano dunque sei mesi ai governi europei per fornire risposte forti e convincenti alle due questioni europee più urgenti e spinose: l’immigrazione e la libera circolazione nello spazio Schengen, e la gestione della moneta unica nella zona euro. La doppia crisi del 2015, dei rifugiati e del debito greco, ha mostrato chiaramente gli attuali limiti dell’integrazione comunitaria che funziona con il bel tempo e si incrina fino al rischio di disgregarsi nella tempesta. Così non può funzionare. Le persone si allontaneranno prima dalle istituzioni europee e poi dai loro stessi governi.
La soluzione? La parola chiave è “concentrazione”: ossia una concentrazione al tempo stesso tematica e geografica. L’Ue dovrebbe ridurre drasticamente il proprio campo di intervento e concentrarsi sull’essenziale; e gli Stati membri che non riuscissero a implementare in maniera decentralizzata soluzioni positive e indispensabili per tutti, rischierebbero la sospensione dall’Ue.
In realtà questa soluzione esiste già nel caso di crisi bancaria. Il meccanismo di risoluzione unico per le banche nella zona euro è diventato operativo in Eurolandia proprio il 1 ° gennaio 2016. Se l’autorità di vigilanza europea segnala la grave crisi di una banca, il Comitato di risoluzione ne ordinerà lo scioglimento coinvolgendo in primo luogo i suoi azionisti e le altre banche. Sono loro che dovranno pagare in primo luogo i danni. I contribuenti europei saranno tutelati meglio. Dunque dalla crisi greca è stata tratta una lezione. Si spera che d’ora in avanti le banche e le altre istituzioni finanziarie siano più prudenti e riflettano due volte prima di concedere prestiti a governi o ad attori privati ​​insolventi.

Generalizzare questo approccio è la via del futuro.

Esso può essere applicato anche per risolvere la crisi dei rifugiati. Così, invece di inviare truppe di guardie di frontiera di Frontex in un Paese che non rispetta i propri obblighi per la protezione della frontiera esterna, potrebbe essere più intelligente sospendere semplicemente la sua appartenenza allo spazio Schengen in caso di constatazione di violazione dei doveri essenziali.
Rimangono sei mesi – un anno al massimo – per rilanciare l’Europa, prescrivendole una terapia di concentrazione. Altrimenti la fine pura e semplice dell’Unione non può essere esclusa, in quanto il principio di un’organizzazione multilaterale europea rimane il bene comune per equilibrare le contraddittorie forze nazionali e regionali in Europa. L’alternativa sarà il ritorno al sistema di alleanze e coalizioni bilaterali tra nazioni e popoli europei. Dobbiamo paventarla, perché promette l’instabilità permanente e rischiederebbe di nuovo una presenza rafforzata della superpotenza americana sul suolo del nostro continente.
Di fronte a questa prospettiva gridiamo: Europa, concentrati!