Transparency International
L’Italia, con uno score di soli 44 punti su 100, è al 61° posto al mondo nella classifica del Rapporto sulla corruzione della pubblica amministrazione pubblicato ieri da Transparency International, alla pari con Lesotho, Senegal, Sudafrica e Montenegro. Per Francesco D’Agostino (Ugci), “la crisi etica favorisce questo cancro”. Come antidoto è necessario “un grande impegno educativo”, sostiene Matteo Truffelli (Ac). Secondo Libera di don Ciotti, in questo campo “la politica mostra eccessi di prudenza”
L’Italia, con uno score di soli 44 punti su 100, è al 61° posto al mondo nella classifica del Rapporto sulla corruzione della pubblica amministrazione pubblicato ieri da Transparency International, alla pari con Lesotho, Senegal, Sudafrica e Montenegro. Tra i 28 paesi della Ue solo la Bulgaria (69ª con 41 punti) sta peggio. Il paese meno corrotto è la Danimarca (91 punti), davanti a Finlandia (90) e Svezia (89). Gli Usa sono sedicesimi. I paesi più corrotti in assoluto sono Somalia e Corea del Nord (soli 8 punti). Nel rapporto dello scorso anno l’Italia era 69ª con 43 punti. Nella ricerca si tiene conto della “corruzione percepita” nella pubblica amministrazione. Sensibile il miglioramento della Grecia, che lo scorso anno era alla pari con l’Italia e nel 2015 è classificata al 58° posto con 47 punti. La classifica di Transparency International quest’anno elenca 168 paesi.
Crisi etica. “Ci sono due modi per lottare contro la corruzione: il primo è affidarsi a leggi ben fatte, studiate e programmate, che traggano frutto dalle esperienze di altri Paesi. Ma c’è un secondo modo ancora più efficace: riattivare un’etica pubblica che faccia percepire che l’onestà della pubblica amministrazione è un valore fondamentale, indipendentemente dal danno che queste malversazioni possano portare al sistema economico nazionale”. Lo sostiene Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani (Ugci), il quale si dichiara “convinto che mai, come nel nostro tempo, è la crisi dell’etica pubblica alla radice del diffondersi della corruzione e non dinamiche sociologiche, culturali o politiche. È la crisi etica che favorisce oggi questo cancro, contro il quale dobbiamo a tutti i costi reagire per ragioni morali, ancor prima che per ragioni economiche”. Il rapporto tiene conto anche della “corruzione percepita”: “Temo – afferma D’Agostino – che purtroppo la percezione della corruzione non sia così limpida come si potrebbe immaginare. Gli italiani percepiscono la corruzione quando se ne sentono colpiti, ma se riescono ad avere, attraverso ‘spintarelle’ e raccomandazioni, un vantaggio in prima persona, si orientano verso questi piccoli privilegi corruttivi”. In un certo senso, chiarisce il presidente dell’Ugci, “credo che si possa dire che l’italiano medio, soprattutto negli ultimi anni, vive il fenomeno della corruzione come un’ingiustizia contro di lui e non come un’ingiustizia contro la comunità civile. Ed, invece, è proprio su quest’ultimo piano che dobbiamo concentrare i nostri sforzi. La corruzione è odiosa non perché ci danneggia come individui, ma perché in qualche modo colpisce il nostro vivere insieme, in un progetto di solidarietà e di fraternità.
La corruzione ‘corrompe’ non solo i corrotti, ma tutto il corpo sociale”.
Un cancro della società. Per Matteo Truffelli, presidente dell’Azione cattolica italiana, “è indubbio che la corruzione è un problema centrale per il nostro Paese, direi una vera emergenza”. Questo non solo perché “la corruzione è una forma scorretta per fare affari o per amministrare”, ma perché “fa prosperare la criminalità, genera la sopraffazione, fa lievitare la spesa pubblica, suscita il disprezzo nei confronti delle istituzioni, impedisce di gestire il territorio in modo corretto, mette a rischio la salute delle persone: è veramente un cancro che distrugge la nostra società”. Truffelli, ricordando quanto detto in più occasioni dal Papa, sottolinea che
“parlare di corruzione significa parlare di inaridimento del cuore, di un modo di vivere nella menzogna ammantato di perbenismo”.
Allora, “occorre un grande impegno educativo nei confronti non solo dei giovani, ma anche degli adulti”. Una formazione necessaria “non solo per estirpare la cultura della corruzione come riflesso di un’idea rassegnata di società”, ma anche per “promuovere un impegno vero dentro la società per la costruzione del bene in comune”. A giudizio del presidente di Ac “il passaggio chiave è uno: che i temi della cittadinanza, giustizia, legalità facciano parte di percorsi ordinari di formazione non solo scolastici, ma anche ecclesiali”. Tutto ciò “per noi di Azione cattolica – dichiara Truffelli – non a partire dai principi, ma dall’esperienza di vita dei nostri giovani, facendo toccare con mano laddove vivono quell’ingiustizia, quel degrado dell’ambiente, quella forma di disprezzo della cosa pubblica che nasce dalla corruzione. Dunque, educarli nella vita concreta per aiutarli a cambiare, in meglio, il futuro”.
Ancora molto da fare. “Sulla lotta alla corruzione c’è ancora molto da fare, certamente alcuni provvedimenti presentano aspetti positivi ma è necessaria più nettezza per rescindere i legami tra mafia, corruzione e politica”. Questo il commento di Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti. “C’è una politica che mostra eccessi di prudenza, troppi che nicchiano – evidenzia la nota -. Ma ci sono questioni che non ammettono negoziati, una di queste è la corruzione, l’altra faccia della medaglia della mafia. Contro la corruzione certemente si può fare moltissimo con le giuste leggi ma la lotta al malaffare passa anche attraverso l’impegno di ciascuno di noi, evitando il comportamento corruttivo nella vita di tutti i giorni e combattendolo insieme tramite il monitoraggio civico”. Da tre anni, ricorda Libera, “con la campagna Riparte il futuro promossa con il Gruppo Abele che visto l’adesione di oltre un milione di cittadini, siamo impegnati a mettere insieme la parte sana del Paese per chiedere a gran voce il rinnovamento delle coscienze e quelle riforme fondamentali attese da troppo tempo”.