Società
Fa impallidire tutte le persone dotate di ragione l’uso distorto dell’aggettivo tradizionale così come viene brandito da chi, polemicamente, lo associa al termine famiglia. Dunque: famiglia tradizionale e famiglia moderna. Due aggettivi per lo stesso sostantivo. Che cosa vi è di strano? Nulla! Sembrano innocui. In realtà, l’uno nasconde un pregiudizio che giunge fino al disprezzo e alla dichiarazione di morte presunta, ma… siamo proprio sicuri che le cose stiano davvero così. E che invece la modernità non stia proprio dalla parte di chi crede nella famiglia formata da un uomo e una donna e aperta alla procreazione?
Famiglia tradizionale e famiglia moderna. Due aggettivi per lo stesso sostantivo. Che cosa vi è di strano? Nulla! Sembrano innocui. In realtà, l’uno nasconde un pregiudizio che giunge fino al disprezzo. Tradizionale qui sta per vecchio, per inattuale, per fuori del tempo. È come se tu usassi oggi per comunicare il telegrafo. Tradizionale sta per qualcosa di ammuffito, per un prodotto ormai fuori uso, superato, vecchio. È un giudizio severo. È una sentenza di morte presunta ma destinata ad essere confermata.
E qual è questo prodotto da meritarsi l’ostracismo, in un certo senso la gogna mediatica? Tale da essere investito da una corona di aggettivi punitivi: oscurantista, medioevale, tradizionalista, intollerante, illiberale? Insomma: “Non sei degno neppure di discutere con me”. Perché tanta indegnità? Perché sei un’anomalia vivente. Perché vuoi fermare il progresso. Perché sei schierato contro la modernità.
Ma qual è questa merce così invecchiata? È una realtà semplice, semplice a dirsi e ovviamente più impegnativa realizzarsi. Si chiama famiglia con un papà, una mamma, dei bambini. Al Family Day, al Circo Massimo di Roma, c’erano tutti quelli che sono convinti che la famiglia uomo-donna sia un unicum. Per questo a quella manifestazione vi erano cattolici sposati in chiesa, laici uniti civilmente in Comune, tante coppie di fatto, divorziati, single per necessità o per scelta.
Certamente da un punto di vista cristiano diciamo che è stata una manifestazione anche con tanti peccatori, se la parola non è sentita come un’offesa ma piuttosto come una sottolineatura che invoca la misericordia di Dio e non un nostro giudizio tranciante.
Eppure questa manifestazione è bollata di tradizionalismo. Perché? È illiberale solo nel coraggio di difendere una posizione ormai decotta. Non è alla pari con gli altri Paesi europei, criticabili solo quando rimproverano le nostre furbizie economiche. Per la ragione che quelli del Circo Massimo proteggono un ideale di famiglia superato. Insomma loro, i difensori della legge Cirinnà sono la civiltà moderna, del futuro. Gli altri sono vecchi nostalgici di un passato che non riconosce i diritti civili.
Eppure, mettere al mondo un figlio che sai che sarà senza papà o senza mamma per sempre non è negare un diritto a un bambino? E ricorrere a un utero in affitto non è, piaccia o non piaccia, considerare una donna solamente come una macchina riproduttiva, un oggetto che si può comperare?
E non è un’ipocrisia nascondere la verità tutta intera su questa legge che di fatto vuole porre sullo stesso piano la famiglia umana secondo natura e una formazione sociale, ossia l’unione civile? È vero che nella legge non sta scritto nulla sull’utero in affitto, ma come può procurarsi un figlio una formazione sociale? Certo in una società democratica non si deve imporre una visione di Stato neppure sulla famiglia. Occorre il rispetto delle minoranze, anzi la loro difesa. Ma anche uno stato democratico ha una visione morale. Nessuno osi bollare chi la pensa diversamente come antiquato, non moderno. Perché
non tutto ciò che luccica nella modernità è buono.
E la modernità non appartiene superbamente soltanto ai laici.
(*) direttore Il Popolo – Pordenone