Giubileo

Missionario della misericordia dall’Argentina. Padre Quijano, andare oltre le “frontiere”

La testimonianza del parroco della chiesa dell’Immacolata Concezione di Tigre (nella provincia di Buenos Aires). È uno dei 1.071 “missionari della misericordia” che verranno inviati da Papa Francesco. “Saranno un segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio, perché entri in profondità nella ricchezza di questo mistero così fondamentale per la fede”

Padre Jose Luis Quijano, rettore dell’Istituto superiore di catechesi argentino (Isca) fino a marzo 2015, consulente catechesi del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano) e parroco della chiesa dell’Immacolata Concezione di Tigre (nella provincia di Buenos Aires), è uno dei 1.071 “missionari della misericordia” che verranno inviati da Papa Francesco. Il 10 febbraio, durante la celebrazione del Mercoledì delle Ceneri nella Basilica di San Pietro, riceverà l’incarico di essere testimone privilegiato della straordinarietà di quest’Anno giubilare e di diventare “un predicatore convincente della misericordia”. Padre Quijano, che in Vaticano è già stato in occasione del seminario organizzato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione nel 2014, per approfondire la situazione della catechesi in Europa, Usa e America Latina, è ritornato ora per ricevere questo mandato dal Papa.

Padre Quijano, ci può illustrare il mandato che il Papa conferirà ai “missionari della misericordia”?
Nel n.18 della bolla Misericordiae vultus, Papa Francesco esprime la sua volontà di inviare i missionari della misericordia quale “segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio, perché entri in profondità nella ricchezza di questo mistero così fondamentale per la fede”. I missionari devono essere, quindi, “segno vivo” di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono.

Cosa significa, per lei, venire inviato da Papa Francesco per offrire questa testimonianza?
Si tratta, senza dubbio, di un incarico che ha rivitalizzato la mia vocazione: mi ha riportato alla prima chiamata del Signore che ho ascoltato in gioventù, nell’ambito del gruppo missionario parrocchiale. Ma credo, anzitutto, che il mandato del Papa sia un paradigma di questo tempo ecclesiale di una “Chiesa in uscita”, rivestita della misericordia di Dio per poter giungere a tutti e per poter penetrare nel cuore dei più deboli e di coloro che si sentono più lontani dalla Chiesa.

Se dovesse descrivere la speciale missione affidatale, come la definirebbe ?

Il Papa ci affida la missione di andare oltre le “frontiere”.

Credo che la “Chiesa in uscita” abbia bisogno di discepoli missionari sostenuti dalla preghiera, che siano in grado di mettere in atto il gesto misericordioso perché la misericordia non è una questione teorica ma un mistero della fede che opera quando uno agisce. La Chiesa ha sempre parlato delle opere di misericordia corporale e spirituale e noi missionari siamo chiamati dal Papa ad essere “predicatori convincenti della misericordia”, a “penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre”.

Lei si è mostrato sempre preoccupato per un’evangelizzazione volta a “provocare l’incontro con Cristo”. Diventare “missionario della misericordia” significa approfondire tale richiamo?

Praticare la misericordia provoca necessariamente l’incontro con Cristo. In un mondo molte volte diviso da odio e discordia, soltanto la misericordia può riuscire a renderci disponibili a una vera riconciliazione. Promuovere una Chiesa che riceva i figli prodighi a braccia aperte e accolga i violenti e corrotti che abbiano deciso di cambiare vita, evidenzia la volontà di mostrare in Gesù Cristo il volto della misericordia del Padre. Svegliare la misericordia nel cuore umano è mettere chiunque sulla via che porta al fratello per riconciliarsi e verso Dio per un incontro tante volte ritardato.

Papa Francesco ha detto che la Quaresima sarà un periodo speciale di quest’Anno giubilare, un momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio…
Il tempo della Quaresima è un momento di esercizi e allenamento spirituale, nel quale la Chiesa ci ribadisce questo invito: “Non voglio sacrificio ma misericordia”. Così inizia l’annuncio quaresimale che apre i 40 giorni che precedono la Pasqua.

In questi ultimi giorni, lei ha ricordato don Luigi Orione. Ci vuole spiegare perché?
L’esempio di don Orione è ispiratore in tutto ciò che riguarda la misericordia. Conosco pochi come lui che si siano impegnati tanto fortemente con i poveri più poveri. Da noi, la presenza e l’opera di don Orione continua a essere un riferimento immediato per quanti vogliono vivere la misericordia. Don Orione è stato un grande missionario nel decidere di venire in Argentina per realizzare la sua opera, specialmente fondando il Cottolengo della città di Claypole.

Quali sono le sue attese per l’incontro con Francesco?
Ci sono due momenti forti: l’incontro personale con il Papa (9 febbraio) e la Messa d’invio (10 febbraio). Sono momenti di grande intensità nei quali Dio parla in modo chiaro e fermo tanto da farci vedere che portiamo avanti la sua missione molto assistiti dalla sua grazia.