Giornalismo
Verità. misericordia, ma anche etica, responsabilità, formazione sono alcuni degli “ingredienti” per una comunicazione autentica e di qualità. Se ne sta discutendo a Matera nel corso del XIX congresso nazionale dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi, 3 – 6 marzo) su “Le sfide del giornalismo al tempo di Francesco”. Oggi, penultima giornata, un mosaico di voci ha scandito il convegno pubblico dedicato allo stesso tema. Domani verrà eletta la nuova dirigenza nazionale
Un’autentica e corretta comunicazione è possibile solo all’insegna della verità e della misericordia. La convinzione espressa dal Papa nel messaggio per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (8 maggio 2016), su “Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo”, fa da sfondo e cornice al convegno pubblico “Le sfide del giornalismo al tempo di Francesco”, svoltosi oggi a Matera, penultima giornata dell’omonimo congresso nazionale dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi) che si chiude domani con l’elezione della nuova dirigenza. Come un fil rouge, a percorrere i lavori di questi giorni sono stati concetti cari al Pontefice come responsabilità, professionalità, prossimità, ascolto, desiderio di comprendere e volontà di includere.
Servizio alla verità e voce a chi non ne ha. Ed oggi è il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin a delineare la mission della professione giornalistica sintetizzandola anzitutto in
“servizio alla verità dei fatti e delle persone che non hanno voce”. Quando si disconosce la ricerca della verità, avverte, “si finisce col dissolvere la stessa notizia”.
Per questo, è vera la notizia “che mette al centro la persona”, e occorre “difendere ciò che è umano e denunciare ciò che è invece disumano”. La misericordia, da parte sua, non si limita agli aspetti personali e spirituali ed ha ricadute anche sul piano politico e sociale; allo stesso modo le parole non sono mai neutre. Ecco perché
il Papa chiede al “linguaggio della politica e della diplomazia” di lasciarsi “ispirare dalla misericordia”.
Per la Chiesa di Francesco, aveva ricordato nel suo messaggio in apertura del congresso monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, comunicare è “costruire spazi condivisi e bene comune”, “gettare ponti” e “guarire ferite” per “rendere umana e abitabile” la società.
Informazione e democrazia. Allo stesso modo, avverte il card. Parolin,
“per la cura della democrazia una buona informazione può fare molto: serve a creare luoghi per ascoltarsi e garantire il pluralismo”. Un’informazione “libera da interessi parziali ha il compito di costruire giorno dopo giorno sentieri di integrazione”.
Di qui la necessità di ripensare e accompagnare temi come il rapporto democrazia-comunicazione, l’idea di servizio pubblico e la missione del giornalismo, non tanto “approfondendo gli aspetti tecnici, quanto piuttosto quelli antropologici”. Per il Papa, il giornalista “non è un demiurgo, ma un mediatore”; suo compito nell’era del web non è più “arrivare primo” ma “arrivare meglio”.
Un Papa che è egli stesso comunicazione: la semplicità delle parole, la spontaneità dei gesti, lo trasparenza dello sguardo che cerca il contatto personale. Uno stile essenziale, che “buca” lo schermo. Con lui “è cambiato il passo”, racconta Vania De Luca, vaticanista di RaiNews24, “e va inseguito perché
c’è un’accelerazione dei tempi di partenza, arrivano le notizie quando meno te l’aspetti e non sei mai preparato perché la realtà è diversa. Lo spazio stesso è diverso, decentrato perché per Francesco la realtà si vede meglio dalla periferia”.
“L’informazione al tempo di Francesco si riempie la bocca delle periferie, ma poi non ne parla”, aggiunge Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, che oggi ha ricevuto insieme a Nino Rizzo Nervo, presidente della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia, il premio “Emilio Rossi 2016”, intitolato al direttore del Tg1 Rai e già presidente Ucsi, gambizzato dalle Brigate rosse. Oggi, avverte
è a rischio non solo il pluralismo ma anche “la buona notizia che è notizia di gente vera, di chi combatte contro la terra dei fuochi, di chi accoglie gli immigrati e non se ne vergogna”.
Sulla stessa linea Vincenzo Morgante, direttore Tgr Rai che invita a “sdoganare la buona notizia” dando voce a giovani, persone comuni, parroci impegnati per il bene comune “in contesti difficili”. Occorre interrogarsi anche sul linguaggio:
“Nei nostri servizi sugli sbarchi di Lampedusa abbiamo consapevolezza che stiamo parlando di esseri umani che soffrono, stanno piangendo e sperando?”.
“Ribadire che la dignità dell’uomo deve stare al centro della nostra professione”, risvegliare la cittadinanza e l’obiezione di coscienza civile e politica, ripensare il lavoro in senso mutualistico, ridisegnare la laicità dopo Parigi, ridare speranza sono le “sfide” indicate da padre Francesco Occhetta, scrittore de La Civiltà Cattolica e consulente ecclesiastico nazionale Ucsi.
Etica e formazione. Per Andrea Melodia, presidente uscente Ucsi, di fronte alla crisi di credibilità del giornalismo
“l’etica professionale deve essere il vero campo di battaglia”.
Alla base di questa crisi “c’è anche un enorme problema di formazione”, chiosa Nino Rizzo Nervo, rilevando che “la notizia è scomparsa”. Se la democrazia “è il potere di un popolo informato”, oggi “anziché separare le opinioni dai fatti abbiamo buttato i fatti e i nostri giornali sono il resoconto di opinioni e scontri”. Per Paolo Scandaletti, già presidente Ucsi, l’Unione dovrebbe “rilanciare l’urgenza di convocare gli stati generali dell’editoria”. Mentre per Michele Partipilo, dell’Ordine dei giornalisti, “la nostra è una professione che ha un contenuto etico e deontologico ed esige il dovere della verità, di andarla a cercare senza trasformarsi in poliziotti, e occuparsi di giustizia senza ergersi a giudici”.