Rifugiati cristiani in Giordania
Il sogno di una vita migliore di 11 ragazze irachene cristiane, rifugiate in Giordania, passa anche per ago e filo. Grazie all’idea di un sacerdote e di due sarte pugliesi, hanno creato in Amman un atelier dove cucire abiti nei quali si combina il colore e la tradizione mediorientale con il gusto occidentale. Le creazioni, tutti capi unici, cominciano a spopolare su facebook, grazie anche alla prima passerella che si è svolta l’8 marzo a Cerignola. La griffe “Made by Iraqi girls” è ben visibile sulla targhetta bianca che accompagna tutte le creazioni dove risaltano i colori della loro terra, l’Iraq.
Un atelier di moda dove far rivivere fogge, colori e tessuti della tradizione mediorientale ma soprattutto dove ricucire la trama di una speranza distrutta dalla violenza della guerra e dello Stato islamico. Gonne, vestiti, piccole giacche e maglie confezionate con creatività dopo essersi scoperte abili sarte. È la storia di Sandra, Dalida, Diana, Farah, Santa, Shahad, Mariam, Sally, Zina, Sophia, Dina, giovani irachene cristiane, molte fuggite da Mosul dopo l’arrivo dei miliziani dello Stato islamico e da un anno e mezzo rifugiate ad Amman, in Giordania. È anche la storia della loro “griffe”, non a caso chiamata “Made by Iraqi girls” e ben visibile sulla targhetta bianca che accompagna tutte le loro creazioni e dove risaltano i colori dell’Iraq.
Una passione per tornare a sperare. Una passione, quella per la sartoria, scoperta quasi per caso, grazie all’impegno di due donne pugliesi, Rosaria Diflumeri, proprietaria di una boutique a Cerignola e della sua concittadina Carla Ladogana, esperta del settore con corsi universitari di “Scienze della Moda e del Costume” alle spalle. Non è stato difficile per loro venire incontro alla richiesta del sacerdote italiano, don Mario Cornioli, del Patriarcato latino di Gerusalemme, da lungo tempo in prima linea nell’accoglienza e nell’assistenza dei rifugiati iracheni e siriani in Amman. “Bisognava trovare il modo di dare a queste giovani un motivo per andare avanti, per sperare in un futuro migliore – dice al telefono da Amman don Cornioli – e l’idea di
un corso di taglio e cucito pareva l’idea giusta per scuoterle dal torpore che ti attanaglia quando sei fuori dal tuo Paese e in condizioni di difficoltà. La vita in Giordania non è facile per i rifugiati. Non possono lavorare, hanno difficoltà nell’accedere al sistema sanitario e a quello dell’istruzione. Hanno bisogno di tanto aiuto per vivere, nell’attesa di emigrare definitivamente
verso Usa, Australia o Canada. Sono tanti quelli che passano il loro tempo in casa nella speranza di un visto che tarda ad arrivare”. Da qui l’idea di “produrre capi da rivendere e guadagnare qualche dinaro, pensando a un lavoro in grado di ridare loro dignità e sorriso”.
I due fiumi. Nasce così il progetto “Rafidin”, ovvero “i due fiumi”, termine usato comunemente per indicare il Tigri e l’Eufrate, i due corsi d’acqua dell’Iraq. Diflumeri e Ladogana si sono recate a Amman dove presso il centro delle Suore Salesiane, hanno tenuto, dal 23 febbraio al 1 marzo, un corso di taglio e cucito, insegnando alle ragazze a realizzare in autonomia gonne a palloncino, magliette e abiti. E come per incanto sono tornate a far sentire il loro rumore vecchie macchine da cucire messe a disposizione dalle suore, e i lunghi tavoli di sartoria a riempirsi di stoffe e tessuti colorati.
“Questo progetto ha acceso una luce nella situazione in cui viviamo qui in Giordania, dove non è permesso ai rifugiati di lavorare. È come se il corso che abbiamo fatto avesse tolto la polvere e la pietra per far uscire un diamante che era in noi senza che lo sapessimo”
racconta una di loro, Sandra. “Qui in Giordania – dice Sophia – non veniamo trattati male, ma secondo la legge non possiamo né lavorare né studiare. La cosa più difficile è non poter fare nulla se non stare ad aspettare. Aspettiamo continuamente che qualcosa cambi, che la situazione migliori, ma nel frattempo non possiamo fare nulla, solo aspettare”. Grazie a “Rafidin” qualcosa però sta cambiando, come confermano Dalida e Shahed: “questo progetto è stato utilissimo perché prima di iniziarlo la maggior parte di noi non aveva mai preso in mano ago e filo. Abbiamo imparato qualcosa di utile e creato qualcosa di bello”.
Il sogno continua. Ad aiutare le ragazze irachene a creare nuovi vestiti sono adesso molte volontarie appartenenti alla comunità italiana di Amman (circa 1000 persone, ndr.) con risultati sorprendenti. I capi “Made by Iraqi girls” lanciati attraverso i social network “stanno riscuotendo grande successo per la loro combinazione di colori e trame della tradizione mediorientale con i modelli di abiti di gusto occidentale”. E non poteva mancare anche una prima passerella, ovviamente a Cerignola, dove alcuni di questi abiti, indossati da una modella, hanno fatto bella mostra proprio nel giorno della festa della Donna, l’8 marzo. “Intorno a questi capi, tutti pezzi unici, il cui prezzo varia approssimativamente dai 50 ai 150 euro, si sta scatenando grande interesse – conclude don Cornioli – e l’idea è quella di una commercializzazione on line. Abbiamo anche attivato una pagina facebook, ‘Rafedìn – Made by Iraqi Girls’ dove è possibile vedere i capi confezionati. Tutto il ricavato andrà alle giovani stiliste irachene che stanno ritrovando un po’ di sorriso e di speranza”.