Dopo gli attentati
Veglia di preghiera in memoria delle vittime. A promuoverla nella cattedrale Saints-Michel et Gudule di Bruxelles sono i responsabili delle Chiese cristiane in Belgio. Ma a fianco a loro per dire insieme un no deciso e fermo al terrore compiuto in nome di Dio, ci sono i rappresentanti delle comunità ebraica e musulmana. L’arcivescovo de Kesel: “Nessuna violenza in nome di Dio può essere tollerata. Dio non può in nessuno modo essere strumentalizzato da nessuno”
Silenzio e preghiera. Così Bruxelles reagisce di fronte all’orrore seminato il 22 marzo dai terroristi nel doppio attentato all’aeroporto di Zaventem e al cuore stesso della città. “Fai di noi uno strumento della tua pace”. Sono le parole di San Francesco di Assisi ad accompagnare ieri pomeriggio a Bruxelles la Veglia di preghiera in memoria delle vittime. A promuoverla nella cattedrale des Saints-Michel et Gudule sono i responsabili delle Chiese cristiane in Belgio. Ma a fianco a loro per dire insieme un no deciso e fermo al terrore compiuto in nome di Dio, ci sono i rappresentanti delle comunità ebraica e musulmana della città. Tra i banchi c’è anche Salah Echallaoui, presidente dell’Esecutivo dei musulmani in Belgio (EMB).
Segno della volontà di tutti di ridire oggi con chiarezza che “il terrore non ha alcuna religione e nazionalità”.
Nonostante le severe misure di sicurezza, la cattedrale è gremita di gente. Sono presenti rappresentanti del Governo federale, del Parlamento e del corpo diplomatico tra cui i nunzi apostolici monsignor Alain Lebeaupin, rappresentante della Santa Sede presso l’Unione Europea a Bruxelles, e monsignor Giacinto Berloco, nunzio apostolico in Belgio. Il Paese vuole reagire ma vuole farlo coeso e solidale. La veglia ha inizio con una processione nella navata principale della cattedrale. A sfilare ci sono anche rappresentanti delle forze dell’ordine, vigili del fuoco e polizia, i cappellani dell’aeroporto di Zaventem.
Sull’altare vengono deposte 300 candele accese.
“Il nostro dolore è grande”, ha detto all’inizio della celebrazione monsignor Jozef de Kesel. “Se siamo qui riuniti è perché vogliamo essere vicini alle vittime, vicini a coloro che hanno perso la vita, vicini alle loro famiglie e a tutti coloro che sono oggi in lutto. Siamo qui per pregare”.
L’arcivescovo pronuncia parole importanti e forti.
“Nessuna violenza in nome di Dio può essere tollerata. Dio non può in nessuno modo essere strumentalizzato da nessuno”.
E ancora: “E’ evidente che questi attacchi criminali vogliono colpire il fondamento stesso della nostra società. È un attacco a ciò che di più prezioso hanno le nostre società moderne, e cioè la libertà, il rispetto per la differenza e le identità, la solidarietà”. L’arcivescovo esprime poi la sua gratitudine per la risposta che il Belgio e Bruxelles stanno cercando di dare anche in queste ore all’orrore vissuto. “Non abbiamo mai ascoltato né sui media né da parte dei responsabili politici – dice – un appello alla violenza o alla vendetta”.
Tensioni a place de la Bourse. Solo due giorni fa, a Bruxelles, a fianco di chi si ritrovava per manifestare la propria solidarietà alle famiglie delle vittime, ci sono state tensioni: 450 hooligan si sono radunati intonando inni neonazisti. Alcuni erano incappucciati e ubriachi. La polizia ha cercato di mantenere il controllo utilizzando anche gli idranti. Pur senza fare diretto riferimento a quei disordini, l’arcivescovo ieri in cattedrale ha detto:
“Ciò che gli autori di questi atti vogliono, è dividerci, metterci gli uni contro gli altri. Per questo dobbiamo oggi più che mai essere insieme, resistere all’angoscia, non perdere coraggio”.
https://twitter.com/pdesaintpierre/status/714493954650144769
La veglia continua. Prendono la parola due donne in rappresentanza delle comunità ebraica e musulmana di Bruxelles. La prima ricorda l’esperienza vissuta dal padre nei campi di concentramento della Shoah e del suo coraggio “a non perdere mai la speranza pur nelle tenebre più oscure”. La seconda confida: “E’ con un cuore ferito che vi parlo”. E poi legge una preghiera dell’Abbé Pierre:
“Continuerò a credere , anche se tutti perdono la speranza. Io continuerò ad amare, anche se gli altri distillano odio”.
La preghiera alterna momenti di invocazione, letture di brani del Vangelo e canti di Taizé. Poi un profondo silenzio ha attraversato la cattedrale. “Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace: dove è odio, fa ch’io porti amore, dove è offesa, ch’io porti il perdono”. Le parole di San Francesco vengono scandite in un’atmosfera sacra, quasi sospesa mentre fuori in città è ancora caccia ai terroristi.