Carcere

A Milano un corso di formazione sul pluralismo religioso per agenti di polizia penitenziaria

Oltre 150 agenti della polizia penitenziaria che lavorano nelle carceri della Lombardia, in particolare in quelle di Milano, parteciperanno a un seminario di tre giorni incentrato sul dialogo interreligioso e sulla libertà di culto. L’iniziativa, promossa dal Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria insieme alla Caritas ambrosiana, è stata presentata negli uffici del carcere milanese di San Vittore

I drammatici attentati di Bruxelles e Parigi hanno confermato ancora una volta come i fenomeni di radicalizzazione non abbiano per forza di cose le loro radici nelle moschee; occorre invece interrogarsi sul rapporto tra “manovalanza” del terrorismo, carcere e ambienti legati alla criminalità. In questo senso allora gli istituti di pena diventano spesso un luogo dove l’estremismo religioso può trovare terreno fertile per i futuri terroristi. È per questo motivo che a Milano è nata un’iniziativa rivolta alle guardie carcerarie di alcuni istituti penitenziari, affinché possano approfondire il tema del pluralismo religioso. Oltre 150 agenti della polizia penitenziaria che lavorano nelle carceri della Lombardia, in particolare in quelle di Milano, parteciperanno a un seminario di tre giorni incentrato sul dialogo interreligioso e sulla libertà di culto. L’iniziativa, promossa dal Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria insieme alla Caritas ambrosiana, è stata  presentata ieri negli uffici del carcere milanese di San Vittore. Alla conferenza stampa di presentazione hanno partecipato i rappresentanti delle principali comunità religiose, a conferma che il radicalismo è una questione che non riguarda soltanto l’Islam, ma anche tutte le altre religioni. Oltre a Caritas ambrosiana, infatti, sono partner dell’iniziativa la diocesi di Milano, la Comunità ebraica di Milano, la Comunità religiosa islamica italiana e l’Università del Sacro Cuore.

Fanatismo. “In Lombardia, su un totale di 7.826 detenuti, 3.630 sono stranieri – ha affermato Francesca Romana Valenzi, direttrice dell’Ufficio detenuti e trattamenti del Provveditorato della Regione Lombardia -. In pratica stiamo parlando del 46,38%. Perciò non basta riflettere sull’immigrazione e sui fenomeni religiosi del proselitismo: bisogna anche iniziare a coinvolgere gli agenti attraverso un vero percorso di formazione”. Nel nostro Paese sono più di 200 i detenuti sotto osservazione perché possibili estremisti, perciò non stupisce la scelta di fornire agli operatori dell’istituzione carceraria tutti gli strumenti necessari a comprendere le diverse sensibilità. Non solo per prevenire atteggiamenti tendenti al fanatismo, ma anche per evitare che i soggetti più a rischio si lascino attrarre dai predicatori che usano i luoghi di detenzione come terreno di conquista. “La conoscenza delle diverse pratiche religiose deve entrare a far parte del bagaglio di competenze degli operatori che prestano servizio negli istituti – ha detto monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura, carità, azione e missione sociale e presidente di Caritas ambrosiana -. Il carcere accoglie persone di tutte le etnie e di tutte le religioni ed è fondamentale che proprio questo luogo diventi un laboratorio di integrazione dove si sperimentano l’integrazione e il rispetto della diversità”.

Dimensione religiosa. Alla presentazione dell’iniziativa, oltre a mons. Bressan, erano presenti il rabbino David Sciunnach e Hamid DiStefano, membro della Comunità religiosa islamica italiana. Proprio quest’ultimo, ha voluto ribadire l’importanza di studiare la religione che, come indicato dall’ordinamento penitenziario, è uno dei fattori del reinserimento sociale a cui deve puntare l’esecuzione della pena. “Come la storia degli attentatori dimostra, i fenomeni di radicalizzazione non nascono nelle moschee, ma nelle criminalità – ha spiegato Hamid DiStefano – e visto che proprio in carcere arrivano persone che provengono da percorsi criminali, è su questo luogo che dobbiamo rivolgere il nostro sguardo”. Il corso, rivolto agli oltre 150 agenti della polizia penitenziaria degli istituti della Lombardia, partirà il 6 aprile e sarà tenuto da un gruppo di docenti di differenti fedi e culture. Tra questi, figura anche Paolo Branca, islamista, professore di lingua e letteratura araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore, e collaboratore della diocesi per il Servizio ecumenismo e dialogo. Proprio Branca, che aprirà il seminario con una lezione dal titolo “Esperienza religiosa e maturazione umana”, ha ribadito più volte l’importanza di usare l’arma delle conoscenza contro ogni tipo di radicalizzazione. “Capire meglio le diverse culture, così come le religioni, è diventato un esercizio sempre più necessario – ha detto durante la conferenza – specialmente in questo periodo, in cui la fede è percepita come qualcosa di negativo, perché associata a violenza e radicalismo. Ma la dimensione religiosa, al contrario, è un elemento positivo e rappresenta il principio fondamentale alla base di tutte le comunità”.