Federazione europea

“Uno di noi” entra nella fase 2. La difesa della vita è impresa ardua, ma non ci si può tirare indietro

Dopo lo stop all’Iniziativa dei cittadini “One of us”, decretata dalla Commissione Ue, la battaglia per tutelare l’embrione riparte grazie a una struttura di carattere continentale. Il giurista Carlo Casini ne descrive origine, obiettivi e strumenti. La figura-guida di Madre Teresa, le parole del Papa, l’ispirazione che arriva dall’Anno della misericordia

“L’impresa è di quelle ardite, in salita, perché il pensiero dominante marcia nella direzione opposta. Ma è altresì un’impresa necessaria, indispensabile e quindi non possiamo tirarci indietro”. Carlo Casini è un fiume in piena. Classe 1935, magistrato, giurista di fama europea, deputato in Italia e poi eurodeputato per cinque legislature, a lungo presidente del Movimento per la vita italiano, ritiene che dalla battaglia per la difesa della vita – e in particolare la tutela dell’embrione – non si possa abdicare. Così, dopo aver contribuito a realizzare l’Iniziativa dei cittadini europei (strumento di partecipazione democratica e legislativa prevista dal Trattato di Lisbona) denominata “One of us”, e aver raccolto quasi 2 milioni di firme in tutto il continente, Casini non si è certo scoraggiato per la “bocciatura” giunta dalla Commissione Ue nel maggio 2014. “L’esito, apparentemente negativo è stato superato mediante la costituzione di una Federazione”, denominata appunto “Uno di noi, per la vita e la dignità dell’uomo”, che si è presentata all’opinione pubblica con una grande manifestazione svoltasi a Parigi il 12 marzo scorso. L’impegno per la vita, fa capire Casini, non può venire meno.

È dunque partita la “fase 2” di “One of us”. Perché?
L’obiettivo pratico perseguito dall’Iniziativa dei cittadini europei “Uno di noi” era ed è quello di ottenere dalle istituzioni europee l’impegno a non contribuire mai alla morte di esseri umani. Ma

la Commissione è fuggita di fronte a una domanda essenziale: il concepito è un soggetto o un oggetto? Una cosa o una persona?

Se vogliamo usare un linguaggio semplice per evitare disquisizioni giuridiche o filosofiche: è o non è “uno di noi”? Ecco, noi crediamo fermamente che l’embrione sia un essere umano. E comunque, anche sul piano giuridico e politico, dinanzi a un dubbio – perché in effetti nessuno ha avuto il coraggio di affermare che l’embrione non sia vita umana – dovrebbe prevalere il “principio di precauzione”: se esiste anche solo un ragionevole dubbio che quella sia una vita umana, non possiamo sopprimerla!

“Uno di noi” è diventata una Federazione permanente, cui aderiscono oltre 25 sigle pro-life e mobilita persone in una ventina di Paesi. Il presidente è l’ex ministro ed eurodeputato spagnolo Jaime Mayor Oreja, lei ne è il presidente onorario. Onorario ma sempre impegnatissimo… Cosa prevede la “fase 2”?
Intendiamo chiedere alla cultura europea che si alzi in piedi attraverso la testimonianza di esperti: scienziati, medici, giuristi, politici.

C’è un problema epocale e fondamentale, e occorre più che mai dire a chiare lettere che la vita va difesa in ogni suo istante e che la politica e la scienza devono agire per proteggerla e farla crescere, non per sopprimerla.

Questo vorremmo affermassero gli esperti. Del resto le aggressioni contro la vita nascente si sono moltiplicate e di fatto la sua difesa è oggi affidata quasi totalmente alla coscienza: ma la coscienza ha bisogno di essere illuminata e talora ha bisogno di coraggio. Il coraggio non è qualcosa di irrazionale. Occorre che sia motivato razionalmente. L’unica forte motivazione è proprio il riconoscimento del concepito come uno di noi.

Concretamente?
Affinché l’iniziativa “Uno di noi” realizzi pienamente i suoi obiettivi – in primo luogo quello di risvegliare la sensibilità della cultura europea e, conseguentemente, la coscienza popolare – sarà opportuno raccogliere le adesioni sulle testimonianze-appello degli esperti, di cui dicevamo, predisposte e consolidate con i movimenti pro-life dei 28 Paesi Ue. Quindi, anche in base alle forze e alle risorse a disposizione, vorremmo diffondere depliant destinati a tutti i medici, agli operatori del diritto e ai politici. E poi vorremmo insistere in questo compito culturale mediante il sito web (http://www.oneofusappeal.eu/), incontri nazionali e pubblicazioni divulgative.

Dove è più attivo questo movimento?
Abbiamo buoni riscontri in Spagna, in Francia, in Polonia. Qualcosa si muove in Slovacchia, Croazia, Slovenia… Ma ora tocca soprattutto alla Germania e al Regno Unito mobilitarsi. L’Italia è già impegnata da tempo e sente la responsabilità di dare l’esempio.

Prossimi appuntamenti?
Il 22 aprile si riunirà a Cracovia il direttivo della Federazione per fare il punto della situazione e programmare altre iniziative. E il 4 settembre, giorno della canonizzazione di Madre Teresa, si potrebbero lanciare ulteriori segnali, perché Teresa di Calcutta è un simbolo della concreta e operosa difesa della vita.

Questo è l’Anno della misericordia. Ci può essere qualche relazione con “Uno di noi”?
Certamente. Da tempo sto riflettendo, in questo giubileo voluto da Papa Francesco, sulla figura del Samaritano. Sulla sua strada incontra un uomo a terra, malmenato, solo, disperato. È una vita a perdere… Ebbene, il Samaritano sceglie di non voltare lo sguardo altrove, ma di farsene carico. Di fronte all’aborto, che spesso si configura come un dramma individuale o familiare, sarebbe facile girare la testa da un’altra parte. Accompagnare invece quelle mamme, quelle famiglie, star loro vicini, comprendere come poterle aiutare tanto da salvare una vita nascente è un atto di misericordia.

Sì, accompagnare la vita nascente è un atto di misericordia ed è già un atto di misericordia fermarsi a guardare e riconoscere uno di noi.