Vescovi europei

I vescovi europei a consulto sulle migrazioni. Monsignor da Cunha (Ccee): “La risposta al populismo non è una ideologia, è una vita”

L’Europa alla prova delle migrazioni. Si è svolto a Parigi un incontro che ha visto convergere  i vescovi rappresentanti delle Conferenze episcopali di Francia, Regno Unito e Germania per fare il punto sulla situazione migratoria nei rispettivi paesi. “Il problema – afferma mons. Duarte Da Cunha, segretario Ccee – non sono i muri. La questione è se dentro la legalità si sta lavorando veramente, o se si sta facendo finta di lavorare, per gestire con realismo il fenomeno, avviando processi di integrazione”.

Dare “priorità” ai minori non accompagnati. Invitare i governi al “realismo politico”. Affrontare i problemi “senza paura”. Le sfide sono “grandi”, per questo le Chiese europee devono collaborare sempre più insieme. E’ quanto emerso ad un incontro che ha visto convergere  a Parigi i vescovi rappresentanti delle Conferenze episcopali di Francia, Regno Unito e Germania per fare il punto sulla situazione migratoria nei rispettivi paesi. All’incontro ha partecipato anche monsignor Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee).

Il punto di partenza è stata la situazione di Calais che accomuna gli episcopati di Francia e Inghilterra. “Una situazione – spiega padre Lorenzo Prencipe, direttore del Servizio nazionale per la pastorale dei migranti della Conferenza episcopale francese – che si sta evolvendo, da un lato verso una dispersione dei migranti sul territorio francese e dall’altro verso l’arrivo continuo di migranti che vogliono passare oltre Manica”. L’invito che si vuole fare ai governi e ai responsabili della convivenza sociale e politica è “al realismo politico” e questo significa – spiega padre Prencipe – “considerare in che modo si vuole gestire e affrontare la realtà delle migrazioni. Finora si sta cercando di nasconderla, o tramite accordi, di portarla il più lontano possibile dalle frontiere europee in Libia e in Turchia.

Rimane una realtà e la domanda da porci ora è come pensiamo di gestirla e interiorizzarla invece di espellerla”.
C’è molta preoccupazione per la situazione dei minori non accompagnati che si trovano attualmente in Europa. I minori a Calais sono attualmente 600/700. Sono diminuiti rispetto alle stime di qualche tempo fa, perché una gran parte di loro sono stati portati nei Centri di Accoglienza e orientamento. Sono ragazzi per la maggioranza attorno ai 15 ai 16 anni. I loro genitori sono rimasti in Siria o sono morti e loro tentano di raggiungere un parente nel Regno Unito. Se non ci riescono, al compimento dei 18 anni entrano nella spirale dei cosiddetti clandestini o potenziali richiedenti asilo.

Brucia forte il “no” della Camera dei Lord al progetto di accogliere nel Paese 3mila minori accompagnati siriani rimasti soli a Calais e in altri campi profughi in Europa. Il responsabile francese per le migrazioni, padre Prencipe, si dice convinto che dietro il rifiuto inglese ha pesato fortemente il dibattito sul Brexit, il referendum che decreterà la permanenza o meno dell’Inghilterra alla Unione Europea. Monsignor Patrick Lynch, vescovo ausiliare di Southwark e presidente dell’Ufficio episcopale per le migrazioni, detta da Londra un orientamento ai governi: “dare priorità affinché i minori non accompagnati possano ricongiungersi con le loro famiglie che sono nel Regno Uniti e farlo il prima possibile”.

“Quello che la Chiesa sta dicendo seguendo l’esempio del Santo Padre è che solo l’amore vince”.

Riassume così monsignor Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) la posizione della Chiesa in Europa di fronte a populismi e muri innalzati. “Solo se noi amiamo e accogliamo l’altro con amore, la risposta sarà di amore. Se invece abbiamo paura e ci difendiamo, la risposta sarà di sfida e di tensione”. “La Chiesa – aggiunge – è prudente, cauta, realista. E’ in prima linea a prendersi cura della gente quando ha bisogno, ma è anche impegnata a costruire non tanto a parole ma con gesti concreti una armonia e una coesione sociale. E questo la Chiesa lo sta facendo in tutta Europa, dal Nord al Sud. La risposta al populismo non è una ideologia, è una vita”.

Il segretario generale del Ccee invita quindi a guardare a quell’Europa “invisibile” ma impegnata in prima linea ad aiutare le persone in fuga: dalle organizzazioni ecclesiali e non, alle parrocchie. “Quello che sta accadendo in Europa, il fatto che si stia chiudendo, che  sta alzando i muri e si è impaurita è il frutto di un passato in cui  abbiamo educato le persone ad essere consumiste, egoiste, individualiste. Non possiamo pensare che dopo aver patrocinato per anni una educazione vuota di valori, ci sia oggi una cultura di valori. E’ evidente che non ci sono perché glieli abbiamo tolti”.

“Il problema – conclude mons. Da Cunha – non sono i muri. La questione è se dentro la legalità si sta lavorando veramente, o se si sta facendo finta di lavorare, per gestire con realismo il fenomeno, avviando processi di integrazione”.