Dubbi bioetici
Il problema della carenza di organi da trapiantare rispetto al numero di pazienti in lista d’attesa investe inesorabilmente anche i Paesi “eutanasici” come Belgio, Olanda e Lussemburgo. E così si fa strada un dibattito etico che collega l’eutanasia alla donazione di organi. In sostanza si intende aggiungere “valore” alla scelta eutanasica mediante la donazione di organi. Sino alle estreme e inaccettabili conseguenze
Eutanasia e… annessi! Dopo tanti anni di dibattito acceso (soprattutto in alcuni periodi), in Italia è iniziata da poco la discussione di alcuni disegni di legge sul tema, nelle commissioni parlamentari incaricate (alla Camera, Affari sociali e Giustizia).
Ma altri Paesi europei hanno già avuto abbastanza tempo per “accumulare” una certa esperienza – a dire il vero, una ben triste esperienza – nell’applicazione legale dell’eutanasia, nelle sue diverse forme: l’Olanda dal 2002, il Belgio dallo stesso anno, il Lussemburgo dal 2009. Finora, infatti, solo in questi tre Stati è riconosciuta legalmente la possibilità di praticare la cosiddetta “eutanasia attiva”. In Olanda, essa è stata estesa anche ai minori dai 12 anni in su; in Belgio, invece, dal 2014 la si può applicare ai minori di qualunque età, senza alcun limite. Secondo i report ufficiali, in questi anni le condizioni previste (e progressivamente ampliate) dalle leggi di questi Paesi per l’applicazione dell’eutanasia non sempre sono state rispettate, dando luogo di fatto ad un allargamento del ricorso alla “buona morte” (si fa per dire), con una scia di immancabili polemiche, ma senza risultati migliorativi tangibili.
E ora, in questi Paesi (ma non solo), iniziando a livello di dibattito etico – come riportato da un recente articolo sul Journal of Medical Ethics – , si apre un altro fronte connesso, un altro effetto collaterale della “slippery slope” (piano scivoloso) eutanasica: la donazione d’organi a fini di trapianto da parte di coloro che scelgono di ricorrere all’eutanasia.
E già. Perché il problema della carenza di organi da trapiantare rispetto al numero di pazienti in lista d’attesa investe inesorabilmente anche i Paesi “eutanasici”. L’Olanda, ad esempio, nel 2015 aveva 1694 pazienti in lista d’attesa, ma solo 852 organi donati post-mortem. Mentre in Belgio, a fronte di 1288 persone in attesa di trapianto, sono stati donati 1091 organi. Insomma, il problema esiste ed è anche urgente.
E cosa c’entra l’eutanasia con la carenza di organi da trapianto? A rigor di logica – verrebbe da pensare – assolutamente nulla. Si tratta infatti di due realtà totalmente distinte tra loro, vuoi per l’opposta finalità intrinseca – la ricerca della morte l’eutanasia, la ricerca della vita il trapianto d’organi –, vuoi perché la loro eventuale coniugazione – diciamolo con franchezza – suggerisce più di qualche “timore” etico e sociale. Eppure da qualche parte non la pensano così.
In Belgio, ad esempio, il primo caso di donazione d’organi dopo l’eutanasia si è verificato già nel 2005.
Da allora, passo dopo passo, sembra si sia creata una strana “sinergia” tra le due procedure. Per legge, infatti, gli organi donati da soggetti che hanno fatto ricorso all’eutanasia possono essere allocati solo nello stesso Belgio o comunque in Paesi dove l’eutanasia è legalmente riconosciuta: un curioso corto-circuito politico-culturale, forse tendente a legittimare e “valorizzare” (nel senso di aggiungere estrinsecamente un valore, altrimenti assente) la prassi ormai consolidata dell’eutanasia. Quasi una sorta di pressione sociale rivolta ad altri Paesi, che fa leva su un importante bisogno sanitario: vuoi usufruire degli organi donati da chi è ricorso all’eutanasia nel nostro Paese? Beh, legalizzala anche tu. Una prospettiva decisamente inquietante e pericolosa.
E poi c’è già chi – tra eticisti e medici – auspica la possibilità di “semplificare” le procedure eutanasiche per chi vuole ricorrervi e si dichiara donatore d’organi. In questo modo, infatti, sarebbe maggiormente garantito l’ottenimento di organi da trapiantare di “buona qualità”.
Qualcuno, poi, si spinge anche oltre, con un ragionamento cinicamente logico: chi chiede per sé l’eutanasia, ed è anche donatore d’organi, ha già scelto definitivamente di affrettare la propria morte; perciò, senza violare sostanzialmente alcun suo diritto, sarebbe lecito procedere all’espianto dei suoi organi anche quando il soggetto è ancora vivo (ovviamente, con i dovuti presidi anestetici), se questo ne migliorasse sensibilmente la qualità, in vista del successo del trapianto che salverà la vita di qualcun altro. Semplificando: uccidere qualcuno (mediante l’espianto degli organi) che tanto ha scelto di morire, per permettere la sopravvivenza di qualcun altro.
Altro che “slippery slope”, qui siamo proprio in “free-falling” (caduta libera)!