Diritti
L’Europa occidentale entra nella lista dei Paesi “monitorati” che la Commissione americana sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf) ha stilato nel suo Rapporto annuale 2016 pubblicato il 2 maggio. Restrizioni decise dai governi per limitare alcune forme tipiche di espressione religiosa; ambiguo trattamento dell’obiezione di coscienza; crescita preoccupante di manifestazioni di antisemitismo e islamofobia
Restrizioni decise dai governi per limitare alcune forme tipiche di espressione religiosa (come abito e simboli visibili, macellazione rituale, circoncisione religiosa, luoghi di culto); ambiguo trattamento dell’obiezione di coscienza da parte dei datori di lavoro; crescita preoccupante di manifestazioni di antisemitismo e islamofobia. L’Europa occidentale entra così nella lista dei Paesi “monitorati” che la Commissione americana sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf) ha stilato nel suo Rapporto annuale 2016 pubblicato il 2 maggio. Arrivato alla 17ª edizione, il Rapporto documenta, luogo per luogo, le violazioni della libertà religiosa in più di 30 Paesi del mondo e lancia una serie di raccomandazioni. Nella mappa – a fianco ai Paesi segnalati in rosso (tra cui Cina, Corea del Nord, Iraq e Siria) e a quelli segnalati in arancione (Turchia, Russia, Azerbaigian, Ciba e India) – spicca in colore beige tutta l’Europa occidentale.
Le restrizioni che anche i governi europei decidono di fare alla libertà religiosa sono volte a garantire pari opportunità per tutti e a stabilire regole di convivenza in società sempre più plurali. Ma hanno un effetto contrario:
“Favoriscono un clima sociale d’intolleranza verso gruppi religiosi mirati, limitando così la loro integrazione sociale ed educativa nonché le opportunità lavorative”.
Il Rapporto chiede un’azione di monitoraggio continuo da parte della Comunità internazionale. “Ma questa azione – precisa – per essere efficace, deve riconoscere il fatto inequivocabile che la libertà religiosa merita un posto al tavolo in cui le nazioni discutono di emergenze umanitarie e sicurezza”, rafforzando “i loro sforzi per difendere questa libertà fondamentale in tutto il mondo”.
Simboli religiosi e dieta alimentare. Diversi Paesi europei limitano l’uso individuale di simboli religiosi visibili, in determinati contesti, come il velo islamico, il turbante sikh, la kippah ebrea e le croci cristiane. Ad esempio, la Francia, alcune regioni del Belgio, la Germania, la Svizzera proibiscono di indossare questi simboli nelle scuole pubbliche. Il governo francese non consente ai dipendenti di indossare simboli religiosi visibili sul posto di lavoro e, recentemente, il presidente François Hollande ha pubblicamente chiesto l’estensione di questa regola anche ad alcuni luoghi di lavoro privati. Sempre in Francia, il Rapporto rileva come nel 2015, diverse città non hanno fornito alternative di menu senza maiale nelle mense scolastiche per studenti ebrei e musulmani, sostenendo che questa possibilità di scelta non è conforme con la legge sulla laicità.
Circoncisione. Non si placano le dispute sulla circoncisione religiosa dei bambini di sesso maschile, che è parte integrante sia dell’ebraismo sia dell’Islam. Dopo un aspro dibattito sull’argomento all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (durante il quale la circoncisione è stata anche paragonata alla mutilazione genitale femminile), nel settembre del 2015 fu approvata una risoluzione che raccomanda che la circoncisione religiosa sia eseguita solo “da un personale con la formazione medica e le competenze necessarie” e informando “debitamente” i genitori sul “rischio medico potenziale o le possibili contro indicazioni”.
Luoghi di culto. In Svizzera, la Costituzione federale ha vietato la costruzione di minareti. Il divieto è stato deciso con un referendum popolare nel 2009, voluto dall’estrema destra, cioè il Partito popolare svizzero (SVP). Il Rapporto rileva anche che in alcuni Paesi come l’Italia, le moschee esistenti non sono sufficienti per le comunità.
Obiezione di coscienza. Il Rapporto mette anche in evidenza i problemi che in molti Paesi europei ci sono sul modo con cui affrontare i conflitti che nascono tra le convinzioni religiose, l’applicazione delle leggi, le politiche dei governi e i requisiti del datore di lavoro. A questo proposito il Rapporto ricorda che nel 2013 la Corte europea per i diritti umani ha riconosciuto che indossare simboli religiosi al lavoro o manifestare contrarietà a relazioni dello stesso sesso sono manifestazioni di libertà religiosa che i datori di lavoro possono limitare solo in determinate circostanze.
Antisemitismo. Il fenomeno include episodi di molestie verbali, atti vandalici alle proprietà, attacchi violenti, fino a veri e propri attentati terroristici contro gli ebrei e i siti ebraici. Tolosa 2012; Bruxelles 2014; Parigi e Copenaghen 2015. Nonostante le dichiarazioni di condanna di primi ministri e capi dello Stato, è in continuo aumento l’emigrazione di ebrei dall’Europa verso Israele:
nel 2015 hanno lasciato la Francia 7.900 ebrei francesi (nel 2014 a partire furono in 7.200 ma nel 2013 erano 3.300 e nel 2012 erano 1.900).
Islamofobia. Il Rapporto americano avverte: “Più di un milione di migranti e richiedenti asilo, principalmente provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan, sono giunti in Europa in modo irregolare nel 2015. Sono arrivati in un momento in cui si sono susseguiti attacchi terroristici di matrice islamica e il flusso delle migrazioni è stato gestito dai governi europei in maniera caotica”. Questa situazione ha contribuito a “inasprire un sentimento anti-musulmano e, nonostante il fatto che molti erano in fuga da conflitti, questi migranti, in gran parte musulmani, sono stati visti con sospetto e paura”.